Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17040 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17040 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GABELLA LUCA nato il 03/04/1991 a TORRE DEL GRECO

avverso la sentenza del 13/01/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 12/01/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, in parziale
accoglimento della impugnazione proposta dall’imputato nei confronti della sentenza del
10/6/2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con cui Luca
Gabella, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni due e mesi
due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere ceduto sostanza stupefacente del tipo

la pena in anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 900,00 di multa, confermando nel
resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
la manifesta illogicità e l’insufficienza della motivazione e il travisamento della prova, non
essendo stato adeguatamente considerato l’aspetto della detenzione per uso personale
della sostanza stupefacente sequestrata, non potendo tale destinazione essere esclusa
solamente sulla base del superamento dei limiti tabellari stabiliti al riguardo.
Ha prospettato l’insufficienza della motivazione anche in ordine alla
determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo dei motivi d’appello e privo di autentico confronto
critico con la motivazione della sentenza impugnata, è manifestamente infondato.
La doglianza in ordine alla esclusione della destinazione ad uso personale della
sostanza stupefacente sequestrata, oltre ad essere preclusa dalla sua mancata
proposizione con l’atto d’appello, limitato al solo trattamento sanzionatorio, è
manifestamente infondata, avendo la Corte d’appello illustrato gli univoci elementi sulla
base dei quali l’imputato è stato ritenuto responsabile della cessione, a fronte del
pagamento di un corrispettivo in denaro, della sostanza stupefacente sequestrata (tra
l’altro suddivisa in 92 dosi), condotta, peraltro, osservata dalla polizia giudiziaria e
ammessa dall’imputato e dall’acquirente della sostanza.
La misura della pena, peraltro ridotta per effetto del riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, è stata adeguatamente giustificata, tenendo conto della
personalità dell’imputato e della sua condotta e della entità del fatto, con la conseguente
manifesta infondatezza delle, peraltro generiche, doglianze sollevate sul punto, atteso
che tale valutazione non è sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, ed è
stata adeguatamente motivata, in quanto la determinazione in concreto della pena
costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui
vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle
obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra

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cocaina, suddivisa in 92 dosi, del peso complessivo di grammi 15,5573), ha rideterminato

il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva, giacché ciò
dimostra che egli ha considerato, sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti
indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi
d’appello (Sez. 6, n. 10273 del 20.5.1989 Rv 181825).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza delle censure cui è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e

proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia

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