Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17116 del 16/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17116 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri
nel procedimento a carico di
Zhu Guowei, nato in Cina il 23/9/1979
Li Chaoqun, nato in Cina il 3/10/1980
Chen Guoqiang, nato in Cina il 12/2/1982
Wu Jieai, nato in Cina il 3/6/1985
Li Xuemei, nato in Cina il 14/12/1987
Tang Zhengyan, nato in Cina il 17/1/1975
Wu Xuejun, nato in Cina il 19/6/1988

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma dell’11/1/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso;
udito il difensore del Li Chaoqun, Avv. Mariano Buratti, che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso

Data Udienza: 16/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’11/1/2016, il Tribunale del riesame di Roma rigettava
l’appello proposto avverso il provvedimento emesso il 6/6/2014 dal Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Velletri, con il quale era stata rigettata la
richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti di Zhu Guowei, Li
Chaoqun, Chen Guoqiang, Li Xuemei, Tang Zhengyan e Wu Xuejun; agli stessi
era contestato il delitto di cui all’art. 416 cod. pen. in relazione alle fattispecie di

massaggi gestiti in Velletri, Genzano e Nettuno tra il 2013 ed il 2014.
2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Velletri, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge. In relazione alla posizione di Li Xuemei e Tang,
l’ordinanza non avrebbe valutato che – avverso il provvedimento emesso ex art.
309 cod. proc. pen. il 1°/7/2014 – il pubblico ministero, non potendo proporre
ricorso per cassazione, aveva comunque proposto appello, peraltro deciso dal
Tribunale dopo oltre un anno e mezzo. Con riguardo, poi, alle posizioni Zhu e
Chen, il Collegio avrebbe erroneamente affermato che l’avvenuto decorso del
termine di efficacia della misura cautelare più mite farebbe venir meno
l’interesse pubblico alla coltivazione dell’impugnazione; fermo restando, peraltro,
che l’interesse a questa sotteso deve esser verificato con riguardo al momento
della presentazione, non già in forza di vicende sopravvenute;
– violazione di legge e contraddittorietà della motivazione. Il Tribunale – con
riguardo a tutti gli indagati – avrebbe escluso il fumus del reato associativo in
ragione della mancanza di indizi quanto all’affectio societatis sceleris; quel che,
però, inerirebbe all’adesione del singolo, non già all’esistenza della struttura
associativa in sé. La quale, peraltro, ben emergerebbe dalle risultanze
investigative, delle quali il gravame dà conto, anche sotto il profilo grafico (pag.
11);
– carenza di motivazione e travisamento del fatto quanto a Wu Jieai. Il
Collegio di merito avrebbe poi travisato gli elementi di prova con riguardo a
questa indagata, affermando che il commercialista Perini si sarebbe limitato ad
identificarla; per contro, questi avrebbe affermato anche che la donna
interloquiva con il suo studio per i centri massaggi “La farfalla” e “La fantasia di
Parigi”, sì riconoscendole un ruolo attivo e di primario rilievo nella vicenda. Ne
deriverebbe, ancora, violazione di legge e difetto motivazionale, atteso che
queste indicazioni costituirebbero proprio i riscontri esterni, individualizzanti, alle
parole della coindagata Savelli, che il Tribunale ritiene invece assenti;

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cui agli artt. 3, 4, n. 5 e 7, I. 20 febbraio 1958, n. 75, con riguardo a tre centri

- carenza di motivazione e travisamento del fatto quanto a Li Chaoqun.
L’ordinanza non avrebbe adeguatamente valutato gli elementi a carico
dell’indagato, dai quali emergerebbe il ruolo di mero prestanome nei confronti
dello Zhu quale legale rappresentante del centro massaggi “Rosa rossa”; in
particolare, il Li sarebbe stato visto due volte presso il locale, in compagnia dello
Zhou, allorquando le prostitute avevano consegnato il danaro proprio a
quest’ultimo e non all’altro, pur legale rappresentante del medesimo centro. In
un’intercettazione ambientale, inoltre, le ragazze avrebbero definito il Li come “il

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Osserva preliminarmente il Collegio, per indirizzo ermeneutico più volte
affermato da questa Corte, in tema di impugnazione delle misure cautelari
personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la
violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal Giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 5,
n. 46124 dell’8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997); allorquando, poi, sia denunciato
un vizio argomentativo in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il Giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, nonché di
controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (per tutte, Sez. 4, n.
26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460).
Orbene, ritiene la Corte che il Giudice del riesame abbia fatto buon governo
di questo principio; ed invero – pur nell’ambito di un provvedimento sintetico – il
Collegio di merito ha steso una motivazione adeguata, fondata su oggettivi
elementi istruttori e priva di qualsivoglia illogicità manifesta. Come tale,
incensurabile in questa sede.
4. In particolare, ed in primo luogo quanto a Li Xuemei e Tang Zhengyan,
l’ordinanza ha affermato che il Tribunale del riesame si era già pronunciato ex
art. 309 cod. proc. pen. in data 1°/7/2014, e che avverso tale provvedimento
non era stato proposto ricorso per cassazione; dal che, il giudicato cautelare.

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capo”.

Conclusione contestata dal presente gravame, sul presupposto che – a fronte
della medesima ordinanza del 1°/7/2014, non ricorribile per cassazione in peius
da parte del pubblico ministero – lo stesso Ufficio aveva proposto appello il
20/6/2014; quel che, però, risulta davvero poco comprensibile, atteso che giusta tenore letterale del presente ricorso – tale impugnazione sarebbe stata
presentata avverso un’ordinanza emessa 11 giorni dopo. Da ciò derivando
l’infondatezza palese del motivo.
5. Con riguardo, di seguito, alle posizioni Zhu e Chen di cui al secondo

travisamento del testo del provvedimento. Ed invero, nello stesso non si legge
che in relazione ai due indagati «la decorrenza del termine di efficacia della
misura cautelare preclude qualsiasi applicazione di misura cautelare in relazione
ai reati contestati in questo procedimento», come afferma il gravame, ma che
«l’intervenuta perdita di efficacia delle misure» preclude il medesimo effetto.
Asserzione del tutto diversa dall’altra, ed in ordine alla quale il tenore del motivo
(incentrato sulla decorrenza del termine) non risulta affatto riferibile.
6. Non possono esser condivise, di seguito, neppure le doglianze relative al
fumus del reato associativo; con le quali – come accennato – il ricorrente
afferma che, muovendo dalla mancanza di indizi in ordine all’affectio societatis, il
Tribunale avrebbe dedotto l’insussistenza dell’associazione in se. Orbene, anche
sul punto osserva il Collegio che il vizio dedotto non sussiste; l’ordinanza ancora con logico e congruo percorso argomentativo – ha infatti sottolineato la
mancanza di elementi a sostegno dell’ipotesi accusatoria, emergendo un ruolo
“comune” ai tre centri estetici soltanto quanto allo Zhu (che «fa ruotare le
massaggiatrici e dei quali percepisce i profitti»), non anche agli altri indagati,
operanti ciascuno in un solo centro e, sovente, non a conoscenza l’uno dell’altro.
Ed allora, se è vero che – come afferma il ricorrente – l’esistenza del vincolo
associativo non presuppone che tutti gli affiliati si conoscano, è altresì innegabile
che, nel caso di specie, pare emergere una sola figura di raccordo quanto ai tre
circoli (lo Zhu), con ruolo di vertice, mentre gli altri indagati sembrano
concorrere – struttura per struttura – nel solo vincolo concorsuale in ordine alla
I. n. 75 del 1958, senza alcuna partecipazione ad un’associazione che, come tale,
quindi non sussisterebbe. Quel che, peraltro, il Procuratore ricorrente intende
contestare con valutazioni puramente fattuali (compreso lo schema grafico di
pag. 11), ossia invocando in questa sede una nuova e diversa valutazione degli
elementi istruttori già esaminati dai Giudici di merito; valutazione – come già
affermato – invece non consentita.
7. Negli stessi termini, poi, si conclude quanto alla posizione Wu Jieai, in
ordine alla quale la motivazione stesa dal Collegio risulta priva della carenza

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motivo, osserva la Corte che il Procuratore ricorrente è incorso in un

motivazionale e del travisamento del fatto indicati nel ricorso. Il Tribunale del
riesame, infatti, ha ritenuto inadeguato l’elemento a carico della donna, quale la
chiamata in correità della coindagata Savelli; chiamata, peraltro, non supportata
da riscontri estrinseci ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non potendosi
considerare tali – a giudizio del Tribunale – la mera presenza della Wu
nell’abitazione dello Zhu o le dichiarazioni del commercialista Perini, limitatosi a
confermarne l’identità. Un argomento logico, dunque, a fronte del quale questa
Corte non può procedere – come invece richiede il ricorrente – a nuova e diversa

“referente” dei centri massaggi “La farfalla” e “La fantasia di Parigi”;
affermazioni, peraltro, indicate in termini generici e senza allegazione alcuna del
relativo verbale.
Ne consegue l’adeguatezza della motivazione quanto all’assenza di riscontri
alle parole della Savelli (sulle quali il ricorso si diffonde analiticamente a pag.
17); la cui genesi e la cui spontaneità – sostenute dal Procuratore di Velletri risultano pertanto di scarso rilievo.
8. Da ultimo, la posizione di Li Chaoqun.
Anche con riguardo a questo indagato, il Tribunale del riesame – con
motivazione non illogica e fondata su oggettivi elementi di indagine – ha escluso
il fumus della partecipazione all’eventuale vincolo

ex art. 416 cod. pen.,

affermando l’infondatezza degli elementi indiziari sostenuti dal pubblico
ministero: in particolare, con riguardo all’occasione in cui lo Zhu – presente il Li
– aveva ricevuto una busta (con i proventi della prostituzione) all’interno del
circolo gestito dallo stesso Li, e quanto ad una conversazione intercettata tra due
donne cinesi, allorquando questi era stato definito come il “capo”. Ciò premesso,
il ricorso del Procuratore della Repubblica appare ancora manifestamente
infondato, svolgendosi lungo valutazioni di mero fatto (il numero di occasioni in
cui Zhu era andato al circolo “Rosa rossa” con Li, ricevendo il danaro; il citato
riferimento al ricorrente come “capo”), già valutate congruamente dal Collegio di
merito ed insuscettibili di nuovo esame in questa sede; valutazioni che, peraltro,
scontano una palese contraddizione, atteso che, per un verso, attestano che il Li
sarebbe un mero prestanome dello Zhu nella gestione del centro, ma per altro
verso ne valorizzano il ruolo di “capo” agli occhi delle prostitute.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

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lettura delle affermazioni del Perini, che avrebbe individuato la Wu quale

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016

Il Presidente

sigliere estensore

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