Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17028 del 12/01/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17028 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
IORDACHE MARIA nato il 24/04/1972 a VINJU MARE( ROMANIA)
avverso la sentenza del 27/06/2017 del GIP TRIBUNALE di VERONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 12/01/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Verona ha applicato a Iordache Maria, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., la pena di mesi sei e giorni quindici di reclusione ed euro 1.600,00 di
multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 (ascrittole per
avere detenuto, al fine di cederle a terzi, all’interno della casa circondariale di Montorio,
otto confezioni di sostanza stupefacente del tipo hashish, del peso complessivo di grammi
15,6).
denunciando violazione di legge penale e carenza della motivazione, in relazione alla
insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta essere stato adeguatamente assolto,
attraverso il riferimento allo stato di flagranza e al sequestro della sostanza stupefacente,
con la conseguente manifesta infondatezza delle, peraltro generiche, doglianze della
ricorrente, che determina l’inammissibilità del ricorso.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non vi sono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
Il Consigliere estensore
Il Pr sidente
Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione,