Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17016 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17016 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TESTINI FRANCESCO N. IL 26/11/1960
avverso l’ordinanza n. 5/2015 CORTE APPELLO di MESSINA, del
17/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEP E PAVICgI;

lette/seité le conclusioni del PG Dott.

Uditi difenso vv.;

Data Udienza: 05/04/2016

’7

RITENUTO IN FATTO

1. Francesco Testini, per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre
avverso l’ordinanza in data 17 giugno 2015 con la quale la Corte d’appello di
Messina accoglieva parzialmente la sua domanda di riparazione per ingiusta
detenzione, dallo stesso presentata in relazione a misura cautelare inframuraria
nell’ambito di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 81, 61 n. 7, 423
e 638 commi 1 e 2 cod.pen..

detta misura cautelare, con restrizione della libertà applicatagli dal 16 febbraio al
6 marzo 2009; successivamente, il 3 maggio 2013, il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Patti disponeva l’archiviazione nei confronti del
Testini, in esito a una consulenza disposta dal Pubblico ministero dalla quale si
evinceva l’erronea interpretazione dell’intercettazione riguardante alcune
affermazioni nelle quali, secondo l’iniziale assunto, il Testini si sarebbe vantato di
avere dato fuoco alla porcilaia di Carmela Lucifero, cagionandovi un incendio nel
quale erano morti alcuni suini.
Nell’impugnata ordinanza, la Corte territoriale, pur riconoscendo il
fondamento della domanda riparatoria del Testini, ne determinava l’ammontare
in ragione di complessivi € 4.244,76 (a fronte di una richiesta di € 75.000,00), in
base al fatto che l’indennità de qua non costituisce misura risarcitoria, ma deve
essere collegata e commisurata non tanto in relazione al danno subito, quanto in
relazione alla derivazione dello stesso dalla privazione della libertà; la
determinazione del quantum avveniva perciò sulla base del parametro di €
235,82 per ogni giorno di detenzione (parametro ripreso da precedente
giurisprudenza di legittimità), moltiplicato per i 18 giorni di restrizione del
Testini, così da pervenire all’anzidetta somma.

2. Nel ricorso, quale primo motivo, il Testini lamenta violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione alla misura dell’indennizzo a lui riconosciuto,
dolendosi nell’essenziale che la Corte di merito non abbia fornito adeguato
supporto motivazionale in ordine a una così restrittiva determinazione dell’entità
dell’indennizzo; in particolare il ricorrente denuncia che la Corte territoriale non
ha tenuto conto di quanto da lui argomentato circa le conseguenze derivanti a
suo carico, sotto il profilo psicologico (documentato da certificati medici) e del
danno all’immagine, alla reputazione e al decoro, dalla misura cautelare
applicatagli. Ha errato inoltre la Corte territoriale nel dedurre che la lesione alla
vita di relazione del ricorrente sarebbe dovuta alla sua scarsa inclinazione a
socializzare, atteso che dalle dichiarazioni dell’esponente si ricava invece che il
2

L’incolpazione ascritta al Testini comportava l’applicazione a suo carico della

deficit di socializzazione era da riferire alla famiglia di Palazzolo Antonino. In tal
senso, prosegue il ricorrente, la Corte avrebbe dovuto provvedere alla
liquidazione non già sulla mera base di un calcolo matematico, ma in esito a una
valutazione equitativa, che tenesse conto anche delle conseguenze personali da
lui subite.
2.1. Con un secondo motivo di ricorso, si denunciano violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione al fatto che non risponde a verità che il
Ministero resistente non abbia contrastato le richieste dell’istante, avendo invece
debeatur;

cosicché é risultata

penalizzante per l’odierno ricorrente la compensazione delle spese operata dalla
Corte territoriale, alla quale invece dette spese dovevano essere poste
integralmente a carico, quale parte soccombente.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha
concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4. Con ulteriore atto depositato in Cancelleria il 17 marzo 2016, il difensore
del ricorrente argomenta ulteriormente i motivi di ricorso e insiste per il loro
accoglimento e per l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso é infondato.
E’ ius receptum che il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo
di riparazione é sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non
sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che,
discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non
abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia
liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, Sentenza n. 24225 del
04/03/2015, Pappalardi, Rv. 263721; Sez. 4, Sentenza n. 10690 del
25/02/2010, Cammarano, Rv. 246424; Sez. 4, Sentenza n. 25901 del
21/04/2009, Verno, Rv. 244226).
Nella specie, la liquidazione dell’indennizzo non é stata determinata in
termini arbitrari o immotivati, essendosi dato conto dei criteri anche aritmetici
seguiti nella quantificazione della somma: é noto che il parametro aritmetico, al
quale riferire la liquidazione dell’indennizzo, é costituito dal rapporto tra il tetto
massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315, comma secondo, cod. proc. pen. e il
termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303, comma quarto, lett.
3

richiesto la verifica dei presupposti dell’an

c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di
ingiusta restrizione subita (vds. per tutte Sez. U, Sentenza n. 24287 del
09/05/2001, Caridi, Rv. 218975).
Tanto meno può affermarsi che la determinazione dell’indennità sia
avvenuta in termini meramente simbolici (essendo stata comunque liquidata la
somma di circa 4.244 euro per 18 giorni di detenzione).
Circa poi la derivazione dalla misura cautelare delle conseguenze personali e
psicologiche negative a carico del Testini, la Corte ha congruamente e

medici non forniscono elementi sufficienti a ricondurre alla carcerazione la
sindrome ansioso-depressiva ivi documentata, in difetto di più significativi
accertamenti.
A ciò deve aggiungersi che, se é vero che i parametri aritmetici succitati
possono essere superati in relazione alla specificità del caso, é però anche vero
che ciò può avvenire laddove risulti provato che le conseguenze dannose allegate
dall’istante (sul piano sociale o su quello psicologico) siano strettamente
connesse, sul piano della dipendenza causale, alla durata della detenzione
risultata ingiusta, e non ad altre evenienze correlate alla vicenda processuale (si
veda sul punto Sez. 3, n. 14640 del 16/02/2005, Spataro, Rv. 231236); e di ciò
non possono costituire prova né gli elementi documentali riferiti alle condizioni di
disagio psicologico del Testini, né quelli conclamanti lo strepitus fori derivante
dall’arresto del medesimo.

2. Il secondo motivo di ricorso é parimenti infondato.
Si premette che é corretto il ragionamento della Corte territoriale
nell’escludere che vi sia stata soccombenza da parte dell’Amministrazione,
costituitasi bensì in giudizio, ma (con riferimento all’an debeatur) al solo fine di
ancorarne il giudizio alla reale spettanza (e dunque non per contrastare la
domanda); le conclusioni della parte resistente non erano, cioé, nel senso del
rigetto della domanda, ma nel senso di preventivo accertamento della mancanza
di dolo o colpa grave e, in caso affermativo, di liquidazione dell’indennizzo
secondo i parametri poi in concreto seguiti dalla Corte di merito.
Si ricorda, al riguardo, che nel giudizio di riparazione per ingiusta detenzione
(che a tale riguardo é informato ai principi propri del rito civile), il criterio della
soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare
riferimento all’esito finale della lite, sicché é totalmente vittoriosa la parte nei cui
confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando
che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito
(Cass. Civ., Sez. 6 – 2, Sentenza n. 18503 del 02/09/2014, Rv. 632108).
4

condivisibilmente motivato il proprio convincimento sul rilievo che i certificati

Perciò, anche alla luce del novellato art. 92, comma 2, cod.proc.civ., come
modificato dall’art. 13, c. 1, D.L. 12 settembre 2014, n. 132 , convertito, con
modifiche, in L. 10 novembre 2014, n. 162 (disposizione già in vigore al
momento della domanda), la statuizione della Corte territoriale sul punto si
sottrae a censure.

3. Da quanto precede consegue che il ricorso va rigettato e il ricorrente va

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2016.

condannato al pagamento delle spese processuali.

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