Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17093 del 28/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17093 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAGGIOLI VINCENZO N. IL 08/06/1959
CASABURI RAFFAELE N. IL 19/11/1954
LUCIANO ANTONIO N. IL 11/12/1965
DE SIMONE ANTONIO N. IL 09/07/1969
MELFI CHRISTIAN N. IL 12/08/1963
FINIZIO FRANCESCO N. IL 18/01/1955
LORITO GIULIANO N. IL 25/02/1948

avverso la sentenza n. 852/2008 CORTE APPELLO di SALERNO,
del 17/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ROBERTO
ANIELLO
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione per quanto riguarda il capo B, inammissibilità nel resto
di tutti i ricorsi.

Udito il difensore Avv. ANTONELLA LEOPIZZI in sostituzione
degli avv.ti MARCO SALERNO e SERGIO LUCERI, la quale si
riporta ai motivi dei ricorsi e ne chiede l’accoglimento

Data Udienza: 28/03/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17 febbraio 2012, la Corte di appello di Salerno, sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale i‘ sede appellata dagli
imputati Memoli Luigi, Lorito Giuliano, Finizio Francesco, Melfi Christian, Faggioli
Vincenzo, De Simone Antonio, Landi Oreste, Casaburi Raffaele, Luciano Antonio e
Restano Amerigo, assolveva Memoli e Faggioli dal reato di cui al capo F) per non
aver commesso il fatto; riconosceva a Faggioli le attenuanti generiche, prevalenti
riconosciute attenuanti generiche e per l’ effetto riduceva la pena ai medesimi
inflitta ad anni cinque mesi nove di reclusione e novecento euro di multa;
concedeva a Landi, Melfi e Restano il beneficio della non menzione della condanna
sul certificato penale; sostituiva la pena detentiva inflitta a Lorito con la
corrispondebte sanzione della multa di C 4.560. Confermava nel resto la sentenza
impugnata con la quale:
Faggioli, Casaburi, De Simone, Finizio, Luciano, Landi, Melfi e Restaino erano stati
dichiarati colpevoli (capo A) del reato di cui all’ art. 416 cod. pen. per essersi
associati (Faggioli, De Simone e Finizio quali promotori e organizzatori, gli altri
come partecipi) allo scopo di commettere più delitti contro le persone, il patrimonio
ed in particolare quelli concernenti l’ esercizio abusivo di attività di gioco,
scommesse e concorsi pronostici clandestini, con aggravante di cui alli art. 7 L.
575/75 per Faggio”, per aver commesso il fatto mentre era sottoposto alla misura
della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;
Faggioli Casaburi, Finizio, De Simone e Luciano (capo B) del reato di cui agli artt.
81 cpv., 110, 112 nn. 1 e 2 cod. pen., 4 c. 1, 4-bis, 4-ter legge n. 401/89, art. 7 I.
203/91 per avere organizzato in concorso fra loro abusivamente scommesse e
pronostici su attività sportive gestite dal CONI, in particolare sui campionati di
calcio italiani ed europei anche per via telefonica e telematica, con l’ aggravante di
aver commesso i fatti al fine di avvantaggiare associazione criminale di tipo mafioso
riconducibile a Faggio!’ ed avvalendosi delle condizioni di appartenenza alla detta
associazione;
Faggioli e Finizio (capo C) del reato di cui agli artt. 81 cpv. 110, 629 c. 1 e 2 cod.
pen. in relazione all’ art. 628 c. 3 nn. 1 e 3 cod. pen., 7 I. 203/91 per avere con
minacce costretto Ferrara Luca e D’ Amico Fabio a consegnare ciascuno dodici
cambiali da C 1.000,00, per complessivi C 24.000,00 con il pretesto di aver
ricaricato una card telematica per importo di C 24.000,00 consegnata dalla società
austriaca STAR PRICE, esercente attività di gioco, scommesse e concorso pronostici
dopo aver raccolto senza autorizzazione scommesse per detta società, con l’
aggravante di aver commesso il fatto in più persone riunite avvalendosi delle
condizioni di appartenenza ad associazione criminale di tipo mafioso diretta dallo

sull’ aggravante di cui alli art. 629 cpv. cod. pen., e a Finizio la prevalenza delle già

te.

stesso Faggioli nonché per quest’ ultimo con l’ aggravante di cui alli art. 7 I.
575/65;
Faggioli (capi D ed E) per il reato di cui all’ art. 5 I. 31.5.65 n. 575 per essere
contravvenuto agli obblighi inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale con obbligo di soggiorni nel territorio comunale di Salerno, essendosi
recato il 21.2.2004 in Somma Vesuviana e il 15.5.2004 in Castellammare di Stabia;
Memoli Luigi (capo F) per il reato di cui agli artt. 110, 56, 610 cpv. cod. pen. e 7 I.
Landi, Lorito, Restaino (capo H) per il reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 4
comma 1, 4-bis e 4-ter I. 401/89 per aver organizzato abusivamente scommesse e
pronostici su attività sportive gestite dal CONI in particolare sui campionati di calcio
professionisti italiani e sul campionato europeo di calcio e per aver organizzato al
fine di accettare, raccolto e comunque favorito l’ accettazione e la raccolta di
scommesse e pronostici anche per via telefonica e telematica, senza autorizzazione,
raccolte e prenotazioni accettate dalle società straniere STAR PRICE e GOLD BET;
ed erano stati condannati Casaburi (esclusa per il capo A l’ aggravante del comma 5
dell’ art. 416 cod, pen. e per il capo B quella di cui all’ art. 112 n. 2 cod. pen.),
ritenuta la continuazione, alla pena di due anni di reclusione; De Simone (esclusa
per il capo A l’ aggravante del comma 5 dell’ art. 416 cod. pen.) concesse le
attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena di due anni e sei mesi di
reclusione; Luciano (esclusa per il capo A l’ aggravante del comma 5 dell’ art. 416
cod, peri. e per il capo B quella di cui all’ art. 112 n. 2 cod. peri.), riconosciute le
attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena di un anno e tre mesi di
reclusione; Landi (esclusa per il capo A l’ aggravante del comma 5 dell’ art. 416
cod, pen.) concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla pena di
un anno e un mese di reclusione; Melfi (esclusa per il capo A l’ aggravante del
comma 5 dell’ art. 416 cod, pen.) concesse le attenuanti generiche e ritenuta la
continuazione, alla pena di un anno di reclusione; Lorito, concesse le attenuanti
generiche, alla pena di quattro mesi di reclusione; Restaino (esclusa per il capo A l’
aggravante del comma 5 dell’ art. 416 cod, peri.) concesse le attenuanti generiche
e ritenuta la continuazione, alla pena di un anno e un mese di reclusione; Memoli,
alla pena di due anni e sette mesi di reclusione;
applicava a Faggioli, Finizio, Casaburi, De Simone, Luciano, Landi, Restaino e Lorito
la pena accessoria del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni
sportive o si accettano scommesse o si tengono giochi d’ azzardo autorizzati nonché
I’ interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle società sportive per la ‘durata di
un anno; disponeva la confisca delle somme sequestrate a Lorito e delle cambiali
acquisite in atti; concedeva il beneficio della sospensione condizionale delle pene
inflitte a Luciano, Landi, Melfi, Lorito e Restaino.

203/91 per tentata violenza privata ai danni di Ferrara Luca;

La Corte territoriale, dato atto delle informazioni acquisite dall’ Autorità giudiziaria
austriaca in ordine all’ esistenza di autorizzazioni per svolgere attività di allibratore
e totalizzatore, rigettata la richiesta di declaratoria di estinzione per prescrizione del
reato di cui al capo B), osservava (pagg. 38 e segg. della sentenza) che, proprio
sulla scorta di quanto stabilito dalla Corte europea di giustizia e dalla Corte di
cassazione, doveva confermarsi che l’ attività posta in essere dagli imputati violava
le disposizioni dettate in materia, perché nessuna concessione e nessuna
Scommesse nel territorio dello Stato. Peraltro, in concreto, la sussistenza di esigenze
di ordine pubblico, volte ad impedire l’ infiltrazione della criminalità organizzata in
tale settore, risultava in maniera macroscopicaYvolta che Faggioli, condannato
quale organizzatore dell’ omonimo gruppo camorristico, si era introdotto in tale
settore utilizzando il suo carisma criminale. Dovevano in conseguenza essere
condivise le valutazioni del Tribunale in ordine alla sussistenza degli elementi
costitutivi della fattispecie di cui all’ art. 4 I. n. 401/89 a carico innanzi tutto di
Faggioli, Hnizio e De Simone, i primi due avendo anche ammesso l’ esercizio di tale
attività e De Simone essendo anche il legale rappresentante della Star Price. Le
conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione e la documentazione acquista
davano conto del loro diretto coinvolgimento nonché di quello di Casaburi e
Luciano, di Landi, Lorito e Restaino.
Quanto al delitto associativo di cui al capo A la sentenza (pagg. 53 e segg.)
evidenziava che il rapporto di De Simone con il gruppo di Faggion era evidenziato
dal contenuto delle conversazioni telefoniche, specificamente citate, che davano
conto anche del rapporto di diretta conoscenza anche con Casaburi Raffaele. Non
era quindi condivisibile la tesi difensiva secondo la quale De Simone aveva stipulato
un regolare rapporto contrattuale con Faggioli, anche perché non diretto alla
convenzione di attività lecite e stipulato nella consapevolezza del gruppo che
ruotava attorno a Faggioli, per la diretta conoscenza pure di Finizio e della
consapevolezza del contributo causale da ciascuno prestato al perseguimento delle
finalità conseguite. Finizio non veniva estromesso, ma il rapporto con lui era
sottoposto alla mediazione di Faggioli. Nel contesto associativo, che vedeva come
promotori e organizzatori De Simone, Faggioli e Finizio, si inserivano come partecipi
Casaburi e Luciano con compiti di diretta esecuzione delle disposizioni di Faggioli e
di collegamento con vari centri di raccolta di scommesse, compito quest’ ultimo
condiviso anche da Landi e Restaino.
Quanto al delitto di estorsione ai danni di Ferrara Luca (capo C; pagg. 65 e segg.),
la sentenza dava conto delle ragioni per le quali aveva condiviso la valutazione di
attendibilità (estrinseca ed intrinseca) del dichiarato della persona offesa, sentita a
norma dell’ art. 197-bis cod. proc. pen., e dell’ esistenza di elementi di riscontro

autorizzazione erano state chieste alle autorità italiane per effettuare la raccolta di

individualizzanti rinvenuti

nelle conversazioni oggetto di

intercettazione

partitamente esaminate nonché nei documenti acquisiti costituiti dalle cambiali
sottoscritte da Ferrara. Era provata anche la sussistenza dell’ aggravante, a carico
del solo Faggioli, di cui all’ art. 7 L. 575/65.
Quanto al delitto di tentata violenza privata (capo F, pagg. 78 e segg.) la conferma
della sentenza del Tribunale doveva essere limitata alla sola posizione di Finizio
(quale mandante), posto che le dichiarazioni accusatorie della persona offesa
pen.) avevano trovato elementi esterni di riscontro (desunti da conversazione
telefonica oggetto di intercettazione) esclusivamente per lui.
Quanto ai reati di cui ai capi D ed E, la prova era costituita dalle dichiarazioni del
teste Ciardella Donato che aveva riferito degli accertamenti effettuati in ordine alla
localizzazione del telefono cellulare in uso a Faggioli e dalla dimostrazione (desunta
dal traffico telefonico) che nelle date indicate effettivamente chi usava il cellulare
era lo stesso ricorrente.
Quanto all’ aggravante di cui all’ art. 7 I. 203/91, la rassegna degli elementi
probatori acquisiti ed esaminati dava conto della sua sussistenza.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei
rispettivi difensori, che ne hanno chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
1) Faggioli Vincenzo (avv. Sergio Luceri): inosservanza dell’ art. 4 commi 1, 4-bis
e 4-ter I. n. 401/89 nonché inosservanza dell’ art. 5 cod. pen. e correlata illogicità

della motivazione quanto alla valutazione delle dichiarazioni a sfondo collaborativo
rese dal ricorrente sul punto della non consapevolezza dell’ illiceità dell’ attività di
raccolta delle scommesse da lui svolta; – violazione degli artt. 629 ovvero 393 cod.
pen. nonché inosservanza dell’ art. 5 cod. pen. e correlata illogicità della
motivazione quanto alla valutazione delle dichiarazioni a sfondo collaborativo rese
dal ricorrente sul punto della non consapevolezza dell’ illiceità dell’ attività di
raccolta delle scommesse da lui svolta;
2) Casaburi Raffaele e Luciano Antonio (avv. Stefano Sorrentino) a norma dell’ art.
606 c. 1 lett. e) e c) cod. proc. pen.

– per mancanza di motivazione ed

inosservanza dell’ art. 546 cod. proc. pen.; – per inosservanza

o erronea

applicazione della legge penale in ordine agli artt. 43 e 5 cod. pen.; – per
inosservanza o erronea applicazione della legge n. 401/89 art. 4 commi 1, 4-bis, 4ter anche in correlazione con gli artt. 53 e 49 del trattato CE; – per violazione dell’
art. 192 cod. proc. pen. innanzi tutto perché la sentenza impugnata ha omesso
qualsiasi rivalutazione della vicenda essendosi limitata a rimandare nel merito alle
valutazioni del giudice di prime cure, senza quindi assolvere all’ onere
motivazionale, in particolare in relazione alla questione (oggetto di doglianza con l’
appello) sulla sussistenza dell’ elemento soggettivo, tenuto conto delle

Ferrara Luca (sentito anche per tale reato a norma dell’ art. 197-bis cod. proc.

complicatissime questioni di diritto, la cui soluzione ha impegnato la stessa Corte di
appello, tanto da rendere scusabile l’ ignoranza incolpevole della natura di illecito
penale. Inoltre la stessa prospettazione interpretativa della Corte non è univoca e
presta il fianco a molteplici perplessità.
3) De Simone Antonio (avv. Stefano Sorrentino):
– violazione art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 43, 49
trattato CE, art. 530 cod. proc. pen. perché la sentenza impugnata non ha risolto
italiana e i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi stabiliti
dal Trattato. L’ aspetto analizzato dalla Corte di appello rappresenta un filone
minoritario, che non ha tenuto conto di quello prevalente “disapplicativo”, che ha
recepito i principi di diretta applicabilità delle normative comunitarie, con
conseguente efficacia paralizzante del diritto comunitario sulle norme penali
nazionali;
– violazione dell’ art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 416
e 110 cod. pen. perché nel caso di specie al preventivo accordo De Simone Faggio!’ per incrementare il gioco, hanno fatto seguito singoli episodi, singoli
comportamenti. Il che sostanzia il concorso nel reato continuato e non il delitto
associativo.
4) Melfi Christian (avv. Michele Sarno):
– erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione in ordine
alla ritenuta sussistenza di colpevolezza rispetto ad eventuale contributo apportato
all’ associazione, in quanto mero dipendente, la diversa valutazione della Corte di
merito essendosi fondata solo su una telefonata il cui contenuto è stato analizzato
con motivazione scarna ed illogica;
– erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione in ordine
alla ritenuta illiceità dell’ attività di raccolta scommesse attraverso società estere
debitamente autorizzate nel paese di origine facente parte della Comunità Europea.
5) Finizio Francesco (avv. Marco Salerno):
– violazione dell’ art. 606 lett. e) cod. proc. pen.

per avere il giudice territoriale

riconosciuto al Finizio il ruolo di organizzatore o promotore del sodalizio criminoso,
dedito alla scommesse on line di cui al capo A dell’ imputazione sulla base di
motivazione meramente apparente o manifestamente illogica

in

ordine alla

conoscenza da parte del ricorrente dello spessore criminale di Faggioli; alli assenza
di elementi di prova dai quali inferire la partecipazione agli utili e ai processi
decisionali, essendo al contrario risultato il ruolo di mero gestore del centro di
raccolta scommesse; all’ assenza di riscontri rispetto all’ assunto della sua
autonomia decisionale per lo sviluppo di altri centri di scommessa; al valore da
attribuire al dato incontrovertibile che Finizio avesse, prima di Faggioli, rapporti

la fondamentale questione determinata dall’ evidente contrasto tra la normativa

diretti con Star Price. Ciò che si chiede in questa sede di legittimità è la verifica
della correttezza del ragionamento probatorio e dell’ impiego dei criteri d’ inferenza
da parte dei giudici di merito;
– violazione dell’ art. 606 lett. b) cod. proc. penj in relazione all’ art. 4 commi 1,
4-bis e 4-ter I. 401/89 per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato tale
normative in relazione agli art. 43 e 49 del Trattato CE secondo quanto stabilito
dalla Corte di giustizia europea per la quale “uno Stato membro non può applicare
allorché l’ adempimento di tale formalità sia rifiutato o reso impossibile dallo Stato
membro interessato in violazione del diritto comunitario”. La soluzione adottata
dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto di superare tali considerazioni sulla base
dell’ accertamento in concreto di finalità di tutela di ordine pubblico, non tiene conto
della circostanza che la normativa interna in materia prescinde da controlli o
verifiche in tal senso sotto il profilo della sicurezza pubblica, della prevenzione dei
reati o dell’ impedimento di infiltrazioni della criminalità organizzata. Al contrario
essa opera una vera e propria discriminazione nei confronti degli operatori esteri,
realizzando una situazione di monopolio che contrasta con i principi di libertà di
stazionamento e la libera prestazione di servizi. La Corte territoriale, pur avendo
acquisito la certificazione attestante la sussistenza delle necessarie autorizzazioni
per l’ esercizio di attività di scommesse in capo alle società incriminate, ha
ugualmente emesso giudizio di colpevolezza;
– violazione dell’ art. 606 lett. c) cod. proc. pen.

per avere il giudice territoriale

violato le regole di valutazione probatoria di cui alli art. 192 cc. 3 e 4, 197-bis cod.
proc. pen. per avere ritenuto sussistenti i reati di cui ai capi C ed F sulla base di
motivazione manifestamente illogica ed apparente, in particolare, in relazione alla
valutazione di attendibilità di Ferrara, per aver trascurato di considerare “il
differenziale dichiarativo” tra il narrato nella fase delle indagini e quello
dibattimentale e tra quest’ ultimo e quello di altre prove dichiarative dalle quali è
risultato che Ferrara aveva accumulato un debito rilevante nei confronti del Faggioli
per avere impegnato le somme incassate per scommettere a sua volta (perdendo
così quanto incassato), debito che Fazio aveva dovuto garantire con propri assegni
(circostanza che fra l’ altro dimostra l’ insussistenza di un rapporto paritario fra
Finizio e Faggioli ed anzi, per come palesato da una lettura complessiva degli
elementi probatori acquisiti ed esaminati, la dimostrazione di una posizione
subalterna di Finizio);
– violazione dell’ art. 606 lett. b) cod. proc. pen.

in relazione al capo C dell’

imputazione in ordine alla sua qualificazione giuridica, per la liceità della causa
petendi in riferimento alla richiesta di rilasciare cambiali per importo corrispondente

al debito maturato;

una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalità amministrativa,

- violazione dell’ art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.

per avere la Corte

territoriale erroneamente ritenuto sussistente l’ aggravante di cui all’ art. 7 I.
203/91 senza fornire idonea giustificazione, perché essa è fondata sul solo
presupposto che il ricorrente e gli altri coimputati abbiano tratto vantaggio dalla
caratura criminale di Faggioli, senza fornire tuttavia una prova oggettiva e senza
mettere in luce i concreti tratti esteriori del comportamento criminoso idonei a
connotare l’ ascrizione dell’ aggravante in capo al Finizio.
– violazione dell’ art. 606 lett. b) cod. proc. pen.

per inosservanza o erronea

applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta insussistenza dei
presupposti per dichiarare l’ estinzione del reato per maturate prescrizione;
– violazione dell’ art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per vizio di motivazione anche in
considerazione del nuovo arresto giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’
Unione Europea sez. IV con decisione del 16 febbraio 2012, per non avere la
sentenza impugnata considerato che le scommesse venivano effettuate tramite
canali pubblici e leciti quali la società Western Union che provvedeva a rilasciare
copia delle transazioni monetarie, al di fuori del suo inserimento nella contestata
associazione criminale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Questione preliminare, comune alla quasi totalità dei ricorsi, è quella attinente
all’ accertamento se le norme di cui alla legge n. 401/89 confliggono con gli artt.
43 e 49 del trattato CE.
Sul punto questa Corte di cassazione, a sezioni unite, con sentenza del 26.4.2004
n. 23271 ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. 4 della legge 13 dicembre
1989 n. 401, ed in particolare quelle di cui al comma 4 bis del citato articolo, che
sanzionano lo svolgimento di attività organizzata per l’ accettazione e la raccolta
anche per via telefonica e telematica di scommesse o per favorire tali condotte in
assenza di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell’art. 88 del R.D. 18
giugno 1931 n. 773, non sono in contrasto con i principi comunitari della libertà di
stabilimento (art. 43 Trattato UE) e della libera prestazione dei servizi all’interno
dell’Unione europea (art. 49), atteso che la normativa nazionale persegue finalità di
controllo per motivi di ordine pubblico idonee a giustificare, ai sensi dell’art. 46 del
Trattato, le restrizioni nazionali ai citati principi comunitari. (Conf. Cass. Sez. Un.
26 aprile 2004, dep. 18 maggio 2004 n. 23272,Poce e n. 23273, Gesualdi ed altri,
non massimate)
Vero è che, con successiva pronuncia del 28.3.2007 n. 18040, la sez. 3^ di questa
Corte ha precisato che in tema di attività organizzata per l’ accettazione e la
raccolta di scommesse operata per conto di società quotate aventi sede in altro

6) Lorito Giuliano (avv. Guglielmo Scarlato):

Stato membro, al fine di valutare la configurabilità o meno del reato di cui all’art. 4
L. 13 febbraio 1989 n. 401, e successive modificazioni, il giudice deve verificare se
la società in questione possieda le necessarie autorizzazioni nell’altro Stato
membro, soltanto in assenza delle quali viene integrato il reato.
Si osserva, in conformità a quanto stabilito da questa Corta (Cass. Sez. 3,
12.1.2012 n. 7695) che l’assunto dei ricorrenti si fonda sulla premessa che
“l’intermediario che agisce in Italia per conto di un bookmaker straniero, non deve

delegante sia munito di regolari titoli abilitativi nel Paese di origine, in quanto il
preventivo

rilascio

dell’autorizzazione di polizia costituirebbe una limitazione del diritto di stabilimento.
L’assunto non può essere condiviso. Anzitutto esso non è avallato dalla sentenza
Placanica e dalle altre che l’hanno preceduta. Anzi è contraddetto dalle stesse.
Invero la Corte di Giustizia europea ha sempre riconosciuto che le limitazioni al
diritto di stabilimento o di prestazione dei servizi sono legittime se dettate da
ragioni di ordine pubblico,da ragioni sociali o da tutela del consumatore e se sono
adeguate e proporzionate. Sono illegittime le restrizioni giustificate da ragioni
economiche o prive di adeguata giustificazione. Il controllo effettuato all’estero non
è sufficiente a garantire la serietà professionale dell’intermediario che opera in
Italia. Opinando diversamente, qualsiasi pregiudicato potrebbe assumere la veste di
intermediario senza sottoporsi ad alcun controllo di polizia. La sentenza Placanica e
le altre che l’hanno preceduta non affermano assolutamente che l’intermediario
debba essere dispensato da qualsiasi controllo allorché il delegante sia munito nel
Paese di origine di titoli abilitativi idonei. La normativa interna che prevedeva e
prevede per l’attività di raccolta di scommesse o per l’organizzazione di giochi
d’azzardo , non solo il previo rilascio da parte dei ministeri o di altri enti facoltizzati
dalla legge di una concessione,ma anche di un’ autorizzazione di pubblica sicurezza
ex R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88, non è stata in passato ritenuta in
contrasto con il diritto comunitario per la richiesta del doppio titolo abilitativo,in
quanto tale, ma per le concrete modalità applicative, ritenute in alcuni casi
discriminatorie: per esempio, allorché si è impedito a società di capitali di
partecipare alle gare per l’assegnazione delle concessioni per l’anonimità delle
azioni o si è negata all’intermediario l’autorizzazione di cui all’articolo 88 solo
perché il delegante non aveva potuto partecipare alla gara,come società di capitali
con azionariato anonimo.”
Nel caso in esame la Corte territoriale ha correttamente rilevato che l’
autorizzazione ex art. 88 RD n. 773 del 1931 non è stata neppure richiesta, in piena
conformità ai principi ribaditi di recente da questa Corte di cassazione (sez. 2,
16.12.2012 n. 42376) che, passate in rassegna le regole interpretative dettate in

4»\

richiedere la licenza di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88 allorché il

materia dalla Corte di Giustizia (di recente con sentenza del 16.2.2012, Costa
Cifone, cause riunite C-72/10 e C-77/10 che ha confermato la possibilità di
restrizione alla libertà di stabilimento per motivi imperativi di interesse generale fra
I quali quelli di prevenzione di turbative dell’ ordine sociale in generale) ha ribadito
che costituisce ipotesi rilevante dal punto di vista penale quella nella quale “il
soggetto, già abilitato all’ estero alla raccolta di scommesse, agisca in Italia tramite
collaboratori o rappresentanti che non hanno chiesto alle autorità nazionali le
autorizzazioni e quindi l’ insussistenza di un provvedimento di diniego hanno
impedito la verifica dell’ illegittimità di ragioni di esclusione perché in violazione dei
principi posti dagli artt. 43 e 49 del Trattato CE.
2. L’ altro motivo di ricorso (comune a Faggioli, Casaburi e Luciano), che denuncia
violazione dell’ art. 5 cod. pen. per come integrato dalla sentenza della Corte
Costituzionale, è inammissibile, perché proposto in violazione dell’ art. 606 c. 3 cod.
proc. pen. che così sanziona l’ ipotesi in cui la denuncia di violazione di legge non
sia stata proposta con i motivi di appello. Né ricorrono le condizioni di cui al
successivo art. 609, non essendo la questione rilevabile d’ ufficio, implicando
considerazioni che attengono al merito, per l’ accertamento dell’ inevitabilità dell’
ignoranza, in particolare con riferimento ai “dati soggettivi attinenti alle conoscenze
e alle capacità dell’ agente, che avrebbero potuto consentire al medesimo di non
incorrere nell’ error iuris” (cfr. Cass. Se. 6, 22.6.2011 n. 43646).
3. La denuncia di omessa motivazione in relazione alla sussistenza dell’ elemento
soggettivo (ricorsi di Faggioli, Casaburi e Luciano) sono infondati.
A tal fine vale rammentare il riferimento al carisma criminale di Faggioli (pag. 45
della sentenza impugnata).
Le deduzioni difensive, sviluppate in relazione alla buona fede dei ricorrenti,
asseritamente convinti di operare lecitamente per conto di società estera
debitamente autorizzata nel paese di origine, sono anch’ esse infondate.
A tal proposito va rammentato che la scusabilità dell’ignoranza della legge penale,
può essere invocata dall’operatore professionale di un determinato settore solo ove
dimostri, da un lato, di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità
competenti i chiarimenti necessari e, dall’altro, di essersi informato in proprio,
ricorrendo ad esperti giuridici, così adempiendo il dovere di informazione (Cass.
Sez. 3, 5.4.2011 n. 35694). Occorre cioè che il soggetto agente, che svolga
professionalmente una attività nel settore di interesse, dimostri che o da un
comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo, pacifico
orientamento giurisprudenziale, abbia potuto trarre il convincimento della

necessarie autorizzazioni”. Nel caso in esame la mancanza di richiesta di

correttezza dell’interpretazione normativa e, quindi, della liceità del comportamento
tenuto, essendo per costui particolarmente rigoroso il dovere di informazione sulla
legislazione in materia (Cass. Sez. 4, 15.7.2010 n. 32069).
Nel caso in esame la condotta addebitata risale al febbraio-agosto 2004, in
coincidenza con la pronuncia della sentenza di questa Corte a sezioni unite (già
richiamata, anche nella sentenza impugnata) il cui intervento fu determinato per
rispondere al seguente quesito: “Se a seguito della sentenza della Corte di Giustizia
legge 13 dicembre 1989 n. 401, introdotto dall’art. 37, comma 5, della L. 23
dicembre 2000, n. 388, che sanziona penalmente l’attività di chi svolga in Italia
attività organizzata di accettazione, raccolta, prenotazione, anche per via telefonica
o telematica, di scommesse di qualsiasi genere, da chiunque accettate in Italia o
all’estero, in assenza di concessione, autorizzazione o licenza, debba essere
disapplicato dal giudice italiano, in quanto in contrasto con la normativa
comunitaria sulla libertà di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi
all’interno del territorio dell’Unione Europea”.
Proprio attraverso l’ analisi della sentenza Gambetti e dei principi in essa affermati,
il Giudice di legittimità era pervenuto al convincimento che le disposizioni di cui
all’art. 4 della legge 13 dicembre 1989 n. 401, ed in particolare quelle di cui al
comma 4 bis del citato articolo che sanzionano lo svolgimento di attività
organizzata per la accettazione e raccolta anche per via telefonica e telematica di
scommesse o per favorire tali condotte in assenza di concessione, autorizzazione o
licenza ai sensi dell’art. 88 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, non sono in contrasto
con i principi comunitari della libertà di stabilimento (art. 43 Trattato UE) e della
libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione europea (art. 49), atteso che la
normativa nazionale persegue finalità di controllo per motivi di ordine pubblico
idonee a giustificare, ai sensi dell’art. 46 del Trattato, le restrizioni nazionali ai citati
principi comunitari.
La Corte territoriale non si è sottratta alla verifica in concreto e la mancata richiesta
dell’ autorizzazione di polizia a norma dell’ art. 88 TULPS è stata valorizzata in
relazione alla scelta di De Simone di avvalersi, per l’ esercizio della gestione delle
scommesse, della capacità organizzativa di Faggioli, noto per la sua caratura
criminale, della quale era consapevole anche Finizio e gli altri compartecipi, come
motivatamente spiegato dalla sentenza impugnata.
4. Il secondo motivo di ricorso nell’ interesse di De Simone, che denuncia
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’ art. 416 cod. pen., perché
I’ ipotesi andava piuttosto ricondotta al concorso nel reato continuato ex art. 110
cod. pen., è inammissibile per genericità.

delle Comunità Europee 6.11.2003 in causa Gambetti, l’art. 4, comma 4 bis, della

Precisato che è configurabile il concorso tra il reato di associazione per delinquere e
il reato di esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa giacché
quest’ultimo, non necessitando di una stabile struttura e predisposizione di uomini e
mezzi e non richiedendo necessariamente la partecipazione di una pluralità di
soggetti, non si pone in rapporto di specialità rispetto al primo (Cass. Sez. 3,
11.01.2011 n. 6571), la sentenza impugnata ha diffusamente analizzato il sistema
organizzativo realizzato tramite la predisposizione di mezzi e l’ attribuzione dei

i soggetti coinvolti e ì risultati delle perquisizioni e sequestri.
La critica del ricorrente è proposta in violazione dell’ art. 581 lett. c) c.p.p., che
impone che ogni richiesta sia giustificata dall’ indicazione specifica delle ragioni di
diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione
sanzionata con l’ inammissibilità dall’ art. 591 c. 1 lett. c) c.p.p.

5. Il primo motivo di ricorso nell’ interesse di Finizio Francesco, che denuncia
motivazione meramente apparente o manifestamente illogica per la parte in cui la
sentenza impugnata gli ha attribuito il ruolo di organizzatore o promotore dell’
associazione per delinquere di cui al capo A, è inammissibile perché con V appello la
questione non era stata specificamente proposta;
5.1. è inammissibile per la parte in cui (dopo un incidentale e quindi generico
addebito di travisamento della prova) addebita alla sentenza impugnata di aver
violato le regole inferenziali e della logica, perché deduce il convincimento di
responsabilità dalla semplice premessa fattuale di aver messo in contatto Faggioli
con De Simone senza motivazione alcuna in ordine alla conoscenza pregressa del
ricorrente in ordine allo spessore criminale di Faggioli, perché non indica in qual
modo e se la questione fosse stata posta con l’ appello, in modo da consentire in
questa sede di verificare la denunciata omessa motivazione;
5.2. è ancora infondato per la parte in cui denuncia omessa risposta a memoria
difensiva depositata nel giudizio di appello, con la quale si era rappresentato l’
insussistenza di prova sulla sua partecipazione agli utili e ai processi decisionali,
perché non sono invocabili i principi interpretativi dettati dalla sentenza SS.UU.
2003 nel procedimento Andreotti, che riguardavano la diversa ipotesi in cui in primo
grado vi era stata assoluzione. Nel caso in esame l’ imputato ha proposto appello. I
motivi nuovi vanno proposti a pena di decadenza quindici giorni prima dell’ udienza
(art. 585 cc. 4 e 5 cod. proc. pen.) e comunque presuppongono che l’ appello sia
stato proposto in maniera non inammissibile, mentre al contrario dalla lettura di
tale atto risulta la sua genericità, perché in violazione dell’ art. 581 lett. c) c.p.p.,
che impone che ogni richiesta sia giustificata dalli indicazione specifica delle ragioni

ruoli, attraverso l’ analisi del contenuto delle conversazioni telefoniche intercorse fra

di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione
sanzionata con l’ inammissibilità dall’ art. 591 c. 1 lett. c) c.p.p.;
5.3. è infondato per la parte in cui afferma non esservi riscontro alla circostanza
che il ricorrente poteva autonomamente sviluppare altri centri di scommesse,
perché tale critica attiene alla parte espositiva della sentenza impugnata (lo stesso
ricorrente richiama le pagg. 7-8, dedicate alla relazione sintetica della motivazione
della sentenza di primo grado) e quindi si risolve a critica alla sentenza del
indicato specificamente con quale motivo di gravame tale doglianza sarebbe stata
rappresentata, non può in questa sede essere esaminata perché preclusa in
ossequio alla regola di devoluzione di cui all’ art. 597 c. 1 cod. proc. pen.;
5.3. ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine alle successive doglianze,
anche esse precluse, perché non risultano essere state oggetto di deduzione,
ovvero perché esplicitamente indicate essere state oggetto di doglianza (tardiva)
con memoria difensiva.
6. Il terzo motivo di ricorso nell’ interesse di Finizio Francesco, che ha ad oggetto i
reati di estorsione (capo C) e tentata violenza privata (capo F), denuncia violazione
delle regole di valutazione probatoria di cui all’ art. 192 cc. 3 e 4 cod. proc. pen, e
motivazione manifestamente illogica o apparente, ma ancora assume come tertium
comparationis, al fine di far rilevare i denunciati vizi, la memoria difensiva

depositata a sostegno dell’ impugnazione, che è inammissibile per le ragioni già
illustrate nel paragrafo precedente. Con l’ appello nessuna doglianza specifica era
stata sollevata in relazione a tali capi.
Comunque la sentenza ha dato conto del convincimento di attendibilità intrinseca
richiamando gli elementi di riscontro costituiti dalle telefonate intercettate e
riportate. Per questo profilo non c’ è critica specifica. Per altro verso dagli elementi
di prova, oggetto di nuova (tardiva) deduzione, pretende in questa sede, di
ottenere una ulteriore, e non consentita valutazione di merito in ordine all’
insussistenza dell’ associazione per delinquere ovvero del suo ruolo di promotoreorganizzatore al pari di Faggioli.
7. L’ ulteriore motivo di ricorso, nell’ interesse sia di Finizio che di Faggioli, che
denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica, muove dal
presupposto che la pretesa di ottenere da Ferrara la restituzione della somma fosse
azionabile dinanzi al giudice, presupposto che nel caso difetta, per le ragioni già
esposte al par. 1.

Tribunale, che avrebbe dovuto essere oggetto di appello. Non avendo il ricorso

8. L’ ultimo motivo di ricorso nell’ interesse di Finizio, con il quale si denuncia
violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento della ritenuta aggravante d
cui all’ art. 7 d.l. 152/91 sotto il profili del difetto di consapevolezza da parte del
ricorrente di favorire con la sua condotta l’ associazione di stampo mafioso
(camorra) riconducibile a Faggioli è inammissibile, perché la questione non era
stata oggetto di devoluzione con appello.

della legge penale ed illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza
di consapevolezza del ruolo apportato all’ associazione criminale, è fondato. La
sentenza dà- conto della posizione di Melfi, in ordine al reato associativo, a pag. 15,
allorché riporta in sintesi le motivazioni della sentenza di primo grado. Nella parte
motivazionale (in particolare quella relativa al delitto di cui all’ art. 416 cod. peri,pagg. 53 e segg.- unica imputazione addebitata a Melfì) non vi è alcun riferimento
alla sua posizione. A pag 52- 53 la sentenza prende in considerazione telefonate in
cui Melfi è interlocutore, ma al solo fine di giustificare la valutazione di
responsabilità di Restaino nel reato fine di cui all’ art. 4 I. 401/89.
Si impone quindi l’ annullamento con rinvio alla Corte di appello di Napoli, perché,
nella piena liberta di valutazione propria del giudice di merito, colmi il rilevato vuoto
motivazionale.
9. Ricorso nell’ interesse di Lorito Giuliano.
9.1. Il secondo motivo di ricorso è infondato. La sentenza valuta la sua posizione a
pag. 50 e considera a suo carico la conversazione del 26.8.2004 con Luciano
Antonio, dimostrativa del fatto che esercitava abusivamente l’ attività di raccolta
delle scommesse. A nulla rileva che si avvalesse dei dati rilevati tramite intemet su
siti dedicati, perché (come asseverato anche dalla documentazione a lui
sequestrata) l’ attività di raccolta del danaro finalizzato alle scommesse era da lui
gestita e organizzata, senza alcuna autorizzazione.
9.2. L’ ulteriore motivo di ricorso, che denuncia inosservanza o erronea applicazione
della legge penale in relazione agli artt. 157 e 159 cod. pen., è in conseguenza
fondato, perché a prescindere dall’ erroneità della motivazione della sentenza
impugnata in ordine alla sospensione della prescrizione durante il periodo di rinvio
giustificato non solo dall’ impedimento del difensore ma anche da quello del perito,
il reato si è comunque prescritto almeno a far data dal 20 giugno 2012. In
conseguenza si impone l’ annullamento senza rinvio per quel che concerne la
posizione del ricorrente.

4»m-

8. Il primo motivo di ricorso di Melfi Christian, che denuncia erronea applicazione

10. L’ estinzione per prescrizione sussiste anche per il capo B, perché è più
favorevole la disciplina vigente all’ epoca di consumazione del reato, che è
antecedente alla legge 251/2005 (normativa che ha modificato gli artt. 160 u.c. e
161. c. 1 cod. pen. in senso deteriore perché per i delitti aggravati ex art. 7 di
152/91 -inclusi nell’ elenco dell’ art. 51 c. 3-bis cod. pen._ per effetto di ogni atto
interruttivo la prescrizione comincia nuovamente a decorrere per intero).
A norma del previgente art. 157 c. 1 n. 5) cod. pen., essendo la pena massima
aumentata della metà per l’ art. 7 DL 152/91), la prescrizione ordinaria è di cinque
anni, da aumentarsi fino alla metà (art. 160 c. 3 cod. pen.) senza alcuna disciplina
particolare in riferimento ai reati di cui all’ art. 51 c. 3-bis cod. proc. pen.; va
ribadito che per le condotte commesse fino all’8 dicembre 2005, data di entrata in
vigore della legge n. 251 del 2005, é applicabile la previgente disciplina della
prescrizione, ove più favorevole (cfr. Cass. Sez. 3, 21.2.2012 n. 10974).
Ad analoghe conclusione deve pervenirsi per i reati di cui ai capi D ed E (per i quali
non è contestata l’ aggravante di cui all’ art. 7 DL ci.), addebitati al solo Faggioli,
potto che il delitto di cui all’ art. 5 L. n. 575 del 1965 e punito con pena massima di
cinque anni di reclusione e che per tale reato è più favorevole la disciplina
sopravvenuta.
Segue l’ eliminazione delle pene inflitte in aumento per la continuazione, secondo
quanto risultante dalla sentenza di primo grado e da quella di appello ed indicato in
dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Melfi Christian, con rinvio alla Corte
di appello di Napoli per nuovo giudizio;
annulla la sentenza impugnata senza rinvio per prescrizione nei confronti di Lorito
Giuliano relativamente al capo H) e nei confronti di Faggioli Vincenzo, Finizio
Francesco, De Simone Antonio, Casaburi Raffaele e Luciano Antonio relativamente
al reato di cui al capo B), nonché nei confronti di Faggioli anche per i reati di cui ai
capi D) ed E), con eliminazione delle relative pene applicate in aumento di mesi
otto di reclusione per Faggioli, di mesi due di reclusione per Finizio, di mesi sei di

reclusione per De Simone, di mesi sei di reclusione per Casaburi e di mesi tre di
reclusione per Luciano;
rigetta nel resto i ricorsi di Finizio, Faqqioli, D9 Simone. Casaburi e Luciano.

edittale inferiore a cinque anni di reclusione (tre anni ex art. 4 L. n. 410 del 1989

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