Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17077 del 17/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17077 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: TUTINELLI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAMPULLO ALFIO N. IL 26/10/1977
avverso l’ordinanza n. 2018/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
05/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
TUTINELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. fuukAr
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Uditi difensor Avv.;

dAJ A-tAitilA (ivtlimrAdub.

Data Udienza: 17/03/2016

,

Ritenuto in fatto
1.Con provvedimento in data 10 dicembre 2015, il Tribunale di Catania – in
funzione di giudice del riesame cautelare – ha rigettato il ricorso avverso
l’ordinanza che disponeva la custodia cautelare in carcere a carico dell’odierno
ricorrente, RAMPULLO Alfio, emessa in data 20 novembre 2015 dal GIP del
Tribunale di Catania.
2. L’imputazione riguarda la commissione di una rapina a mano armata e a
olto scoperto in un ufficio postale.

propria decisione sul riconoscimento fotografico effettuato da tre diverse parti
offese e sulla descrizione immediatamente offerta da una di esse.
4. In punto esigenze cautelari, il Tribunale evidenzia come le modalità della
rapina evidenzino un pericolo concreto attuale di reiterazione, confermato dal
fatto che lo stesso indagato si trovava agli arresti domiciliari al momento
dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare per un’altra rapina, con ulteriori carichi
pendenti per furto e per evasione.
5. Avverso tale provvedimento, propone ricorso per cassazione il RAMPULLO
a mezzo del proprio difensore lamentando:
5.1 Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla sussistenza di gravi indizi. In
particolare, l’indagato lamenta che l’individuazione fotografica
che costituisce elemento centrale per l’affermazione della
sussistenza di gravi indizi, è stata svolta molto tempo dopo la
commissione del reato, a circa un anno di distanza. Sul punto
contesta la presenza di un travisamento da parte del Tribunale
nel provvedimento impugnato nella parte in cui si afferma che
l’individuazione stato svolto il 16 aprile 2015 e non, come
effettivamente avvenuto, il 13 agosto 2015. Rileva inoltre che,
dal fascicolo processuale, non è dato comprendere come si è
arrivati alla sottoposizione dell’album fotografico alle parti offese
e che le stesse non hanno saputo indicare se il ricorrente
impugnasse almeno l’arma.
5.2 Manifesta illogicità della motivazione con riferimento ai criteri
di scelta della misura cautelare. Il ricorrente lamenta che non
siano state compiutamente indicate le ragioni del diniego di
applicazione di misura cautelare meno gravosa, pur
accompagnata da dispositivo elettronico di controllo, non
potendosi ritenere rilevante il fatto che l’indagato si trovasse agli
arresti domiciliari al momento dell’esecuzione dell’ordinanza; la

3. Il Tribunale del riesame, in punto sussistenza di gravi indizi, fonda la

presenza di carichi pendenti a fronte dell’incensuratezza
dovendosi fra l’altro rilevare che l’ordinanza applicativa di misura
resa nell’ambito del procedimento per evasione era stato oggetto
di un annullamento da parte del medesimo Tribunale del riesame
che aveva rilevato che la rottura del dispositivo elettroniche di
controllo connesso alla precedente misura era finalizzata a
andare via da casa stante la incompatibilità con uno dei familiari
conviventi.

6. Il ricorso è manifestamente infondato.
6.1 D primo motivo di ricorso, riguardante la tempestività e l’affidabilità del
riconoscimento fotografico, è inammissibile in quanto fondato su elementi
meramente fattuali, senza l’indicazione di significativi indici di contraddizione o
incoerenza. Va infatti ricordato che, nell’apprezzamento delle fonti di prova, il
compito del giudice di legittimità non è di sovrapporre la propria valutazione a
quella compiuta dai giudici di merito, ma solo di stabilire se questi ultimi abbiano
esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta
interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni
delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate
conclusioni a preferenza di altre (v. Cass. SU 13.12.1995 n. 930; Cass. Sez. 6,
5.11.1996 n. 10751; Cass. Sez. 1, 6.6.1997 n. 7113; Cass. 10.2.1998 n. 803;
Cass. Sez. 1, 17.12.1998 n. 1507; Cass. Sez. 6, 10.3.1999 n. 863).
Dall’affermazione di questo principio, ormai costante nel panorama
giurisprudenziale, discende che esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del
controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una
nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito,
potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'”iter”
argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato
conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la
decisione (Cass. Sez. 6, 14.4.1998 n. 1354). Per altro verso, il giudice di
secondo grado non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione
proposta dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi le ragioni che sorreggono
la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo;
ne’ l’ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze
processuali costituisce vizio di motivazione, valutabile in sede di legittimità
(Cass. Sez. 5, 6.5.1999 n. 7588).

Considerato in diritto

Nel caso di specie, i giudici del riesame hanno ritenuto assorbente il fatto
che ben tre diverse parti offese abbiano riconosciuto con certezza l’indagato.
Tale plurimo riconoscimento e le considerazioni logiche che possono desumersi
dal reciproco riscontro emergono univoche dalla motivazione del provvedimento
e non permettono di individuare alcuna contraddizione evidente. È vero che
risulterebbe esservi un errore in ordine alla indicazione della data in cui le
operazioni sono state svolte; si tratta comunque di data assai posteriore
all’avvenuta rapina, con la conseguenza che è assolutamente irrilevante la

o 13 mesi di distanza dai fatti. Assolutamente irrilevante – a fronte dei reciproci
riscontri – il fatto che l’indagato abbia tutti capelli bianchi o solo alcuni.
6.2 Con riferimento al secondo motivo di ricorso, riguardante l’illogicità della
motivazione con riferimento ai criteri di scelta della misura, deve rilevarsi che se
è vero che manca motivazione esplicita sull’idonee sulla inidoneità degli arresti
domiciliari con l’ausilio di controlli elettronici, è anche vero che vi è una
valutazione ampia e coerente delle esigenze cautelari in conseguenza della
gravità dei fatti contestati, delle modalità di commissione dei fatti, della concreta
personalità dell’indagato. Nell’esame di tale personalità si fa riferimento,
correttamente, ai carichi pendenti e al precedente per evasione. La difesa ha
depositata sentenza di assoluzione in ordine a tale contestazione. Tuttavia,
proprio la considerazione del contenuto dell’ordinanza di annullamento della
misura e della sentenza di assoluzione evidenzia che era stato lo stesso indagato
a chiedere dì andare in carcere e a rompere il dispositivo elettronico di controllo
perché non tollerava più la convivenza col fratello e evidenzia profili coerenti con
la linea argomentativa seguita nel provvedimento impugnato. Ne consegue che
la valutazione del carico pendente da cui il Tribunale desume che l’unica misura
possibile risulta essere il carcere, pur implicita, risulta essere pienamente logica
e legittima nel caso concreto anche in considerazione del fatto che non
risultavano essere indicati luoghi in cui la misura degli arresti domiciliari potesse
essere eseguita e la stessa difesa non ha indicato alcun luogo alternativo che
risultava essersi dimostrato oggettivamente inidoneo.
7. Da quanto sopra deriva l’inammissibilità del ricorso per manifesa
infondatezza.
7.1 Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in €
1.000,00.
P.Q.M.

questione riguardante il fatto che il riconoscimento sia effettuato a distanza di 9

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al pagamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
glA atm. cAli••
vu
i)fr. Vvs-CApt.
Ammende.

:~0-.

Il Consigli

a il 7 marzo 2016
Il Presidente

Così deciso i

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