Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1704 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1704 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ARDUCA PASQUALE N. IL 13/08/1976
avverso 1a sentenza n. 1565/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 26/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (.9 iodt,“
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 26.1.2012 la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la
pronuncia del locale Tribunale che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato
Arduca Pasquale alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione e C. 3.000 di multa
in ordine al reato di illecita detenzione di stupefacenti (cocaina e marijuana), ipotesi di
cui al quinto comma dell’art. 73 del DPR n. 309/1990.
2.

Secondo i giudici di merito – per quanto interessa in questa sede –

correttamente il Tribunale aveva ritenuto provata la detenzione a fini di spaccio,

apparendo inconsistente la tesi difensiva dell’uso personale sulla scorta di una serie di
circostanze oggettive indicate. Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte calabrese
ha considerato i precedenti penali e la recidiva reiterata di cui all’art. 99 quarto
comma, ostativa al giudizio di prevalenza.
3. Per l’annullamento della sentenza ricorre in cassazione l’Arduca (mediante
difensore) deducendo con quattro motivi violazioni di legge e vizi motivazionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo il ricorrente denunzia l’illogicità della motivazione in relazione
all’art. 192 cpp rimproverando alla Corte di merito di non avere operato una precisa
valutazione degli esiti processuali, basandosi solo su un dato presuntivo ed ignorando
lo stato di tossicodipendente dell’imputato e l’esiguità delle dosi. Svolge poi ulteriori
critiche sull’accertamento di responsabilità.
Col secondo motivo, denunzia la violazione dell’art. 73 del DPR n. 309/1990
osservando che il giudice di merito si sarebbe soffermato solo sul dato ponderale e non
già sull’insieme dei parametri oggettivi e soggettivi dell’art. 73 comma 1 bis del DPR n.
309/1990. Rileva inoltre che, essendosi sottoposto ad un programma di recupero,
doveva essere assolto perché il fatto non costituisce reato.
Con la terza censura si denunzia la violazione dell’art. 73 del DPR n. 309/1990 e
dell’art. 50 cp deducendosi la sussistenza di una causa di giustificazione.
Con la quarta ed ultima censura il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 69 cp
dolendosi in particolare del trattamento sanzionatorio una volta riconosciuta
l’attenuante del quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309/1990.
2. Il ricorso è manifestamente infondato sotto ogni profilo.
Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza
strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico
argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass.
6.6.06 n. 23528). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della
motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di
2

legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive
che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del
convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007;
Cessazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
3.1. Quanto alla prima censura – che riproduce analoga doglianza formulata in
appello – va osservato che nel caso in esame, la Corte di merito ha spiegato,

attraverso un accertamento in fatto assolutamente coerente, il proprio convincimento
in ordine alla responsabilità dell’imputato, dando conto dell’inconsistenza della tesi
difensiva fondata sullo stato di tossicodipendente e quindi sull’uso personale,
evidenziando in proposito una serie di circostanze oggettive e soggettive,
puntualmente indiciate quali le diverse tipologie di sostanze rinvenute, il
comportamento tenuto alla vista dei Carabinieri, le modalità di confezionamento delle
sostanze, già suddivise in dosi, la quantità rinvenuta (che si sostanzia in più dosi) e gli
esiti di un precedente sequestro di stupefacenti eseguito qualche giorno prima presso
la sua abitazione relativo ad un quantitativo tale da 102 dosi medie (cfr. pagg. 5 e 6).
3.2. Il secondo motivo di ricorso va dichiarato anch’esso inammissibile per
manifesta infondatezza perché in parte ripropone questioni in fatto già sottoposte al
giudice di merito e da questi valutate (come lo stato di tossicodipendenza), ed in parte
contiene affermazioni inesatte sul percorso motivazionale seguito dalla Corte di merito
che, come si è visto, ha basato il proprio giudizio sull’uso non personale non solo sul
dato ponderale, ma anche su altri elementi specificamente indicati.
3.3. La terza censura ha ad oggetto una violazione di legge che non risulta
dedotta nei motivi di appello (cfr. pag. 3 sentenza impugnata): di qui l’inammissibilità
ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 606 cpp.
3.4. L’ultima censura è inammissibile perché il ricorrente, dopo essersi soffermato
sul riconoscimento dell’attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR n. 309/1990
e sul giudizio di comparazione previsto dall’art. 69 cp si limita in sostanza a una mera
doglianza sull’entità della pena inflitta, da lui ritenuta manifestamente sproporzionata
rispetto alla condotta posta in essere, cioè ad una critica sull’esercizio del potere
discrezionale riservato al giudice di merito senza denunciare in concreto nessuna
specifica inosservanza di legge.
In definitiva, il percorso argomentativo dell’impugnata sentenza, ad avviso del
Collegio, ha una puntuale logica e coerenza interna e si sottrae pertanto alle censure
mosse dal ricorrente.
Pertanto, nessuna rivisitazione è oggi consentita, se non a rischio di operare una
nuova lettura degli elementi del processo sulla base di diversi parametri di valutazione.

3

Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 12.12.2012.

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