Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17041 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17041 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PANDOLFI CARMINE nato il 12/11/1997 a NAPOLI

avverso la sentenza del 20/02/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 12/01/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha confermato la
sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 11/7/2016, con
cui, in esito a giudizio abbreviato, Carmine Pandolfi era stato condannato alla pena di
anni quattro di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art.
73 d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere detenuto a fine di cessione 425 dosi di sostanza
stupefacente del tipo cocaina e 249 dosi di sostanza stupefacente del tipo eroina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

mancanza e illogicità manifesta della motivazione nella parte in cui era stata rigettata la
propria richiesta di riduzione della pena, eccessiva rispetto alla entità del fatto e disgiunta
da una valutazione della specificità del caso concreto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Esso, infatti, è strutturato in modo del tutto generico, consistendo in
affermazioni di carattere generale riguardo ai criteri di determinazione della pena,
disgiunte da qualsiasi riferimento al caso in esame e da un autentico confronto critico con
la motivazione della sentenza impugnata, e tende, inoltre, a conseguire una non
consentita riconsiderazione delle valutazioni di merito compiute dalla Corte d’appello e
dal Tribunale nella determinazione della pena.
La Corte d’appello ha, inoltre, adeguatamente giustificato la conferma del
trattamento sanzionatorio disposto dal primo giudice, sottolineando la gravità dei fatti, a
causa del quantitativo delle sostanze stupefacenti detenute e delle modalità della loro
custodia (all’interno di una cassaforte nascosta tra terriccio e foglie), indice di una non
rudimentale organizzazione della attività di spaccio: si tratta di motivazione pienamente
idonea a dare conto dei criteri adottati per confermare il trattamento sanzionatorio, non
sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, in quanto la determinazione in
concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da
parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in
relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione
della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non
eccessiva, giacché ciò dimostra che egli ha considerato, sia pure intuitivamente e
globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli
specificamente segnalati con i motivi d’appello (Sez. 6, n. 10273 del 20.5.1989 Rv
181825).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza delle doglianze cui è stato affidato.

L1

7-c Ac-U

1

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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