Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16997 del 14/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16997 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGNO MARIO nato il 16/02/1972 a SESTO SAN GIOVANNI
avverso la sentenza del 02/02/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;

Data Udienza: 14/12/2017

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Milano ha confermato la condanna di Mario
Magno alla pena di mesi dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 385 cod. pen., commesso il 15
agosto 2015.
Per mezzo del difensore, l’imputato impugna la sentenza di appello, lamentando l’erronea
applicazione dell’art. 385 cod. pen. perché, in presenza dello stato di necessità addotto
dall’imputato, i giudici avrebbero dovuto pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen. o quantomeno dell’esercizio del diritto; censura inoltre il diniego di applicazione
delle circostanze attenuanti generiche e la mancata riduzione della pena, per mancnaza di
motivazione.

prive della necessaria connotazione di ragionata critica della decisione e si risolvono nel tentativo di
sottomettere alla Corte questioni di merito. Sono, infatti, risultate prive di riscontro le affermazioni
della moglie dell’imputato, secondo le quali questi si era allontanato dall’abitazione, con tutta
probabilità, per recarsi in Ospedale ove non vi è traccia del suo passaggio.
Sono esenti da censure, men che mai per mancanza di motivazione, le argomentazioni con le
quali la Corte milanese ha respinto le generiche deduzioni sull’eccessività della pena, in realtà
prossma al minimo edittale, e sulla mancata applicazione delle generiche, avuto riguardo ai numerosi
precedenti penali dell’imputato. Si tratta di argomentazioni, fondate sulla valutazione della condotta
dell’imputato e di un giudizio sulla sua personalità, tutt’altro che illogiche sicchè alcuna violazione di
legge consegue dalla mancata valutazione di condizioni personali (lo stato di emarginazione sociale).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende, che si
ritiene conforme a giustizia determinare in euro tremila.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2017

Il ricorso è inammissibile. Le censure, mera reiterazione di quelle proposte in appello e
correttamente disattese dai giudici a quibus, sono dunque indeducibili in sede di legittimità perché

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