Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17079 del 31/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17079 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Ciotta Romeo, nato a Benevento il 29 luglio 1979
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli n. 6897/2015 R.I.M.C.
emessa in data 4 gennaio 2016.
Sentita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere dott. Cosimo D’Arrigo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Orsi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 gennaio 2016 il Tribunale di Napoli ha rigettato
l’istanza di riesame proposta a Romeo Ciotta avverso l’ordinanza applicativa della
misura cautelare della custodia in carcere disposta dal g.i.p. del Tribunale di Benevento per i delitti di rapina aggravata, porto abusivo di arma da fuoco e furto
aggravato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, allegando a sostegno un unico e indistinto motivo, ricondotto al paradigma dell’art. 606 lett. b) , c)
ed e) cod. proc. pen. In sostanza, il Ciotta si duole del fatto che il Tribunale avrebbe motivato in ordine all’esistenza di esigenze cautelari solo attraverso mere
clausole di stile, senza spiegare perché è apparsa inidonea la misura degli arresti
domiciliari con il c.d. “braccialetto elettronico”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
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Data Udienza: 31/03/2016

Il provvedimento impugnato, infatti, risulta congruamente motivato e si
sottrae alla censure esplicitate dall’indagato.
Va premesso, in proposito, che, in tema di esigenze cautelari di cui all’art.
274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., la pericolosità sociale dell’indagato
può essere desunta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, sia dalla
personalità dell’indagato, evidenziata congiuntamente dalle modalità del comportamento nell’esecuzione del reato e da precedenti condanne subite. Ne deriva
che, ai fini del giudizio sulla pericolosità dell’indagato, è legittima e doverosa la

le quali possono rivestire una duplice valenza e, pertanto, assumere rilievo, oltre
che sul piano della gravità del fatto, anche su quello dell’apprezzamento della
capacità a delinquere, considerato che la condotta tenuta in occasione del reato
costituisce un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità
dell’agente (Sez. 5, 24/11/2004 n. 8429 Rv. 231170).
Nella specie, i giudici di merito hanno osservato quanto segue: «nel caso
in esame proprio le modalità concrete della condotta inducono a ritenere sussistente l’esigenza cautelare in parola, ove si consideri che l’azione delittuosa è
stata posta in essere in compagnia di un complice, con i volti travisati, con l’uso
di un’arma e dopo aver rubato un’autovettura parcheggiata lungo la pubblica via: trattasi, come evidente, di dati che depongono per la preventiva programmazione dell’azione delittuosa (espressione di dolo particolarmente intenso) e per
una certa esperienza già acquistata nello specifico settore illecito. D’altra parte,
la valutazione in esame trova conforto nelle condanne già subite dall’indagato e
nei procedimenti penali attualmente in corso suo carico […] e nei suoi confronti è
stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo
di soggiorno (che, com’è noto, presuppone un giudizio di pericolosità sociale) per
la durata di anni tre. […] I dati indicati depongono, quindi, per una spiccata pericolosità sociale del prevenuto. […] Le considerazioni sopra esposte impongono di
ritenere la misura cautelare della custodia in carcere quale l’unica effettivamente
adeguata a salvaguardare le esigenze di tutela della collettività. Si è invero in
presenza di una personalità altamente trasgressiva […]. Tale allarmante quadro
impone di non poter in alcun modo fare affidamento sulle capacità di autocontrollo ed il rispetto delle prescrizioni connesse alla più tenue misura degli arresti
domiciliari, quand’anche corredata da meccanismi elettronici di controllo, da ritenere pertanto in concreto non idonea alla salvaguardia delle esigenze cautelari.
D’altra parte, tale conclusione si impone alla luce dell’atteggiamento posto in essere dall’indagato alla vista dei militari, concretizza tosi nel darsi a precipitosa fuga, dileguandosi nelle campagne circostanti la propria abitazione, con condotte
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valutazione del giudice di merito delle specifiche modalità e circostanze del fatto,

evidentemente espressiva di insofferenza ai controlli delle forze di polizia».
Si tratta di una motivazione particolarmente circostanziata e ricca di
spunti individualizzanti, ben lungi dal provvedimento stereotipato e generico del
quale si duole l’indagato.
In conclusione, i giudici di merito si sono perfettamente conformati ai
principi di diritto sopra esposti, potendosi ricavare dall’approfondita disanlina
delle modalità del fatto delittuoso decisivi elementi di valutazione circa la pericolosità sociale dell’indagato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Si provveda ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 31 marzo 2016.

Il ricorso, quindi, deve essere dichiarato inammissibile.

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