Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1707 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1707 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto dalla parte civile

Marincolo Liberato Irenio

avverso la sentenza del Giudice di pace di Rossano del 20/11/2012, nel
procedimento penale a carico di ARTUSO Angelica Rosalba, nata a San Donato di
Ninea il 21/06/1959, e di ARTUSO Lucia Ornella, nata a San Donato di Ninea il
17/04/1963;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Gabriele Mazzotta, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Angelica Rosalba Artuso e Lucia Ornella Artuso erano chiamati a rispondere,
innanzi al Giudice di pace di Rossano, del reato di cui all’art. 594 cod. pen., perché
offendevano l’onore ed il decoro di Marincolo Liberato Irenio rivolgendosi allo stesso

Data Udienza: 12/11/2013

con espressioni del tipo: “in questa casa il dottore Marincolo sa pure quando
facciamo la pipì, lui sa sempre tutto, ma vai affanculo
casa dottore Marincolo

Te ne andrai da questa

ti devi comprare una Bibbia, perché il nostro difensore é

Gesù Cristo”.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il giudicante assolveva le imputate con
formula perché il fatto non costituisce reato.
Avverso la pronuncia anzidetta il difensore della persona offesa, costituitasi

ragioni di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 606 lett. b), comma 1 cod.proc.pen. in relazione all’art. 544 cod.proc.pen.,
3 e 111 Cost, nonché dell’art. 606 lett. e) del codice di rito, per mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione. Si duole, in particolare, della valutazione
delle risultanze processuali, che, a suo dire, erano idonee a sostenere la
colpevolezza delle imputate in ragione del contenuto oggettivamente offensivo delle
espressioni profferite. Tra l’altro, non erano state correttamente valutate le
dichiarazioni testimoniali di Domenico Celestino, che aveva riferito di aver assistito
a tutti gli avvenimenti e, soprattutto, di aver udito le offese rivolte all’odierno
ricorrente. Ingiustamente l’espressione “ma vai affanculo” era stata ritenuta
manifestazione di dissenso e di critica, senza peraltro che la stessa avesse potuto
trovare una qualche giustificazione in qualche comportamento illegittimo od
ingiusto della persona offesa e, peraltro, in contrasto con l’interpretazione
giurisprudenziale di questa Corte regolatrice.

2. L’impugnazione della persona offesa, costituitasi parte civile, deve essere
qualificata come appello.
D’altronde, avuto riguardo al chiaro tenore letterale chiaramente orientato a
contestare la congruenza ed adeguatezza dell’impianto motivazionale, con espresso
richiamo all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. – ponendo, peraltro, in discussione la
valenza offensiva delle espressioni contestate (con prospettazione di questione
squisitamente di merito) – la stessa impugnazione non può essere neppure
qualificata come ricorso immediato per cassazione.
E’ ben noto, del resto, che la persona offesa, costituitasi parte civile, può
proporre appello, ai soli effetti civili, avverso la sentenza di proscioglimento
pronunciata dal giudice di pace (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 5, n. 38699 del
18/06/2008, Rv. 242021). Nel caso di specie, non era, invece, legittimata a
proporre impugnazione anche agli effetti penali, non vertendosi in ipotesi di

2

parte civile, avv. Andrea Salcina, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle

citazione diretta dell’imputato innanzi al giudice di pace, ai sensi dell’art. 38 del
d.lgs. n. 274/2000.

2. Pertanto, qualificato il ricorso come appello, occorre provvedere come da
dispositivo.

Qualificato il ricorso della parte civile come appello, dispone trasmettersi gli atti
al Tribunale di Rossano per il relativo giudizio.

Così deciso il 12/11/2013

P.Q.M.

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