Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17057 del 12/01/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17057 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SAVINI MARCO nato il 24/04/1974 a ROMA
avverso la sentenza del 18/07/2017 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 12/01/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Roma ha applicato a Marco
Savini, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni quattro di
reclusione ed euro 14.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, d.P.R.
309/90 (ascrittogli per avere detenuto nella propria abitazione grammi 95 di cocaina e
grammi 755 di hashish).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso in esame tale obbligo è stato adeguatamente assolto, attraverso il
richiamo alla ordinanza di convalida dell’arresto e ai verbali di arresto e sequestro della
sostanza stupefacente, con la conseguente manifesta infondatezza del ricorso, che ne
comporta l’inammissibilità.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non vi sono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
Il Consigliere estensore
Il Presidente
la mancanza di motivazione in ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento ai