Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17060 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17060 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
LA ROSA GIULIO, nato a Catania il 04/10/1990;
ALOISIO PIETRO, nato a Catania il 13/12/1980;
SCIUTO MARCO GIUSEPPE, nato a Catania il 03/05/1992;
MANTI GIUSEPPE, nato a Melito di Porto Salvo il 16/03/1960;
MARGHERITO LISA ORLANDA, nata a Torino il 07/06/1971;
avverso la sentenza del 26/02/2015 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione della causa fatta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei
ricorsi;

1

Data Udienza: 05/04/2016

,

..

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Torino, in esito a giudizio
abbreviato, confermava in punto di responsabilità la sentenza del G.U.P. del
medesimo capoluogo che aveva condannato i ricorrenti in ordine a vari reati di
rapina aggravata commessi nei confronti di diversi istituti di credito e connessi
reati in materia di armi, riducendo le pene loro inflitte in primo grado.
2. Ricorrono in cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensori.

continuazione ed alla determinazione della pena per il reato base.
– La Rosa Giulio ed Aloisio Pietro, con unico atto, deducono violazione di legge e
vizio di motivazione, per non avere ritenuto la Corte d’Appello assorbiti i reati in
materia di armi in quelli di rapina aggravata dal loro uso, peraltro non rilevando
la mancata coincidenza tra le contestazioni in materia di armi ed il ruolo assunto
dai due imputati nelle diverse occasioni, che avrebbe dovuto portare ad una
differenziazione della loro responsabilità a seconda dei singoli eventi contestati.
Con un secondo motivo si dolgono della mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche non nella loro massima estensione e della determinazione
della pena base.
– Manti Giuseppe e Margherito Lisa Orlanda, con unico atto, deducono vizio della
motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per i reati di cui ai capi B), B
bis), D) e D bis), non risultando provato il loro apporto logistico ai complici nelle
due rapine siccome contestate nelle dette imputazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono manifestamente infondati.
1.Gli unici ricorrenti ad avere censurato la sentenza sotto il profilo
dell’affermazione di responsabilità, sono stati Manti Giuseppe e Margherito Lisa
Orlanda.
Le loro doglianze non investono tutti i capi di imputazione in ordine ai quali è
intervenuta condanna nei loro confronti ed afferenti una decina di rapine
compiute in Piemonte dagli altri ricorrenti ai quali i due in discorso avevano
apportato il loro contributo logistico mettendo a disposizione la loro abitazione e
segnalando in qualche caso le banche da rapinare.
Manti e Margherito contestano, infatti, la ritenuta responsabilità solo per due
rapine, quelle avvenute, a distanza di un giorno l’una dall’altra, in None il 12
dicembre 2012 ed in Pinerolo il 13 dicembre successivo, rispettivamente
descritte ai capi B) e D), con i connessi reati in materia di armi.
2

– Sciuto Marco Giuseppe deduce vizio di motivazione in ordine agli aumenti per

Le argomentazioni contenute in ricorso, volte a negare l’esistenza di alcuna
prova in ordine al supporto logistico offerto dai ricorrenti agli altri rapinatori in
quelle due occasioni, si rivelano del tutto generiche, a fronte della completa e
convincente motivazione, immune da difetti logico-giuridici, offerta dalla Corte di
Appello ai fgg. 14 e 17 della sentenza impugnata.
Laddove si precisava che entrambi i ricorrenti, tra i quali intercorreva all’epoca di
riferimento un rapporto di convivenza, avevano ampiamente confessato tutti gli
addebiti loro mossi, specificando che in tutte le occasioni, nessuna esclusa, nelle
quali i complici salivano da Catania per commettere delle rapine in Piemonte,
essi, dopo aver preso preventivi contatti telefonici, li avevano ospitati presso la
loro abitazione, ben consapevoli del disegno criminoso e percependo un
compenso.
Tali affermazioni, con specifico riguardo all’unica trasferta utilizzata per
commettere entrambe le rapine delle quali ancora si discute, erano state
corroborate, come precisava la Corte, per l’appunto da contatti telefonici tra i
ricorrenti ed i complici, non contestati dalla difesa, sia due giorni prima della
rapina di None che lo stesso giorno ed in orario successivo alla commissione
della rapina di Pinerolo.
Dunque, le affermazioni volte ad ipotizzare la fruizione di un diverso supporto
logistico da parte dei complici dei ricorrenti in quella occasione, poggia su
affermazioni generiche ed apodittiche non supportate da alcun elemento
dimostrativo.
2. Quanto al ricorso di La Rosa Giulio ed Aloisio Pietro, l’argomentazione circa la
non coincidenza della responsabilità per i reati di armi con la posizione dei due
ricorrenti, si profila, oltre che del tutto generica, di puro merito, come tale non
deducibile in questa sede, rilevandosi, ulteriormente, che essa non aveva
formato oggetto dei motivi di appello, così saltando la sede naturale nella quale
la questione avrebbe dovuto essere posta ed approfondita (Sez.6 n.9478 del
10/11/2009, Amante).
Quanto all’altra argomentazione contenuta nel primo motivo di doglianza, i
ricorrenti, citando giurisprudenza di merito, peraltro in termini non intelligibili,
mostrano di ignorare il granitico orientamento della Corte di cassazione, secondo
il quale il reato di porto in luogo pubblico di arma e quello di rapina aggravata
dal suo uso concorrono e non si dà luogo ad alcun assorbimento del primo nel
secondo (Sez.2, n. 8999 del 18/11/2014, Di Stefano; sez. 1, n. 2903
dell’11/10/1976, Moioli).
3. Gli altri motivi di ricorso del La Rosa, dell’Aloisio e dello Sciuto, contengono
doglianze, per buona parte sovrapponibili, relative al trattamento sanzionatorio.
In ordine alle quali si osserva quanto segue.
3

i

..,

La Corte di Appello, con motivazione anche in questo caso immune da censure
logico-giuridiche rilevabili in questa sede, a fg. 17 della sentenza impugnata,
condividendo le argomentazioni del giudice di primo grado, specificava – dunque
non limitandosi ad un richiamo per relationem – che la fissazione della pena per
il reato base individuato nella rapina ascritta al capo h), sensibilmente al di sopra
del minimo edittale, si giustificava avuto riguardo alla “estrema gravità del fatto,
sia per le modalità della condotta (rapina pluriaggravata commessa con l’uso di
un taglierino), che per l’elevato importo del bottino”.

citati ricorrenti, anche il fatto che gli imputati avevano commesso “plurime
rapine in un lasso temporale relativamente breve”, sfruttando la loro
incensuratezza per colpire a viso scoperto ed a mani nude in diversi contesti
territoriali lontano dal loro luogo di residenza, usufruendo di basisti ed in ciò
palesando “notevole capacità criminale ed adeguato assetto organizzativo”.
Motivazione estremamente efficace nella misura in cui richiama diversi parametri
di cui all’art. 133 cod. pen., correttamente utilizzata anche per giustificare la
mancata diminuzione nella massima estensione per le circostanze attenuanti
generiche.
Dovendosi rammentare che la pacifica giurisprudenza di legittimità, condivisa dal
Collegio, ritiene che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti
ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra
nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne
discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente
motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario; Sez. 3 n. 1182 del
17/10/2007 dep. 2008, Cilia, rv. 238851).
La Corte di cassazione ritiene, infine, con argomenti condivisi dal Collegio, che in
tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste l’obbligo di
specifica motivazione per gli aumenti relativi ai reati satellite, valendo a questi
fini le ragioni a sostegno della quantificazione della pena base. (Sez.5 n.25751
de105/02/2015, Bornice; Sez.2, n.49007 del 16/09/2014, lussi).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro rnillecinquecento/00
ciascuno alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa
degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

4

Precisando ulteriormente, a fg. 19 e proprio con riguardo alla posizione dei tre

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 1.500,00 alla Cassa
delle Ammende.

Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 05.04.2016.

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