Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17038 del 12/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17038 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AGNELLO FRANCESCO nato il 04/08/1980 a TORRE ANNUNZIATA
avverso la sentenza del 16/06/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 12/01/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, pronunziando a
seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con la sentenza del
28/5/2014, ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Torre Annunziata del 8/7/2008, con cui Francesco Agnello era stato
condannato, in esito a giudizio abbreviato, alla pena di anni sei, mesi dieci e giorni venti
di reclusione ed euro 24.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R.

stupefacente del tipo cannabis indica, pari a 192 dosi medie giornaliere), e ha
rideterminato la pena in anni due, mesi dieci e giorni dieci di reclusione ed euro
10.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, lamentando l’eccessività della pena, non adeguata alla entità del fatto e
determinata omettendo di considerare gli indici di cui all’art. 133 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo volto a censurare l’esercizio del potere di
determinazione della pena, non criticabile nel giudizio di legittimità in presenza, come nel
caso in esame, di motivazione adeguata.
Attraverso la doglianza relativa alla misura della pena il ricorrente ha censurato,
in realtà, una valutazione di merito compiuta dal giudice del rinvio, che, nel sottolineare
sia la gravità dei fatti (in considerazione del quantitativo di stupefacente detenuto
dall’imputato e della non occasionalità della condotta), sia la negativa personalità
dell’imputato (per il collegamento con l’ambiente del traffico illecito di stupefacenti), ha
dato conto in maniera sufficiente degli elementi ritenuti preponderanti tra quelli di cui
all’art. 133 cod. pen. per addivenire alla determinazione della pena: tale valutazione non
è sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, ed è stata adeguatamente
motivata, in quanto la determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una
valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge,
sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello,
quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi
di ritenerla adeguata o non eccessiva, giacché ciò dimostra che egli ha considerato, sia
pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed
anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello (Sez. 6, n. 10273 del
20.5.1989 Rv 181825).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non vi sono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla

1

309/90 (ascrittogli per avere detenuto a fine di spaccio grammi 36,92 circa di sostanza

declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018

Il Consigliere estensore

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