Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17022 del 12/01/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17022 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
KASNTINI SALAH nato il 05/07/1975
avverso la sentenza del 10/07/2017 del TRIBUNALE di VERONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 12/01/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Verona ha applicato a Kasntini
Salah, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi
due di reclusione ed euro 3.500,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. 309/90 (per avere detenuto a fine di spaccio grammi 16 di eroina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
denunciando violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e mancanza della motivazione
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente
assolto dal Tribunale, attraverso il richiamo agli elementi di responsabilità emergenti
dalla comunicazione di notizia di reato dei Carabinieri e dai verbali di arresto,
perquisizione e sequestro, e mediante la sottolineatura della mancanza di cause evidenti
di proscioglimento.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza delle, peraltro generiche, censure cui è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non vi sono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018
riguardo alla insussistenza di cause evidenti di proscioglimento.