Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17106 del 13/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17106 Anno 2018
Presidente: MOGINI STEFANO
Relatore: MOGINI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRINCIPALE ATTILIO nato il 01/06/1960 a SANT’EGIDIO DEL MONTE ALBINO

avverso la sentenza del 27/02/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente STEFANO MOGINI;

Data Udienza: 13/03/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Principale Attilio ha, per mezzo del suo difensore di fiducia, proposto ricorso per
cassazione avverso la sentenza in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello del
Principale, è stata esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 7 L. 203/1991 e – concessa
la speciale attenuante di cui all’art. 8 della stessa legge e ritenuta la continuazione dei fatti
contestati con quelli dei quali il ricorrente era stato ritenuto responsabile con sentenza della
Corte di appello di Salerno in data 22/6/2006 – è stata rideterminata la pena a lui inflitta per
i contestati delitti di cui all’art. 644 cod. pen. in mesi otto di reclusione e Euro 500,00 di
multa, quale aumento a titolo di continuazione di quella inflitta con la citata sentenza della

2.

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, pur avendo in motivazione

riconosciuto la fondatezza della proposta impugnazione, abbia omesso in dispositivo di
considerare prevalenti sulla ritenuta recidiva, come dedotto nell’atto di appello, le attenuanti
generiche già concesse ad esito del giudizio di primo grado.

3. Il ricorso è inammissibile poiché manifestamente infondato. Infatti, l’accertamento del
vincolo della continuazione tra il reato giudicato ed altro precedente per il quale è
intervenuta condanna con sentenza irrevocabile richiede al giudice la sola applicazione
dell’aumento dovuto per la continuazione, mentre non possono essere applicate le
circostanze attenuanti, il cui riconoscimento richiede l’esame dell’intera condotta antigiuridica
del reo, ivi inclusa quella già considerata dal precedente giudicato, ostandovi la “res
iudicata”, sicché è corretto non operare distinzioni concernenti l’incidenza delle attenuanti già
applicate in primo grado (Sez. 5, n. 2907 del 23/10/2013, Cammarota e altri, Rv. 258462).
Si impongono pertanto le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen., stimandosi equo,
in ragione della natura delle questioni dedotte, quantificare in euro tremila la somma da
versare in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 13/03/2018

Corte di appello di Salerno del 22/6/2006.

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