Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MOCCIA ANGELO N. IL 25/07/1957
avverso l’ordinanza n. 88/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 28/02/2012
sentita
fatta dal Consigliere Dott. plACOMOR,OCCHI;
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Data Udienza: 27/11/2012

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila, con ordinanza del 28/2/2012,
rigettava il reclamo proposto da Moccia Angelo avverso il diniego dell’istanza di
permesso di recarsi dal proprio coniuge per favorire rapporti coniugali più
completi ed intimi. Il Magistrato di Sorveglianza aveva rilevato che alla moglie
del detenuto era stato diagnosticato solo un disturbo d’ansia con colorito
depressivo, che non giustificava una valutazione di gravità.

considerata la complessa situazione psicofisica della moglie e sottolineava che,
comunque, l’evento grave di cui all’art. 30, comma 2, legge 354 del 1975 può
consistere nell’esigenza di tutela dell’affettività familiare, necessaria per lo
sviluppo della personalità del detenuto.

Il Tribunale rilevava che l’art. 30 ord. pen. subordina la concessione di
permessi a presupposti tassativi: la certificazione medica rilasciata alla moglie
non ne dimostrava né il pericolo di vita, né l’affezione di una patologia
particolarmente grave; respingeva, infine, la prospettazione dell’art. 30, comma
2 ord. pen. come legittimante permessi al fine di favorire l’affettività familiare.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Moccia Angelo, deducendo, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., l’inosservanza e l’erronea
applicazione dell’art. 30, comma 2, cod. proc. pen. nonché il difetto di
motivazione, nonché, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., la
violazione degli artt. 3 e 8 CEDU.
Secondo l’interpretazione adottata dal Tribunale, l’art. 30, comma 2 cit. è
norma non idonea a tutelare le esigenze di umanizzazione della pena,
dell’affettività familiare e dello sviluppo della personalità del detenuto. Essendo
detenuto dal 1991, la privazione dei rapporti affettivi intimi tra i coniugi

Il detenuto, nel reclamo, contestava che non era stata adeguatamente

costituisce evento familiare di notevole gravità, atteso che la norma deve essere
interpretata in modo sistematico rispetto alle predette esigenze.
L’ordinanza ometteva di valutare il pregiudizio per il condannato rispetto alla
finalità rieducativa della pena.
La Giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, poi, prevede
anche la tutela della vita sentimentale ed affettiva tra le coppie e vieta i
trattamenti degradanti.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

3.

Il procuratore generale, nella requisitoria scritta, chiede dichiararsi
2

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inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
L’art. 30 ord. pen. contempla due ipotesi in cui possono essere concessi
permessi ai detenuti: il caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un
convivente (art. 30, comma 1) e “eventi familiari di particolare gravità” (art. 30,
comma 2).

prima ipotesi, e tale valutazione non è oggetto di censura da parte del
ricorrente; ha ritenuto, inoltre, che non ricorra neppure la seconda ipotesi,
tenuto conto delle condizioni di salute della moglie del detenuto e della
mancanza di un “evento”.

L’interpretazione adottata è sicuramente conforme al testo della legge,
mentre la prospettazione del ricorrente, secondo cui l’art. 30, comma 2, ord.
pen., potrebbe essere interpretato estensivamente al fine di favorire un rapporto
più intimo tra i coniugi e al fine dell’umanizzazione della pena, non solo contrasta
con la lettera della norma – perché, appunto, un “evento” deve accadere, per di
più “di particolare gravità” – ma tralascia la considerazione che sono i premessi
premio, previsti dal successivo art. 30 ter legge 354 del 1975, a poter essere
concessi al detenuto anche “per coltivare interessi affettivi” e per umanizzare la
pena e indirizzarla verso la rieducazione, in quanto, come recita quella norma,
“l’esperienza dei permessi premio è parte integrante del programma di
trattamento e deve essere seguita dagli educatori ed assistenti sociali
penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio”.
La diversa funzione dei due istituti è stata ripetutamente sottolineata dalla
Corte Costituzionale (vedi in particolare, sent. Corte Cost., n. 235 del 1996), che
conseguentemente è intervenuta per correggere alcuni profili di illegittimità di
quella norma.

Questa Corte ha, quindi, affermato che non costituisce motivo grave che, se
accertato, può legittimare la concessione di permesso al detenuto a norma
dell’art. 30 L. 26 luglio 1975 n. 354 (cosiddetto ordinamento penitenziario) la
necessità di trascorrere un breve periodo di tempo con il coniuge al fine di
consumare il matrimonio celebrato in carcere. (Sez. 1, n. 48165 del 26/11/2008
dep. 24/12/2008, Rannesi, Rv. 242437)

Il ricorso è, in definitiva, manifestamente infondato alla luce della

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Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto insussistente la

valutazione congiunta dei due istituti.

Il richiamo alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, poi,
è del tutto generica: in nessun modo si menziona una pronuncia che faccia
derivare dalle norme della Convenzione invocate il diritto del detenuto ad
ottenere un permesso.
Si deve, comunque, ricordare che, assai recentemente, con la decisione del
3/04/2012, la Grande Camera della Corte, nel caso Boulois contro Lussemburgo,

discendere diritti in materia di permessi ai detenuti, mancando una esplicita
previsione ed essendo differenti le legislazioni dei vari paesi aderenti, né
rinvenendosi principi di diritto internazionale su tale materia.

Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Così deciso il 27 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ha esplicitamente negato che dalle norme della Convenzione possano farsi

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