Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17101 del 08/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17101 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: APRILE STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CUCUZZA SALVATORE nato il 26/08/1972 a PALAGONIA

avverso la sentenza del 01/03/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso adle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

Data Udienza: 08/02/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di MILANO, con sentenza in data 01/03/2017, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di MONZA, in data 02/03/2016, nei confronti
di CUCUZZA SALVATORE in relazione al reato di cui all’art. 4 L n. 110 del 1975
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo vari motivi:
– il motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla ritenuta responsabilita’, è inammissibile, in quanto generico. Tra i requisiti del
ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei
motivi : il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati

lagnanze. Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art.
581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata
ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata,
non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato;
– il motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento
sanzionatorio, è inammissibile. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è
giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in
cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio
affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il
diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli
altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del
16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed
alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi
enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre. Invero,
una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione
alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena
equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596);
– il motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento alla mancata declaratoria di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. è generico perché
non si confronta con la puntuale motivazione del provvedimento impugnato.

della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 8/02/2018

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