Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16968 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16968 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
CETRIOLO MICHELE, nato il 07/07/1958, avverso l’ordinanza del 14/08/2015
della Corte di Appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Delia Cardia, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 17/08/2015, la Corte di Appello di Genova respingeva
l’appello proposto da CETRIOLO Michele contro il decreto con il quale, in data
09/06/2014, il Tribunale di Savona gli aveva applicato la misura la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di
soggiorno nel comune di Albenga per anni tre, aveva disposto la confisca di beni
immobili, denaro, oggetti preziosi, quote societarie tutte di proprietà dello stesso
anche se intestate a terzi, disponendo altresì la revoca del sequestro di un
immobile risultato di proprietà della madre del proposto e di un’autovettura
risultata di proprietà della moglie del proposto stesso, e rigettando la domanda

Data Udienza: 30/03/2016

di sequestro dei preziosi sequestrati presso l’abitazione della moglie del
proposto.

2. Contro il suddetto decreto, CETRIOLO Michele, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo l’omessa motivazione in
ordine al requisito dell’attualità della pericolosità.
La difesa, sul punto, ha rilevato:
2.1. Relativamente alla misura di prevenzione patrimoniale: «come risulta

misure di prevenzione da cui è scaturito il presente procedimento, in data
13/8/2007 il G.I.P. presso il Tribunale di Savona, nell’ambito del procedimento
nr. 4439/06, ebbe a disporre «il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 cpp
e 12 sexies D.L. 306/92 dei beni. immobili, mobili, aziende e somme di denaro
o valori intestati o nella disponibilità di Cetriolo Michele». Da allora il proposto
ha perso ogni contatto con tutti i suoi beni, ed in particolare con le aziende
che fino a quel momento gli avevano concesso di lavorare nel settore dei
video giochi. Solo per completezza si allega copia del provvedimento del G.I.P.
I medesimi beni riconducibili al proposto, tra cui le aziende, sono stati
nuovamente assoggettati a sequestro anticipato in accoglimento della richiesta
contenuta nella proposta di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale
e personale di cui si tratta. In conclusione, poiché è da almeno otto anni che
tutti i beni riferibili al prevenuto sono sottoposti a misura cautelare reale,
l’affermazione della Corte in merito all’attualità della pericolosità è illogica
(tutte le società riconducibili al prevenuto sono nella disponibilità dello Stato,
per cui la loro eventuale attività non può essere interpretata come

«indice

sicuro dell’attualità delle sue attività criminose»)»;
2.2. Relativamente alla misura di prevenzione personale: «altri argomenti a
supporto del presupposto per l’applicazione della misura di prevenzione
personale non ve ne sono posto che, come già ricordato, il giudice a quo ha
scritto che i precedenti del proposto non sono né molti né recenti e che anche
le pendenze, per fatti risalenti nel tempo, da sole dicono poco».

3. Il Procuratore Generale, in persona del sostituto Delia Cardia, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. MISURA DI PREVENZIONE PATRIMONIALE: la Corte

territoriale a fronte delle

censure dedotte con il gravame, ha così replicato: «Va innanzitutto detto che i
precedenti e anche le pendenze da sole dicono poco, ma assumono un significato

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precisato alla pag. 10 della proposta della D.I.A. per l’applicazione delle

inequivocabile alla luce di tre fattori: il considerevole patrimonio accumulato da
Cetriolo, in assenza di qualsivoglia reddito dichiarato, almeno da un certo
periodo in poi; l’intestazione fiduciaria di cespiti importanti ai parenti; la natura
dei molti beni sequestratigli in data 10/9/2007, in occasione del suo arresto in un
procedimento ancora pendente (c.f.r. pag da 63 a 69 della proposta della DIA
che contiene un analitico elenco). Cominciando dall’esame di quest’ultimo
argomento, si deve segnalare che i beni sequestrai non si presentavano come
beni personali, ma apparivano confezionati quasi uno per uno in sacchetti di

correttamente argomenta il primo giudice, essi hanno tutto l’aspetto di beni
personali di terzi consegnati in pegno o in pagamento di debiti evidentemente
con causa illecita. E questa opinione è rafforzata dal fatto che l’imputato non ha
fornito alcuna spiegazione di detti beni. Ciò fa ragionevolmente presumere
l’origine illecita dei beni in questione e, visto il loro numero e il loro valore, essi
rappresentano l’imputato come professionalmente dedito al delitto, ben oltre le
modeste tracce del certificato penale e di quello dei carichi pendenti. A questo
occorre aggiungere il cospicuo patrimonio liquido e immobiliare sequestrato, mai
giustificato in modo circostanziato. E le società risultano attive sul piano
patrimoniale fino al presente giudizio, con ciò dimostrando l’attualità delle
operazioni finanziarie di Cetriolo, indice sicuro dell’attualità delle sue attività
criminose, visto l’assenza di redditi dichiarati praticamente dal 1994».
Questo punto specifico della motivazione non è stato oggetto di alcuna
doglianza da parte della difesa la quale, come si evince dal motivo

supra

testualmente trascritto (§ 2.1.), si è limitata a dolersi dell’omessa motivazione
sull’attualità della pericolosità.
La doglianza, nei termini in cui è stata dedotta, è manifestamente infondata.
Questa stessa Suprema Corte, in più occasioni ha affermato che il principio
di reciproca autonomia tra le misure di prevenzione personali e patrimoniali previsto dall’art. 2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575, nel
testo modificato dall’art. 2, comma 22 della 15 luglio 2009, n. 94 – consente di
applicare la confisca anche in assenza di richieste di misure di prevenzione
personali, sì da poter prescindere dal requisito della pericolosità del proposto al
momento dell’adozione della misura, ma richiede che detta pericolosità sociale
sia comunque accertata con riferimento al momento dell’acquisto del bene,
oggetto della richiesta ablatoria [Cass. n. 46068/2014; Cass. SU 4880/2014 per
la quale (in massima): «La pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto
ineludibile della confisca di prevenzione, è anche “misura temporale” del suo
ambito applicativo; ne consegue che, con riferimento alla cd pericolosità
generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di
tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla

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cellophane, spesso con biglietti descrittivi o con distinte di pegno. Come

cd pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come
ordinariamente accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia
individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale,
al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al
proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato»:
Cass. 40398/2015; Cass. 10153/2012 rv. 254545; Cass. 41452/2013 Rv.
257535; Cass. 23641 /2014 Rv. 260103.
Di conseguenza, poiché la censura è limitata esclusivamente alla

configurabile poiché il proposto non aveva la disponibilità dei beni da alcuni anni,
la suddetta doglianza va ritenuta manifestamente infondata atteso che, come
emerge a tutto tondo dalla motivazione addotta dalla Corte territoriale, i beni
sequestrati devono ritenersi provento dell’attività delittuosa del proposto in
quanto acquistati durante il periodo in cui era “dedito al delitto”.
Infatti, secondo l’incensurabile motivazione addotta dalla Corte territoriale
«la personalità del ricorrente delineata succintamente dall’appellante non spiega
né giustifica nulla: se fosse un semplice tossicodipendente con il vizio del gioco
non avrebbe tutti quei beni, ma sarebbe povero e disperato. Se fosse un
imprenditore interessato al terziario del gioco d’azzardo avrebbe una qualche
contabilità visto che operava con strumenti societari, e dunque aveva necessità
di contabilizzare almeno parte i suoi affari. L’unica spiegazione possibile è che si
tratti del provento di attività delittuosa, attualmente, professionalmente e
stabilmente perseguita da Cetriolo Michele, che non avendo altri mezzi leciti,
viveva di essa».

2. MISURA DI PREVENZIONE PERSONALE: anche la suddetta doglianza va ritenuta
manifestamente infondata per le ragioni di seguito indicate.
In punto di diritto, va rammentato che questa Corte, in modo costante, ha
sempre affermato i seguenti principi di diritto:
«in materia di applicazione di misure di prevenzione il giudizio di
pericolosità presuppone un’oggettiva valutazione di fatti sintomatici della
condotta abituale e del tenore di vita del proposto, da accertare in modo
tale da escludere valutazioni meramente soggettive da parte dell’autorità
proponente, il cui giudizio può basarsi anche su elementi che giustifichino
sospetti o presunzioni, purché obiettivamente accertati, come i precedenti
penali, l’esistenza di recenti denunzie per gravi reati, il tenore di vita,
l’abituale compagnia di pregiudicati e di soggetti sottoposti a misure di
prevenzione, ed altre manifestazioni oggettivamente contrastanti con la
sicurezza pubblica, in modo che risulti esaminata globalmente l’intera
personalità del soggetto come risultante da tutte le manifestazioni sociali
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considerazione secondo la quale l’attualità della pericolosità non sarebbe

della sua vita»:

ex plurimis

Cass. 1147/1994 Rv. 197671; Cass.

866/1993 Rv. 194196; Cass. 6794/1998 Rv. 212209; Cass. 3426/1999
Rv. 213838; Cass. 23041/2002 Rv. 221676;
la pericolosità sociale del proposto deve essere attuale e, quindi,
sussistente al momento della relativa decisione, ma va riferita al
momento del giudizio di primo grado, essendo irrilevante che gli elementi
sintomatici della pericolosità siano lontani nel tempo al momento dei
successivi gradi di giudizio, atteso che il sopraggiungere di nuove

la modifica della misura di prevenzione: ex plurimis Cass. 38471/2010 riv
248797; Cass. 13005/2002 riv 223793.
Sul punto va osservato che la Corte territoriale, pur sovrapponendo spesso
la motivazione riguardo le due misure (patrimoniale e personale), ha, tuttavia,
motivato sulla pericolosità attuale del ricorrente desunta sia dai precedenti penali
che dalle pendenze in atto, confermando la decisione di primo grado.
In questa sede, la difesa del ricorrente ha dedotto che la Corte si sarebbe
semplicemente limitata a rilevare «[…] che i precedenti del proposto non sono né
molti né recenti e che anche le pendenze, per fatti risalenti nel tempo, da sole
dicono poco».
Il che, però, non è, nella sostanza, vero, perché la Corte, nell’affermare che
la disponibilità del cospicuo patrimonio era riconducibile all’attività delittuosa alla
quale il proposto era dedito (soprattutto attività usurarie: «nel corso di
perquisizioni a suo carico eseguite in altri procedimenti erano stati rinvenuti
numerosi oggetti preziosi, molti dei quali “catalogati in buste di cellophane ed
accompagnati da distinta bancaria di pegno”»: pag. 2 decreto impugnato), di
fatto, ha anche affermato la sua pericolosità sociale quantomeno sussistente al
momento dell’inizio del presente procedimento (fatto questo sul quale non vi è
alcuna contestazione).
In altri conclusivi termini, se è vero che la pericolosità sociale dev’essere
accertata al momento dell’inizio del procedimento, è anche vero che tale
accertamento deve ritenersi essere stato effettuato da entrambi i giudici di
merito, tanto più ove si consideri che il ricorrente, sul punto, si è limitato a
dedurre una doglianza del tutto generica ed aspecifica.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.500,00.

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circostanze favorevoli al proposto può consentire unicamente la revoca o

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 30/03/2016

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