Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17003 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17003 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIDENTI SALVATORE N. IL 01/01/1948
avverso la sentenza n. 863/2014 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 14/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
1.7,che ha concluso per

4,42.9

Udito, pej parte civile, l’Avv
UdibiedifensotAvv. )1. 404,

dm,

Data Udienza: 05/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Catanzaro, 1 sezione penale, con sentenza resa il 14
gennaio 2015 confermava la condanna emessa dal Tribunale di Paola in data 17
ottobre 2013 nei confronti di Salvatore Ridenti, quale imputato del reato p. e p.
dall’art. 589, comma 2, cod.pen., commesso in San Lucido il 19 maggio 2008 e a
lui ascritto in cooperazione colposa con Carlo e Armando Ridenti, nelle rispettive
qualità indicate in rubrica e da loro ricoperte all’interno della Ridenti Salvatore &

Oggetto dell’addebito é un lavoro di scavo meccanico commissionato al
Carnevale in assenza delle necessarie condizioni di sicurezza: il Carnevale veniva
incaricato di eseguire lo scavo con un escavatore su un terreno in pendio,
sebbene il manuale d’uso della macchina e le etichette di pericolo avvisassero del
rischio nell’utilizzo dell’escavatore con pendenze superiori al 15%; agli imputati
era contestata l’inosservanza del combinato disposto degli artt. 35, comma 4, e
89, comma 2 lettera a) del D.Lgs. 626/1994 e dell’art. 2087 cod.civ.; in specie,
viene loro addebitato di avere dato il suddetto incarico al dipendente pur a fronte
del rischio che ciò comportava e di avere omesso di vigilare circa il
mantenimento delle condizioni di sicurezza, lasciando che il Carnevale omettesse
di allacciare le cinture di sicurezza; in tal modo, allorché l’escavatore si ribaltava,
il Carnevale veniva sbalzato fuori dal mezzo meccanico e decedeva.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre Salvatore Ridenti a mezzo del suo
difensore di fiducia. Il ricorso, a premessa del quale v’é ampia narrativa sullo
svolgimento del processo nelle fasi antecedenti, é articolato in due motivi di
doglianza.
2.1. Con il primo motivo si duole il ricorrente della violazione della legge
penale in riferimento alla censurata applicazione del principio di responsabilità
oggettiva, escluso nella materia penalistica, e al riconoscimento del nesso di
causalità fra la condotta del ricorrente e l’evento mortale, nesso che l’esponente
ritiene insussistente.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, articolato sotto il profilo del vizio di
motivazione, viene nuovamente contestata l’assenza del nesso di causalità,
ravvisato dalla Corte di merito a carico del ricorrente, sebbene questi non fosse
presente sul posto e l’ordine di eseguire il lavoro era stato dato al Carnevale non
già da lui, bensì dal preposto.

2

Ridenti Carlo s.n.c., in danno del dipendente Francesco Carnevale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é infondato in ambo i motivi, che possono congiuntamente
trattarsi, involgendo entrambi aspetti riconducibili al giudizio di responsabilità a
carico del ricorrente, sia in relazione alla sua posizione datoriale che al nesso
causale.

2. La Corte di merito evidenzia numerosi elementi che depongono per la

garanzia in relazione all’esecuzione delle mansioni da parte del Carnevale,
affidategli dal preposto (ossia da Armando Ridenti, condannato in via definitiva
con sentenza n. 9491 emessa il 10 gennaio 2013 da questa Sezione
diversamente composta); ma altresì di circostanze che rendono evidente la
consapevolezza, da parte dell’odierno ricorrente, delle condizioni di rischio in cui
il Carnevale si sarebbe venuto a operare.
2.1. Sotto il primo profilo, é ius receptum che, in materia di prevenzione
degli infortuni sul lavoro il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza,
ha l’obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di
sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e
dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art. 2087
cod. civ., egli é costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro
(principio affermato da Sez. U, Sentenza n. 5 del 25/11/1998, dep. 1999,
Loparco, Rv. 212577, e più recentemente ribadito, ex multis, da Sez. 4, n. 4361
del 21/10/2014, dep. 2015, Ottino, Rv. 263200). Del pari é pacifico in
giurisprudenza che, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia,
ciascuno é per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin
quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola
posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela
antinfortunistica é addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (Sez. 4, n.
18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto
la responsabilità del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose nonostante
fosse stata dedotta l’esistenza di un preposto di fatto).
2.2. Venendo al secondo profilo, emerge in atti (e se ne dà contezza anche
nella richiamata sentenza di questa Corte sulla medesima vicenda, menzionata in
motivazione dalla Corte territoriale) che il lavoro cui era stato adibito il Carnevale
(ossia lo scavo nelle condizioni di cui in rubrica, finalizzato allo sradicamento di
canne presenti in una scarpata) era stato predisposto già da diversi giorni, ed
era perciò sicuramente noto, o comunque conoscibile dall’odierno ricorrente, il
pericolo di ribaltamento dell’escavatore, mezzo che é pacificamente risultato
3

sicura riferibilità al ricorrente non solo, in via di principio, della posizione di

e

strutturalmente inidoneo a lavorare con la pendenza presente nella scarpata,
atteso che le caratteristiche del mezzo meccanico che il Carnevale ebbe a
utilizzare erano tali da rendere evidente anche al datore di lavoro la rischiosità
dell’operazione. In più, e soprattutto, emerge che fu l’odierno ricorrente ad
impartire istruzioni al figlio Armando (separatamente giudicato e condannato in
qualità di preposto) in ordine alle operazioni di scavo alle quali il Carnevale era
assegnato; né, del resto, risulta che l’odierno ricorrente avesse conferito alcuna
delega al preposto in ordine alla cura della specifica operazione, tale da esimerlo

3. Di tal che alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva é, nella specie,
ravvisabile, atteso che l’odierno ricorrente ha disatteso il dovere di assicurarsi in
ordine all’osservanza, da parte dei dipendenti, della normativa antinfortunistica,
dovere derivante dalla sua posizione di garanzia (in specie dal generale dovere
datoriale di prendere le misure necessarie in ordine al corretto utilizzo delle
attrezzature di lavoro, di cui all’art. 35, comma 4, del D.Lgs. 626/1994, e di
quello di adottare le misure necessarie ad assicurare la tutela dell’integrità fisica
del lavoratore, di cui all’art. 2087, cod. civ.: disposizioni la cui violazione é
contestata in rubrica).

4. Sul piano del nesso eziologico, poi, é di tutta evidenza che l’evento
mortale si verificò in dipendenza della violazione delle norme prevenzionistiche e
dei connessi obblighi datoriali sopra richiamati (in specie quello di impedire che il
Carnevale fosse posto in condizioni di utilizzare l’escavatore in condizioni di
pericolo), così come é evidente che il mancato impiego delle cinture di sicurezza
da parte del Carnevale non fu certo l’unico e decisivo elemento causalmente
rilevante ai fini del sinistro, atteso che in ogni caso il lavoratore era stato
assegnato -su disposizioni impartite dall’odierno ricorrente – a eseguire i lavori
di scavo in condizioni di pericolo derivanti dalla manifesta inidoneità
dell’escavatore a operare in un pendio come quello ove avvenne il sinistro, e con
evidente rischio (poi concretizzatosi) che esso si ribaltasse. Di talché, ove le
norme prevenzionistiche richiamate in rubrica fossero state convenientemente
rispettate, l’evento non si sarebbe verificato.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

4

dalle concorrenti responsabilità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2016.

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