Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17117 del 16/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17117 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– SCARDAONI DAVID, n. 26.11.1980 a Roma

avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma in data 6.06.2016;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Simone Perelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. A. Staniscia, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 16/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 6.06.2016, la Corte d’appello di Roma, decidendo
a seguito di rinvio ex art. 627 c.p.p. disposto da questa Corte, in riforma della
sentenza tribunale di Roma 1.02.2013, appellata dallo Scardaoni, riduceva la pena
inflittagli in 1 anno e 4 mesi di reclusione ed € 3000 di multa, confermando nel
resto l’appellata sentenza che lo aveva riconosciuto colpevole per aver detenuto a

erano ricavabili 790 dosi medie singole (art. 73, co. 5, TU Stup.), in relazione a
fatti del 31.01.2013.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato Scardaoni, a mezzo del difensore
di fiducia iscritto all’albo speciale ex art. 613, c.p.p., deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. In particolare, il ricorrente, con l’unico motivo, deduce vizio di violazione di
legge e vizio di mancanza, contraddittorietà e /o manifesta illogicità della motivazione.
Si duole il ricorrente in quanto la pena inflitta sarebbe eccessiva, tenuto conto
delle ragioni del disposto annullamento da parte di questa Corte Suprema, che
aveva infatti annullato la precedente sentenza della Corte d’appello alla luce della
mutata cornice edittale seguita alla novella, da ultimo attuata con la legge n. 79
del 2014, che nel trasformare l’ipotesi lieve di cui al co. 5 dell’art. 73 da fattispecie
circostanziata e fattispecie autonoma ha anche rideterminato, attenuandola, la
cornice edittale; la sentenza, in particolare, sarebbe censurabile laddove ha giustificato la determinazione della pena con motivazione sintetica, limitandosi i giudici del rinvio ad affermare che detta pena si giustificava per la obiettiva gravità
del fatto, desunta dal considerevole dato quantitativo, ciò che non consentiva di
attestarsi al minimo edittale; si tratterebbe di motivazione viziata in quanto il
primo giudice, applicando la previgente disciplina normativa che prevedeva una
cornice edittale da 1 a 6 anni di reclusione, aveva determinato la pena base in 1
anno e 6 mesi di reclusione, pena poi confermata dalla precedente sentenza poi
annullata in ragione della non eccessiva gravità del fatto e della minima offensività
del comportamento del reo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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fini di cessione a terzi sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana, da cui

3. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
La Corte d’appello motiva il discostamento dal minimo edittale in ragione della
obiettiva gravità del fatto, desunta dal considerevole dato quantitativo; trattasi di
motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, atteso che l’art, 133, comma 1,
cod. pen., prevede espressamente la possibilità di trarre dalla gravità del reato
utili elementi per la migliore individuazione della pena, per cui deve ritenersi pie-

elemento rientrante nella generale previsione di cui al n. 1 dell’art. 133, co. 1,
c.p.: natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione) dello stupefacente rinvenuto nella disponibilità del reo – peraltro rilevantissimo in quanto dal medesimo risultavano ricavabili guadi 800 dosi medie singole,
sicchè, tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte, già è possibile considerare assai benevola la qualificazione da parte dei giudici di merito nella c.d. ipotesi
lieve – per l’espressione del giudizio in ordine alla determinazione della pena base
da infliggere per il reato.

4. A fronte di tale argomentazione, del tutto immune dai denunciati vizi, le doglianze difensive si appalesano del tutto prive di pregio, non essendo infatti vincolato il giudice di rinvio alla pena determinata dal giudice nella sentenza oggetto
di annullamento, anzi dovendosi dalla stessa discostare proprio laddove l’annullamento parziale riguardi il trattamento sanzionatorio, ritenuto da questa S.C. non
adeguato; obbligo del giudice di rinvio, nella specie, era solo quello di uniformarsi
al principio di diritto affermato da questa Corte, che imponeva alla Corte d’appello
di rivalutare il trattamento sanzionatorio, tenendo conto della mutata cornice edittale, più favorevole al reo, quale risultante dalle modifiche introdotte al comma
quinto dell’art. 73, TU Stup., dalla legge n. 79 del 2014 (reclusione da sei mesi a
quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329).
La Corte d’appello, adeguandosi al “mandato” conferitole con la sentenza di annullamento parziale, ha quindi provveduto a rideterminare la pena, muovendo da
una p.b. di 1 anno e 4 mesi di reclusione ed C 3000 di multa, diversa ed inferiore
rispetto a quella da cui aveva preso le mosse la Corte d’appello nella sentenza
oggetto del precedente annullamento, motivando puntualmente le ragioni del discostamento; la censura si appalesa peraltro inammissibile in quanto, escluso che
il giudice di rinvio dovesse ritenersi vincolato ad una riduzione aritmeticaménte
predeterminata, appare evidente come la pena base risulta inferiore al medio edittale (pari a 2 anni e 3 mesi di reclusione), trovando dunque applicazione l’ormai
consolidata giurisprudenza secondo cui in tema di determinazione della pena, nel

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namente legittimo per il giudice fare riferimento al dato quantitativo (in quanto

caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli
elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep.
23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).

profili di doglianza mossi nel ricorso. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro
2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di C 2.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 16 febbraio 2018

5. La sentenza impugnata non merita conclusivamente censura sotto alcuno dei

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