Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1713 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1713 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Sant Roberto, nato a Cassacco, il 25/11/1948;

avverso la sentenza del 25/9/2012 della Corte d’appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
limitatamente al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 219 legge fall. e il rigetto
del ricorso nel resto;
udito per l’imputato l’avv. Federico Carnelutti, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 18/12/2013

1.Con sentenza del 25 settembre 2012 la Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma
della pronunzia di primo grado, confermava la condanna di Sant Roberto per i reati di
bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commessi nella sua qualità di
amministratore della Label Trade s.r.I., fallita 1’11 novembre 1999, ma contestualmente
assolveva l’imputato per uno dei fatti di distrazione originariamente contestati e
conseguentemente provvedeva a rimodulare la pena in senso a lui favorevole.

motivi.
2.1 Con il primo deduce vizi motivazionali del provvedimento impugnato in merito alla
ritenuta responsabilità dell’imputato per la contestata distrazione di due vetture di
proprietà della fallita (il capo della sentenza relativo all’altro e più eclatante episodio
distruttivo contestato all’imputato non è stato impugnato dallo stesso), per le quali,
pochi giorni prima di dismettere la carica di amministratore della società, conferì
procura a vendere ad un concessionario che provvide a ritirarle. Sul punto rileva il
ricorrente che la Corte territoriale avrebbe illogicamente e contraddittoriamente
rimproverato all’imputato di non aver fornito dimostrazione della sorte dei suddetti
veicoli o delle iniziative assunte al fine di recuperarli, pur avendo riconosciuto che egli
dopo pochi giorni dal rilascio della procura (e non già dalla vendita dei beni) avesse
cessato di guidare la società e che il fallimento fosse intervenuto solo dopo sei mesi,
nonché avendo escluso che il Sant – come invece originariamente contestatogli successivamente alle dimissioni avesse continuato a gestire la fallita in qualità di
amministratore di fatto della medesima.
2.2 Analoghi vizi della motivazione vengono prospettati dal ricorrente con riguardo alla
ritenuta responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta documentale,
evidenziando in proposito come nuovamente i giudici d’appello avrebbero trascurato il
valore dirimente dell’avvenuto passaggio di consegne intervenuto tra il Sant e il nuovo
amministratore, travisando l’effettivo contenuto della deposizione della curatrice
fallimentare – la quale avrebbe testimoniato nel senso che a quel momento la
contabilità della fallita doveva ritenersi completa e regolarmente tenuta – e invece
valorizzando il deficitario stato della contabilità al momento dell’apertura della
procedura concorsuale, per l’appunto non più addebitabile all’imputato. Non di meno
del tutto insufficiente sarebbe la motivazione della sentenza in merito alla sussistenza
dell’elemento psicologico del reato, non avendo la Corte territoriale dimostrato perché
le eventuali irregolarità imputabili alla gestione del Sant non sarebbero dovute a mera
negligenza nella tenuta della contabilità piuttosto che al preordinato disegno di
impedire la ricostruzione del patrimonio e degli affari della fallita.
2.3 Con il terzo ed ultimo motivo, infine, si lamentano ulteriori vizi della motivazione in
merito alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al primo comma dell’art. 219

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre

legge fall., atteso che la sua configurabilità è stata dedotta dalla stima di un danno di
oltre 300.000 euro, quando le distrazioni contestate ammonterebbero a non più della
metà.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato nei limiti che di seguito verranno esposti.

distrettuale – e pervero in precedenza anche il Tribunale – ha omesso di dimostrare la
natura effettivamente distrattiva del conferimento in conto vendita delle vetture
aziendali al concessionario. Se infatti il rilascio della relativa procura soltanto qualche
giorno prima che il Sant lasciasse la guida della fallita è correttamente stato inteso
come un possibile indizio del reato, ma certo non è circostanza sufficiente ad integrare
la prova della contestata distrazione delle suddette vetture, mentre – come obiettato
dal ricorrente – risulta contraddittorio fondare quest’ultima sul mancato esperimento da
parte dell’imputato di iniziative rivolte al recupero delle medesime. Infatti, non si
comprende quali iniziative recuperatorie avrebbe dovuto assumere l’imputato nel breve
arco temporale intercorso tra il rilascio della procura e la cessazione dalla carica, posto
che gli stessi giudici d’appello hanno escluso che successivamente a tale ultimo
momento lo stesso abbia occultamente proseguito nella gestione della fallita e dunque
era privo dei poteri (e delle responsabilità) dell’amministratore. Nè può ritenersi che
l’iniziativa commerciale assunta dal Sant sia intrinsecamente anomala, atteso che il
tentativo di liquidare beni strumentali dell’azienda divenuti obsoleti potrebbe in astratto
anche corrispondere all’interesse dei creditori, ovvero che la forma giuridica eletta per
realizzarla abbia determinato l’effettivo distacco dei beni dal patrimonio della fallita in
assenza di contropartita, in quanto ovviamente fino alla loro eventuale vendita la
società ne è rimasta proprietaria. Non di meno i giudici di merito non hanno spiegato se
i veicoli non siano stati rinvenuti dal curatore presso la fallita ovvero nemmeno presso
il soggetto incaricato di venderli, né se sia stata accertata la loro eventuale vendita. In
definitiva, per addebitare al Sant – piuttosto che al suo successore – la distrazione di
cui si tratta deve potersi dimostrare che quello della procura a vendere è stato un mero
escamotage fraudolento finalizzato a coprire una distrazione realizzatasi già al
momento della fisica asportazione dei veicoli dalla sede societaria, ma in tal senso,
come detto, la motivazione resa dalla Corte distrettuale risulta del tutto insufficiente,
con conseguente necessità di disporre l’annullamento con rinvio per nuovo esame della
sentenza impugnata.
2. Il secondo motivo è invece inammissibile. Le doglianze del ricorrente si rivelano
infatti generiche in quanto non correlate all’effettivo contenuto della motivazione del

1.1 In particolare è fondato il primo motivo proposto dal ricorrente, atteso che la Corte

provvedimento impugnato, atteso che la Corte territoriale ha puntualmente risposto
alle censure avanzate con i motivi d’appello (e riproposte con l’odierno ricorso) in
merito all’incidenza anche del comportamento dell’imputato nella determinazione del
disordine contabile della fallita. In particolare i giudici d’appello hanno evidenziato, per
un verso, come proprio in occasione del passaggio di consegne dal Sant al suo
successore non si facesse menzione alcuna dei partitari poi non rinvenuti dalla curatela
e la cui assenza è stata correttamente ritenuta esiziale ai fini della compiuta

stato l’imputato ad omettere l’annotazione in contabilità delle somme anticipate
dall’istituto bancario presso cui aveva scontato la fattura n. 28/99 ed a registrare le
fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti. Del tutto logica e coerente al
compendio probatorio di riferimento è stata dunque la conclusione tratta circa la
responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Quanto
poi al lamentato travisamento delle dichiarazioni della curatrice deve evidenziarsi come
le stesse siano state tenute in considerazione dalla Corte giuliana, che ha fornito
esauriente e non manifestamente illogica spiegazione delle ragioni per cui le stesse non
potessero essere prese “alla lettera”. Spiegazione con la quale ancora una volta il
ricorrente ha omesso il doveroso confronto.
3. Nuovamente fondato è infine il terzo motivo di ricorso. Dal complesso della
motivazione della sentenza sembrerebbe potersi ritenere che la quantificazione, a p. 9,
del danno sofferto dalla massa creditoria in oltre 300.000 euro anzichè in oltre
300.000.000 di lire sia probabilmente dovuto ad un mero lapsus calami dell’estensore
atteso che in precedenza il valore delle distrazioni – e in particolare di quella relativa
alle somme anticipate dal sistema bancario alla società – è stato costantemente
indicato con riferimento al vecchio conio e, per l’appunto, all’ammontare di oltre
trecento milioni contestato nell’imputazione. Ciò non toglie che la valutazione sulla
gravità del danno sia stata effettuata in relazione ad un valore che non trova riscontro
nell’accertamento processuale e che dunque la motivazione in cui si riflette non possa
ritenersi idonea, dovendo la Corte territoriale evidenziare le ragioni per cui
eventualmente ritenga integrata la contestata aggravante anche in relazione al diverso
valore monetario oggetto dell’effettivo accertamento processuale. Anche su questo
profilo, dunque, la sentenza deve essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di
Trieste per nuovo esame.

P.Q.M.

ricostruzione del volume degli affari della società e per l’altro come certamente fosse

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della
Corte d’appello di Trieste.

Così deciso il 18/12/2013

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