Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17135 del 07/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17135 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HAMZAOUI ABDELHAFID N. IL 23/12/1970
avverso l’ordinanza n. 359/2014 TRIBUNALE di ROMA, del
05/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lettehentitc le conclusioni del PG Dott. R i

Uditi difensor Avv.;

(99„,

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Data Udienza: 07/01/2016

Ritenuto in fatto.

LH 5 dicembre 2014 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rideterminava in tre anni, otto mesi di reclusione ed euro 10.500 di
multa la pena inflitta a Hamzaoui Abdelhafid con sentenza della Corte d’Appello di
Napoli del 17 dicembre 2010 (irrevocabile il 4 marzo 2011).
2.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il

vizio della motivazione in ordine alle ragioni poste a base della rideterminazione
della pena che non ha tenuto conto dei parametri seguiti dal giudice della
cognizione ai sensi dell’art. 133 c.p. e non ha riproposto, alla luce della nuova
cornice edittale, i criteri dallo stesso seguiti.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.L’esecuzione della pena implica l’esistenza di un rapporto esecutivo che nasce
dal giudicato e si esaurisce soltanto con la consumazione o l’estinzione della pena.
Fino a quanto l’esecuzione della pena è in atto, quindi, il rapporto esecutivo non
può ritenersi esaurito e gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente
illegittima sono ancora perduranti e debbono essere rimossi dal giudice
dell’esecuzione cui è affidato il compito di decidere con efficacia giurisdizionale su
ogni questione inerente al rapporto esecutivo (Sez. U., n. 4687 del 20 dicembre
2005).
2.La declaratoria d’illegittimità costituzionale di una norma inficia fin
dall’origine la disposizione impugnata, affetta da un’invalidità originaria, determina
la cessazione di efficacia della norma che ne è oggetto e fa sorgere l’obbligo per il
giudice davanti al quale viene invocata la norma di legge dichiarata illegittima di
non applicarla, salvo che si versi in un caso di rapporto esaurito in modo definitivo
e irrevocabile e non più suscettibile di alcuna azione o rimedio (Corte Cost., sent. n.
58 del 1967 e n. 49 del 1970). In altri termini, la declaratoria d’incostituzionalità di
una norma ha efficacia invalidante e non abrogativa (Sez. U., n. 7232 del 7 luglio
1984) e si proietta sugli effetti ancora in corso di rapporti giuridici pregressi, già

1

difensore di fiducia, Hamzaoui Abdelhafid, il quale lamenta violazione di legge e

disciplinati dalla norma dichiarata incostituzionale che, in quanto geneticamente
invalida, viene definitivamente espunta dall’ordinamento.
3.Tali principi, validi per tutti gli ambiti dell’ordinamento, hanno in campo
penale una portata ben maggiore in forza del disposto dell’art. 30, comma quarto,
della legge n. 87 del 1953 che, in attuazione del principio dettato dall’art. 25,
secondo comma della Costituzione, dispone che, <>.
Il suddetto art. 30 della 1. n. 87 del 1953 si riferisce alle sole norme sostanziali,
per tali dovendosi intendere quelle che correlano la previsione di una sanzione ad
uno specifico comportamento e che stabiliscono una differenza di pena in
conseguenza di una determinata condotta.
Come recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 22166
del 29 maggio 2014), all’operatività dell’art. 30 della 1. n. 87 del 1953 non è di
ostacolo il giudicato, atteso che tutto l’ordinamento è decisamente orientato a non
tenerne conto ogniqualvolta dal giudicato resterebbe sacrificato il buon diritto del
cittadino (Corte Cost., sent. n. 115 del 1987, n. 267 del 1987; Sez. U., n. 18821 del
24 ottobre 2013). Ne consegue che la conformità della pena a legalità in fase
esecutiva deve ritenersi costantemente sub iudice, non essendo tollerabile che uno
Stato democratico di diritto assista inerte all’esecuzione di pene non conformi alla
Carta fondamentale (Corte Cost. sent. n. 210 del 2013).
I suddetti principi di diritto hanno una valenza generale e comprendono l’ipotesi,
come quella in esame, in cui, per effetto della declaratoria d’illegittimità
costituzionale di una norma penale sostanziale sia in atto l’esecuzione di una pena
“illegittima”. Rispetto a questa situazioni non può, quindi, essere invocato
l’avvenuto esaurimento del rapporto.
4.In base alle considerazioni sinora svolte, l’ordinanza impugnata è,
all’evidenza, esente dai vizi denunziati, laddove ha proceduto, con motivazione
immune da vizi logici e giuridici, alla rideterminazione della pena, tenendo conto,
da un lato, dei nuovi parametri edittali, e, dall’altro, della qualità e natura dei reati
commessi (artt. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, 337 e 385 c.p.), delle loro modalità di
consumazione, della gravità delle condotte per le quali è intervenuta l’affermazione
di penale responsabilità del ricorrente.

2

norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di

5.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost.
sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso, in Roma, il 7 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

P.Q.M.

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