Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16981 del 14/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16981 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI MAURO ANTONIO nato il 24/01/1996 a CATANIA

avverso la sentenza del 10/02/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;

Data Udienza: 14/12/2017

FATTO E DIRITTO

1.È impugnata la sentenza emessa in data 10 febbraio 2017 dalla Corte di appello di
Catania che ha confermato quella resa dal locale tribunale che aveva condannato Antonio
Di Mauro alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa
previsto dall’articolo 73, commi 1 e 4 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309.
2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza l’imputato propone, attraverso il
difensore, ricorso enunciando due motivi di censura. In particolare, lamenta vizio di
violazione di legge e vizio di illogicità della motivazione circa la esatta qualificazione

presupposti per l’applicazione del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma quinto,
d.p.r. n. 309 del 1990 che la Corte territoriale ha erroneamente escluso a fronte della
evidenziata modesta quantità dello stupefacente valorizzando, viceversa, il contesto di
continuità di spaccio nel quale si iscrive la condotta. Analoghi vizi inficiano la mancata
applicazione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen..
3.11 ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza e per la genericità dei
motivi dedotti.
4.La Corte territoriale, nel respingere l’analogo motivo di appello pressoché
strutturato negli stessi termini, ha affermato che il fatto di lieve entità non poteva essere
riconosciuto, tenuto conto del dato ponderale dello stupefacente, cioè gr. 82 di marijuana
confezionata in 82 involucri che l’imputato spacciava su strada in un luogo noto a tale
destinazione; della continuità dell’attività di smercio svolta, che portava al rinvenimento
della somma di 123 euro, con la conseguenza che, nel caso in esame, non era possibile
ritenere che la fattispecie concreta risultasse di trascurabile offensività ai fini
dell’inquadramento nell’ipotesi di cui all’articolo 73, comma quinto, d.p.r. n. 309 del 1990.
5.Nel pervenire a tale conclusione la Corte d’appello si è attenuta al principio di
diritto, confermato dalle Sezioni Unite, secondo il quale il fatto di lieve entità di cui all’art.
73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuto solo in ipotesi di
minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo,
sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti
negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio
(Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911).
Naturalmente il giudizio sulla natura negativamente assorbente di uno dei parametri
normativi declinati dall’articolo 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 va eseguito non in
senso assoluto, astraendo il dato di riferimento dal contesto nel quale esso si inserisce,
bensì in relazione a tutte le circostanze del caso specifico le quali possono far ritenere che
un parametro, apparentemente negativo, svolga una funzione neutra ai fini dell’offensività
della condotta, la cui tenuità risulta invece convalidata, senza riserve, dai restanti
parametri.
L’accertamento, in ordine alla ridotta offensività della condotta di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (ora titolo autonomo di reato), si risolve comunque in

giuridica della fattispecie violata, poiché, nel caso di specie, sussistevano tutti i

un giudizio di fatto che compete al giudice di merito e che se, come nella specie,
adeguatamente e logicamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità.
6.Ne consegue la manifesta infondatezza dei motivi dedotti avuto riguardo alla
concreto percorso motivazionale della sentenza impugnata che non si è sottratta alla
specifica valutazione della concreta offensività della condotta e del criterio di
ragionevolezza che impone la proporzione tra quantità e qualità dell’offesa e offensività
del fatto esaminando la componente oggettiva e soggettiva del reato ritenuto e di quello
di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990.
7. Anche sul diniego delle circostanze attenuanti generiche non è censurabile, per

giudizio di disvalore della condotta, alla luce dei precedenti che gravano il Di Mauro.
8.All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che si considera conforme a giustizia fissare in euro3.000,00 uemi ,considerato che
non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità ( cfr. art. 616 cod. proc. pen. e sentenza
Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma dir2.000,00/euro al a cassa delle ammende.
Così deciso il g. 14 dicembre 2017

Il Consiglier
Emilia Anna Gior

ensore

Il Presidente
Giacomo, aoloni

manifesta illogicità, la valutazione dei giudici territoriali incentrata sul complessivo

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