Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17138 del 11/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 17138 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Grazia Marco, nato a Bologna il 20/11/1971

avverso l’ordinanza del 29/11/2012 del Tribunale di Rimini;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Rimini, decidendo, ai sensi
degli artt. 257 e 324 cod. proc. pen., in sede di rinvio – a seguito della sentenza
di annullamento pronunciata da questa Corte il 25/10/2012 – sull’istanza di
riesame presentata da Marco Grazia, confermava il decreto del 03/01/2012 con il
quale il Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale aveva disposto il
sequestro probatorio di alcuni orologi e gioielli trovati nella disponibilità del

Data Udienza: 11/04/2013

Grazia, sottoposto ad indagini in relazione ai delitti di cui agli artt. 648 e 648 bis
cod. pen.
Rilevava il Tribunale come – esclusa la necessità di un pronunciamento in
ordine ad una somma di denaro pure sequestrata al Grazia, ma dissequestrata e
già restituita alla curatela fallimentare dell’impresa Rimini Yacht – sussistesse il
fumus commissi delicti in relazione alle ipotesi di reato innanzi indicate, in

quanto le emergenze procedimentali, pure integrare dal P.M. con i risultati di
ulteriori indagini, avevano dimostrato la presenza di elementi indiziari in ordine
quanto acquistati con il denaro oggetto di distrazione da parte di Giulio Lolli,
Indagato per il reato di bancarotta fraudolenta quale presidente della società
Rimini Yacht, dichiarata fallita; e come vi fossero anche le rappresentate
esigenze probatorie che il sequestro disposto dal rappresentante della pubblica
accusa intedeva salvaguardare,
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso Marco Grazia, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Matteo Murgo, il quale ha dedotto i seguenti
due motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 125 cod. proc. pen., per avere il
Tribunale del riesame confermato il decreto di sequestro probatorio, omettendo
di fornire una reale motivazione in ordine alla sussistenza del requisito del fumus
commissi delicti, non essendo riuscito ad indicare (fatta eccezione che per le

dichiarazioni di tal Saidani, però inutilizzabili ai sensi dell’art. 350 commi 5 e 6
cod. proc. pen.) gli elementi di prova idonei a mettere in collegamento il reato di
bancarotta fraudolenta, per il quale si sta procedendo nei confronti del Lollo, con
i beni rinvenuti nella disponibilità del Grazia e sottoposti a vincolo giudiziario.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 253 cod. proc. pen., e vizio di
motivazione, per avere il Tribunale di Rimini erroneamente confermato
l’impugnato decreto di sequestro, benché fossero del tutto assenti le sottostanti
esigenze di accertamento dei fatti, peraltro indicate dal Collegio con una
inammissibile integrazione della carente motivazione dell’originario decreto
genetico della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato.
2. Il primo motivo del ricorso è stato presentato per fare valere ragioni diverse
da quelle consentite dalla legge.
2

alla ricettazione ovvero al riciclaggio degli orologi e dei gioielli sequestrati, in

Il ricorrente solo formalmente ha indicato, come motivo della sua
Impugnazione, il vizio di omessa motivazione della decisione gravata, non
avendo prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilità
delle premesse dell’argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza,
ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni; né
essendo stata lamentata, come pure sarebbe stato astrattamente possibile, una
incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti per la decisione, intesa
come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle carte del procedimento.
Rimini aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante le indagini. E
tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre una reale mancanza
di motivazione ovvero un ‘travisamento delle prove’, vale a dire una
incompatibilità tra l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il
contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica
dell’intera motivazione, è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi
di ‘travisamento dei fatti’ oggetto di analisi, sollecitando un’inammissibile
rivalutazione dell’intero materiale d’indagine, rispetto al quale è stata proposta
dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dal Tribunale
nell’ambito di una motivazione logicamente completa ed esauriente.
La motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata possiede, infatti, una
stringente e completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi
di manifesta illogicità: avendo il Tribunale analiticamente spiegato come il fumus
commissi delicti, in relazione alle fattispecie oggetto di addebito, fosse stato

dimostrato dal contenuto delle relazioni redatte dal curatore del fallimento della
Rimini Yacht, il quale aveva riferito di aver accertato che il Lolli, presidente del
consiglio di amministrazione di quella società dal settembre del 2008, aveva
trasferito su propri conti correnti bancari grosse somme di denaro provenienti dai
conti della Rimini Yacht, così concorrendo a determinare quella esposizione
debitoria che aveva portato alla dichiarazione di fallimento; dalle dichiarazioni di
Carlo Bartorelli, titolare di una gioielleria, il quale aveva dichiarato che dal 2008
il Lolli aveva acquistato notevoli quantitativi di gioielli e di preziosi, chiedendo
ogni volta che le fatture venissero intestate alla Rimini Yacht; dal contenuto di
alcune conversazioni telefoniche, intercettate dagli inquirenti nel gennaio del
2012, dopo che era stata dichiarata la latitanza del Lolli, nel corso delle quali
questi era stato ascoltato nel mentre discuteva con l’amico Grazia delle
operazioni di “piazzamento” di alcuni “oggettini”, tra cui un “anellino”, necessarie
per “monetizzare” tali beni e fare fronte alle esigenze di denaro del primo; ed
ancora, dal rinvenimento all’interno dell’abitazione del Grazia di vari orologi e

3

Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che il Tribunale di

preziosi, alcuni dei quali già riconosciuti dal Bartorelli come quelli che aveva
venduto al Lolli (v. pagg. 3-4 lord. impugna.).
Motivazione, questa, più che sufficiente ed idonea ad integrare il presupposto
per l’adozione del provvedimento di sequestro: e ciò anche a voler trascurare le
dichiarazioni rese da Mourad Saidani – il quale, fermato dal personale di una
motovedetta dei carabinieri mentre, su incarico del Lolli, stava trasferendo
all’estero una imbarcazione di proprietà della suddetta società, aveva riferito di
aver appreso che il Lolli, riparatosi in Tunisia, aveva lasciato vari beni nelle mani
doglianza difensiva appare priva di pregio, in quanto dichiarazioni riportate non
in un verbale di sommarie informazioni bensì in un’annotazione di servizio allo
stato utilizzabile, che ben potranno essere riferite in una deposizione
testimoniale dei carabinieri, in quanto rese spontaneamente ai militari operanti
nel corso dell’esecuzione del fermo del prevenuto, dunque nel contesto di
un’attività di polizia giudiziaria non finalizzata all’assunzione di una prova
dichiarativa. Ciò in conformità all’orientamento di questa Corte secondo il quale il
comma 4 dell’art. 195 cod. proc. pen. preclude la testimonianza indiretta degli
ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria con riguardo al contenuto delle
dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli artt. 351 e 357,
comma 2, lett. a) e b) stesso codice, posto che gli “altri casi”, cui si riferisce
l’ultima parte di quel comma 4, per i quali la prova è ammessa secondo le regole
generali sulla testimonianza indiretta, si identificano con le situazioni del tutto
eccezionali in cui le dichiarazioni siano state percepite al di fuori di uno specifico
contesto procedimentale di acquisizione, in una situazione operativa di
straordinaria urgenza e, quindi, al di fuori di un dialogo tra teste e ufficiale o
agente di polizia giudiziaria, ciascuno nella propria qualità (così Sez. U, n. 36747
del 28/05/2003, Torcasio, Rv. 225469; conf., in seguito, Sez. 1, n. 5965/09 del
11/12/2008, Manco, Rv. 243347; Sez. 1, n. 42226 del 02/11/2005, Signorino,
Rv. 232399). In altri termini, la testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di
polizia giudiziaria, è sempre preclusa in riferimento al contenuto delle
dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli artt. 351 e 357
cod. proc, pen., ed è, invece, ammessa quando concerne dichiarazioni che non
sono tecnicamente “ricevute” dall’ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ma solo
percepite occasionalmente e, per questa ragione, non verbalizzate (così Sez. 5,
n. 10946 del 08/02/2005, Pagliuca, Rv. 231224).
3. Infondato è il secondo motivo del ricorso, in quanto, a differenza di ciò che è
stato sostenuto nell’atto di impugnazione, il Tribunale del riesame di Rimini non
ha integrato, con riferimento all’indicazione delle esigenze probatorie, con una
4

(//

del Grazia, uomo di sua fiducia – asseritamente inutilizzabili: laddove la

propria motivazione quella del decreto di sequestro emesso dal P.M., ma ha
ritenuto adeguatamente argomentate le ragioni dell’adozione da parte del
rappresentante della pubblica accusa di quel provvedimento – nel quale era stata
sottolineata la necessità di mantenere il vincolo su orologi e preziosi per poterne
accertate con precisione la provenienza, non avendo il Bartorelli riconosciuto
alcuni di quei beni ed essendosi riservato di puntualizzare se ve ne fossero altri
venduti personalmente al Loili e non anche fatturati alla società Rimini Yacht (v.
pag. 5 ord. impugn.) – con una spiegazione completa e priva di vizi di manifesta

4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del
presente procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/04/2013

illogicità, dunque non censurabile in sede di legittimità.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA