Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17119 del 17/01/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17119 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE MARCATTI TATIANA N. IL 04/05/1966
avverso la sentenza n. 4407/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
16/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per h f

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/01/2013

Ricorrente TATIANA DE MARCATTI

Ritenuto in fatto

Ricorre personalmente per cassazione DE MARCATTI Tatiana avverso la
sentenza emessa in data 16 dicembre 2011 dalla Corte d’appello di Torino
quale fu ritenuta responsabile della contravvenzione di cui all’art. 186 /
comma 2° lett. c) cod. strada per aver condotto un’autovettura in stato di
ebbrezza, in Vercelli il 17 febbraio 2007 e per l’effetto condannata alla pena di
giorni TRENTA di arresto ed euro 400,00 di ammenda, con applicazione della
sospensione della patente di guida per mesi due.
Articola la ricorrente tre ordini di censure per inosservanza di norme penali
sostanziali e processuali stabilite a pena di nullità e di inutilizzabilità, così
sintetizzate.
Con il Primo motivo lamenta l’illegittimo rigetto dell’eccezione di nullità e di
inutilizzabllità degli esiti dell’alcooltest per aver omesso la P.G. di rivolgerle il
rituale avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia che la
assistesse nell’espletamento dell’incombente; avvertimento che non risulta
attestato nel relativo verbale di accertamento della contravvenzione.
Con il secondo ed il terzo motivo ( che evidenti ragioni di connessione
inducono a trattare congiuntamente ) denunzia la ricorrente l’errata
applicazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. in punto al diniego delle
attenuanti generiche e dell’invocata riduzione della pena in considerazione di
un unico precedente penale nonché il difetto di motivazione in ordine alla
conferma della pena irrogata in primo grado, pari al massimo edittale.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Quanto al primo motivo, deve ritenersi del tutto esaustivo ed immune da
qualsivoglia vizio di legittimità l’apparato argomentativo della sentenza
impugnata con cui la Corte distrettuale ha rimarcato (peraltro facendo propri
gli ineccepibili assunti valutativi del Giudice di prime cure ) che, al di là delle
censure meramente congetturali dedotte dalla ricorrente fin dal giudizio di

a conferma della sentenza 25 maggio 2010 del Tribunale di Vercelli, con la

primo grado, non vi era alcuna plausibile ed obiettiva ragione per dubitare
della veridicità di quanto riferito, in qualità di testimone, dal verbalizzante
app. dei Carabinieri Corrado Maurizio circa l’avvenuto adempimento al
disposto precettivo dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., pur di tanto non
essendosi dato atto nel verbale di accertamento.
In ogni caso la Corte d’appello ha del tutto legittimamente escluso la nullità
dell’alcooltest ( sul quale si fonda l’accusa ) per la pretesa violazione del
disposto dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. in relazione all’art. 354 cod.
diritto di assistere senza esser preventivamente avvisato, a norma di quanto
dispone l’art.356 cod. proc. pen. ( cfr. Sez. 6 n. 26717 del 2003). Ed
invero,da un lato, la Corte d’appello ha richiamato il consolidato e prevalente
orientamento della giurisprudenza di legittimità ( cfr. Sez. 4 n.2584 del 2006
rv.236007; Sez. 4.27736 del 2007; Sez. 4 n.45622 del 2009; Sez. 4 n.1392
del 2011) secondo il quale il mancato avvertimento rivolto a colui che viene
sottoposto ad alcooltest della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia
dà luogo ad una nullità di ordine generale, ma non assoluta che, ai sensi
dell’art.182 comma secondo cod. proc. pen., deve essere eccepita prima del
compimento dell’atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo,
senza attendere il compimento di un successivo atto del procedimento di
guisa che,in difetto, trattandosi di nullità a regime “intermedio”, la stessa
deve ritenersi sanata. Sicchè, nel caso di specie, avendo l’indagata
presenziato al compimento dell’atto, del tutto legittimamente la Corte
distrettuale ha ritenuto sanata la dedotta nullità siccome tardivamente
eccepita dal difensore nel corso del dibattimento di primo grado “nel corso
dello svolgimento dell’istruttoria dibattimentale ” ( come testualmente è detto
in ricorso ) e quindi, nominato già in precedenza dall’imputata il difensore di
fiducia,neppure subito dopo la verifica, per la prima volta, della rituale
costituzione delle parti ex art. 491 codice di rito.
In ordine alta seconda doglianza, rileva il Collegio che ineccepibile appare la
motivazione della sentenza d’appello in punto alla conferma del diniego delle
attenuanti generiche a fronte ” delle condanne riportate in passato dalla De
Marcatti ” quale indiscusso indice di ” elevata pericolosità sociale “,
logicamente incompatibile con una valutazione di soggettiva meritevolezza
dell’imputata: argomento del pari ragionevolmente persuasivo al fine di
escludere qualsivoglia riduzione della pena.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ( trattandosi di causa

2

proc. pen., trattandosi di atto urgente ed indifferibile al quale il difensore ha

di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, di costei:cfr.
Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento, a
favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in euro 1.000, 00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma,lì 17 gennaio 2013.

PQM

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