Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17024 del 12/01/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17024 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FARACI GIANNI nato il 05/06/1970
avverso la sentenza del 05/06/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 12/01/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano ha applicato a Gianni
Faraci, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi sei di
reclusione ed euro 800,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere ceduto un grammo di sostanza stupefacente del tipo
cocaina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
denunciando l’insufficienza della motivazione, in ordine alla insussistenza di cause di
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto, attraverso il
richiamo alle risultanze della comunicazione di notizia di reato, ai verbali di arresto e
sequestro, alle dichiarazioni dell’acquirente della sostanza stupefacente, agli esiti delle
analisi tossicologiche e alle ammissioni dell’imputato.
Quanto alla motivazione in ordine all’entità della pena, il relativo obbligo deve
essere ritenuto assolto da parte del giudice quando, come nel caso di specie, egli dia atto
di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione
giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle
parti. e della congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza,
una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione è
stato dunque rispettato (ex plurimis, Sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, Rv. 215489).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza della doglianza cui è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non vi sono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
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proscioglimento, alla qualificazione del fatto e alla congruità della pena.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
Il Presidente
Il Consigliere estensore