Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17015 del 14/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17015 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
PITONI AURELIO nato il 14/10/1967 a RIETI
CIMMINO ROBERTO nato il 08/08/1994 a CASTELLAMMARE DI STABIA
CASO FRANCESCO nato il 30/11/1994 a POMPEI
VITIELLO DOMENICO nato il 30/05/1995 a POMPEI

avverso la sentenza del 13/04/2017 del GIP TRIBUNALE di RIETI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;

Data Udienza: 14/12/2017

FATTO E DIRITTO

1. Aurelio Pitoni, Roberto Cimmino, Francesco Caso e Domenico Vitiello, chiedono l’annullamento della sentenza
indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Rieti, su richiesta degli imputati concordata con il pubblico ministero, ha
rispettivamente applicato ad Aurelio Pitoni la pena di anni tre e mesi dieci di reclusione ed euro 50.000,00 di multa; la
pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa ciascuno a Roberto Cimmino e Domenico
Vitiello; la pena di anni tre di reclusione ed euro 20.000,00 di multa a Francesco Caso in ordine al reato di cui all’art.
73, comma 1 d.P.R. 309 del 1990 in relazione alla condotta di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente tipo
cocaina pari a 920 dosi e 42 dosi marjuana, condotta accertata in Rieti il 2 dicembre 2016.
2. Aurelio Pitoni denuncia la illegittimità della pena applicata poiché quella posta a base del concordato

del 2014. Roberto Cimmino, Francesco Caso e Domenico Vitiello denunciano la mancata applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen., ovvero la mancanza di motivazione quanto meno sotto l’aspetto del legittimo dubbio in punto di
responsabilità.
3. Il ricorso di Aurelio Pitoni è inammissibile.
3.1. Appare, in vero, manifestamente infondata la dedotta questione di illegalità della pena applicata al Pitoni e
pressocchè coincidente, a meno che per la pena della multa, con il minimo della pena recata dall’art. 73, comma 1,
d.P.R. 309/1990 quale vigente al momento del fatto sicchè il Tribunale non era tenuto – in ragione del

tempus

commissi delicti – ad applicare la più favorevole normativa oggetto delle disposizioni recate dagli artt. 4-bis e 4- vicies
ter, commi 2, lett. a) e 3, letta) n. 6 del dl. 30 dicembre 2005 n. 272 – che, per effetto della dichiarazione di
incostituzionalità recata dalla sentenza n. 32 del 2014 – non trovano applicazione ai fatti commessi dopo la data del 6
marzo 2014 ( data di pubblicazione della sentenza indicata) ma solo ai fatti che siano stati commessi nel corso della
vigenza delle disposizioni attinte dalla censura di incostituzionalità.
4. Analoga sorte va riservata ai ricorsi di Roberto Cimmino, Francesco Caso e Domenico Vitiello.
Va precisato, in via preliminare, come i ricorrenti non indichino alcun elemento che il giudice avrebbe dovuto
considerare e che invece non ha valutato per applicare la disposizione reclamata (art. 129 cod. proc. pen.), con la
conseguenza che, sotto tale profilo, il motivo non rispetta il requisito della specificità inderogabilmente richiesto
dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per l’ammissibilità di qualsiasi gravame. Va poi ricordato che la Corte di
legittimità ha affermato che, in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da
considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto, deducibile dal capo d’imputazione che nel
caso indica le modalità di confezionamento in dosi della cocaina detenuta, delle risultanze delle operazioni di
intercettazione e tenuto conto che i ricorrenti sono stati assolti dal reato di detenzione della marijuana siccome
sequestrata nella esclusiva disponibilità del Pitoni.
5.All’inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si considera conforme a giustizia fissare in euro 3.000,00
(tremila) ciascuno, considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ( cfr. art. 616 cod. proc. pen. e sentenza Corte costituzionale
del 13 giugno 2000, n. 186).

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di 3.000,00 euro ciascuno alla cassa delle ammende.
Così deciso il g. 14 dicembre 2017

sanzionatorio (anni otto di reclusione ed euro 90.000,00 di multa) è illegale perché in contrasto con la sanzione recata
dall’art. 73, comma 1 del d.P.R. 309/1990, come ripristinata per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32

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