Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17 del 09/12/2016

Penale Sent. Sez. 2 Num. 17 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza n. 7948 della Corte d’Appello di Roma del 4.12.2015;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nella pubblica udienza del 9.12.2016 la relazione fatta dal Consigliere
Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Luigi Birritteri, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore delle parti civili avv. Marcello Madia, che ha concluso
riportandosi alla memoria depositata;

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 settembre 2015 il Tribunale di Roma ha ritenuto
l’imputato, in atti generalizzato, responsabile del reato di cui agli artt. 81, 646,
61 n. 7 e 11 c.p. (commesso fino al 31.7.2010) e l’ha condannato alla pena di
due anni di reclusione ed euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese
processuali. Ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della
pena al pagamento, entro il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della
condanna, delle somme rispettivamente liquidate a titolo di provvisionale in
favore delle parti civili, condannando, inoltre, l’imputato al pagamento di

Data Udienza: 09/12/2016

provvisionali in favore delle parti civili costituite, oltre alla rkusione delle spese
di costituzione e giudizio sostenute dalle predette parti civili.
Con sentenza del 4.12.2015 la Corte d’appello di Roma ha dichiarato non
doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine alle condotte
antecedenti al 4.6.2008 ed ha eliminato la relativa pena, rideterminando quella
per le residue condotte in anni 1 di reclusione ed euro 500,00 di multa. Ha
confermato nel resto e condannato l’imputato alla refusione delle spese della
costituita parte civile per il grado.
Avverso la sentenza di appello l’imputato ha proposto ricorso per

1) ai sensi dell’art. 606, lett. c) c.p.p. la nullità della notificazione del decreto
di citazione a giudizio, effettuata al difensore di ufficio dopo che l’imputato,
presso il domicilio eletto in via XX, era risultato sconosciuto al
portiere dello stabile. Ad avviso del ricorrente, l’ufficiale giudiziario avrebbe reso
una dichiarazione erronea, non essendo esistente un portiere nello stabile in cui
è avvenuta la notifica e non potendo egli essere sconosciuto, esercitando ivi
attività lavorativa. L’erroneità della dichiarazione, inoltre, sarebbe confermata
dalla successiva notifica della sentenza di primo grado, effettuata sempre presso
il medesimo domicilio eletto, la cui relata dava atto del fatto che lo stabile di via
dell’XX, era “privo di portiere” e che non era stato possibile
notificare la sentenza

“poiché il nominativo indicato non figura sul citofono

esterno dello stabile privo di portiere. Viste le ricerche. In loco nessuno per le
informazioni”. Per di più, ad avviso del ricorrente, se effettivamente egli fosse
stato sconosciuto all’ipotetico portiere, sarebbe stata omessa la verifica
sull’idoneità delle dichiarazioni dal medesimo rilasciate in sede di identificazione
relativamente al suo domicilio; inoltre, se la notifica fosse avvenuta con le
modalità previste per l’imputato irreperibile, la condizione sarebbe dovuta essere
accertata ex art. 159 c.p.p.;
2)

violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento

sanzionatorio, “non condividendosi” le motivazioni addotte sia per discostarsi
sensibilmente dai limiti edittali, sia per non concedere le attenuanti generiche
sia, infine, per subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena
al pagamento delle somme liquidate a titolo di provvisionale.
All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito;
all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte,
riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in pubblica udienza.

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cassazione, deducendo:

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Il primo motivo del ricorso, con cui il ricorrente deduce la nullità della
notifica del decreto di citazione in giudizio, è manifestamente infondato.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che, in tema di notificazione della
citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile, prevista dall’art. 179
c.p.p., ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata
omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte,

medesima nullità non ricorre, invece, nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la
violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue
l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p. e comunque la decadenza
dalla possibilità di farla rilevare oltre i termini previsti dall’art. 180 c.p.p. (Sez.
U., n. 119 del 27.10.1994, Imp. Palumbo, Rv 229539; Sez. 5, n. 8826 del
10.2.2005, Imp. Bozzetti ed altro, Rv 231588; Sez. 2, n. 35345 del 12.5.2010,
Imp. Rummo, Rv 248401).
Applicando tali principi al caso in esame, va osservato innanzitutto che, a
prescindere dal se fosse o meno inficiata dai vizi censurati dal ricorrente, la
notifica del decreto di citazione dell’imputato, eseguita presso il difensore di
ufficio, non essendo il medesimo imputato risultato conosciuto nel luogo indicato
quale domicilio, non è stata inidonea a determinarne la conoscenza effettiva da
parte dell’imputato, considerato che l’avv. Maddalena Maria Oliviero, che aveva
ricevuto la notifica del decreto di citazione in giudizio, ha svolto con continuità
l’ufficio di difensore nel corso del processo in primo grado, senza nulla eccepire,
ed ha proposto poi l’atto di appello (in senso conforme: Sez. 5, n. 37555 del
6.5.2015, Imp. Romano ed altri, Rv 265680).
D’altra parte, il ricorrente neppure ha indicato il concreto pregiudizio che gli
sarebbe derivato in ordine all’effettivo esercizio del diritto di difesa. Egli, difatti,
si è limitato ad affermare di non avere avuto conoscenza dell’atto e di essere
stato privato della facoltà di difendersi prospettando argomenti difensivi
alternativi e provandoli, senza però in concreto darsi carico di specificare i
menzionati argomenti difensivi e quale effettiva lesione avesse subito (ad es.
proporre una richiesta di rito alternativo).
Nessuna nullità assoluta ed insanabile, pertanto, viene in rilievo nel caso di
specie, con la conseguenza che la questione relativa alla nullità del decreto di
citazione in giudizio, sollevata per la prima volta in questa sede, è all’evidenza
tardivamente proposta.

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risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva da parte dell’imputato; la

Va precisato, poi, che – invero – i vizi addotti dal ricorrente non risultano
neppure supportati da idonea prova, tale non potendosi apprezzare la
circostanza relativa al fatto che la relata di notifica della sentenza di primo grado
indica che lo stabile di via XX è privo di portiere, essendo
ciò avvenuto a distanza di circa di un anno dalla notifica del decreto di citazione,
allorquando, ossia, le condizioni dei luoghi potrebbero aver subito variazioni. Ne
discende che, essendo risultato impossibile eseguire la notifica nel domicilio
indicato dal ricorrente, correttamente il decreto di citazione è stato notificato al
difensore di ufficio, non richiedendosi a tal fine neppure l’effettuazione delle

ricerche di cui all’art. 159 c.p.p. (Sez. 1, n. 41223 dell’8.10.2008, Imp. Pavlovic,
Rv 242414).

1.2 Il secondo motivo è inammissibile perché privo del necessario requisito
della specificità.
Il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione della
sentenza impugnata, che, con argomentazioni esenti da vizi e conformandosi
all’orientamento di questa Corte (Sez. un., n. 5519 del 21/4/1979, Imp. Pelosi,
Rv. 142252 – secondo cui è da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in
ordine alla misura della pena allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di cui
all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante rilievo), ha valorizzato, al
fine del trattamento sanzionatorio, la gravità del reato commesso dal
professionista, l’appropriazione dell’ingente somma di denaro, peraltro
perpetrata occultando alle parti civili le condotte appropriative mediante
l’indebita assunzione, dinanzi all’agenzia delle entrate, del ruolo di loro
intermediario.
La Corte territoriale ha altresì valorizzato l’intensità del dolo, quanto alla
determinazione dell’aumento per la continuazione, ed ha motivato il diniego delle
invocate attenuanti generiche, tenuto conto dell’indicata gravità delle condotte
ascritte, del danno cagionato alle parti civili, della mancanza di qualsiasi segno di
resipiscenza nella condotta successiva al reato.
Ha poi subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena al
risarcimento del danno, considerati sia l’entità del danno, anche morale, subito
per l’appropriazione del denaro consegnato all’imputato commercialista in
pagamento dei tributi riferibili alle annualità dal 2007 al 2009, che ha
comportato per le parti civili l’iscrizione di ipoteche legali su immobili di loro
proprietà, sia la perdita subita dalle stesse, senza prospettiva di alcun ristoro.
Siffatta linea argonnentativa non presta il fianco a censure, non ponendosi in
contrasto con disposizioni normative e rendendo adeguatamente conto delle
ragioni della decisione adottata, rispetto alle quali il ricorrente si è limitato a
riproporre doglianze generiche, già presentate e disattese in sede di appello.

,,
Ì

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2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di euro
duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese di costituzione e
difesa sostenute nel grado dalle parti civili B.B., C.C., D.D.

in complessivi euro 3.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, CPA e
Iva.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende nonché alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute nel
grado dalle parti civili BB., CC., D.D. anche nella
qualità di legale rappresentante della T.I.S., che liquida in complessivi euro
3.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, CPA e Iva.
Così deciso in Roma, nell’udienza pubblica del 9 dicembre 2016
Il Consigliere estensore
Giuseppina Anna Rosaria Pacilli

Il Presidente
Giacoísno Fumu
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A.A. anche nella qualità di legale rappresentante della T.I.S., che si liquidano

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