Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1696 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1696 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHELSTOWSKI PIOTR MICHAL N. IL 01/08/1988
avverso la sentenza n. 58/2013 CORTE ASSISE APPELLO di
FIRENZE, del 27/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. a,

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Data Udienza: 14/01/2014

Considerato in fatto e diritto
1. Chelstowski Piotr Michal , per il tramite del difensore fiduciario , propone
ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze con la
quale , in esecuzione del Mae emesso dal Tribunale di Zamose ( Polonia) in data
16 agosto 2012, è stata disposta la consegna del ricorrente alle competenti
Autorità dello Stato della Polonia in ragione della necessità di condurre a
definizione il processo promosso ai danni del ricorrente, sospeso per la sua

trenta.
3.Con un unico motivo di ricorso , riconducibile all’egida della violazione di legge
siccome riferita al disposto di cui all’ad 18 comma I lettera R della legge 69/05,
la difesa evidenzia che il ricorrente è residente in Italia da anni come comprovato
dal documento di identità, dal possesso del codice fi scale , dalla presenza in Italia
di madre e sorella , residenti in luoghi prossimi alla sua abitazione , dalla
presenza di un legame sentimentale e dal contratto di comodato relativo
all’abitazione presso la quale risiede. Segnala , ancora , che fermato in occasione
dei fatti oggetto della imputazione penale sottesa al MAe in contestazione aveva
affermato e documentato alle autorità polacche la propria residenza Italiana. In
ragione del radicamento, non preso in considerazione dalla Corte , si oppone
dunque alla consegna e chiede l’annullamento della decisione impugnata.
IL ricorso è manifestamente infondato é va dichiarato inammssibile
4. Si vette in materia di M.A.E. processuale, essendo stata richiesta la consegna
del ricorrente perché lo stesso, rendendosi irreperibile , si è sottratto al processo
provocandone la sospensione. Il provvedimento restrittivo emanato appare infatti
espressamente finalizzato all’esigenza di garantire l’esecuzione del processo ,
delimitando peraltro il periodo di restrizione in ragione del tempo necessario
all’incombente ostacolato dalla absentia del ricorrente ( indicato in trenta giorni).
5. Osserva la Corte che in tema di mandato di arresto Europeo, può essere data
esecuzione in Italia ad un mandato di arresto Europeo emesso sulla base di un
provvedimento cautelare volto ad evitare la celebrazione del processo penale in
assenza dell’imputato (Sez. 6, Sentenza n. 19360 del 18/05/2010 Rv. 247343
Imputato: Junski, che richiama Sez. feriale, 28 agosto 2008, dep. 3 settembre
2008,

n.

34574).

6. A tal riguardo, non essendo detto provvedimento fondato su ragioni
incompatibili con diritti fondamentali dell’imputato, in relazione sia ai principi

irreperibilità, stimandosi al fine congrua una restrizione non superiore a giorni

della Costituzione sia a quelli enunciati nella C.E.D.U. e considerato che non
possono essere dall’a.g. dello Stato di esecuzione sindacate le valutazioni
discrezionali che hanno condotto l’a.g. dello Stato emittente alla sua adozione
(Sez. 6 Sentenza n. 2711 del 20.1.2010, Malvetti), appare assolutamente
inconferente il riferimento alla ipotesi del rifiuto di cui alla lettera R dell’ad 18
Legge MAE , piuttosto finalizzata a favorire l’esecuzione della pena detentiva o di
altra misura di sicurezza in Italia in ragione del radicamento ( norma divenuta

sentenza della Corte Costituzionale 227/10).
Piuttosto f la norma di riferimento che meglio si attaglia alla natura ed al tenore
delle contestazioni sollevate in ricorso è quella di cui l’art 19 lettera C che ,
proprio in caso di mandato processuale, impone , accertato il radicamento in
Italia in ragione di una stabile residenza del soggetto da consegnare , che la
consegna , una volta definito il processo venga condizionata • alla restituzione del
consegnando allo Stato membro di esecuzione per ivi scontare la pena detentiva
o la misura di sicureza disposta dallo Stato procedente.
5. Nel caso va tuttavia segnalato come la questione in fatto correlata alla
residenza del ricorrente nel territorio italiano non risulta sia stata sollevata ,
dall’interessato e dalla sua difesa , innanzi alla Corte territoriale; per contro ,
solo in questa sede di legittimità il tema è stato sollevato dalla difesa del
ricorrente mediante anche l’allegazione di supporti documentali destinati a
comprovare l’effettività di siffatta residenza.
6. Ritiene la Corte che la doglianza , ricondotta più coerentemente all’egida di cui
all’alt 19 lettera C – anche a prescindere dai profili di inammissibilità radicale che
potrebbero caratterizzarla , impedendo l’approfondimento nel merito malgrado il
disposto di cui all’ad 22 comma I stessa legge ( perché risulta investito il Giudice
di legittimità di elementi in fatto, diretti a comprovare l’effettività della residenza
, mai neppure adotti innanzi alla Corte territoriale) –

sia evidentemente

supportata da elementi non idonei al fine probatorio perseguito dal ricorrente.
7. La giurisprudenza di questa Corte ha nel tempo sempre più precisato e chiarito
che il requisito della residenza, nella nozione comunitaria che rileva nella L. n. 69
del 2005 per l’applicazione sia dell’art. 19, lett. c che – ora – dell’art. 18, lett. r, in
esito alla declaratoria di incostituzionalità resa con la sentenza nr 227/10 dal
Giudice delle leggi , presuppone l’esistenza di un radicamento reale e non
estemporaneo dello straniero in Italia.

applicabile non solo al cittadino Italiano ma anche al residente in ragione della

Un tale tipo di radicamento si evince da indici fattuali che attengono sia ad
aspetti formali che ad aspetti sostanziali, e che debbono necessariamente
concorrere, nessuna delle due tipologie essendo per sè sufficiente a configurare il
requisito della residenza, nella nozione “Europea” che rileva per l’applicazione
della L. n. 69 del 2005.
Così, in primo luogo si pone la formale iscrizione o residenza anagrafica nel
territorio dello Stato (Sez. 6, sent. 20533 del 27- 28.5.2010), che attesta sia la

prevalentemente appunto formale – delle condizioni fattuali di tale presenza. In
secondo, e – va ribadito – concorrente luogo, occorre che la presenza nel
territorio dello Stato sia caratterizzata, in fatto, da apprezzabile continuità
temporale e stabilità , fissazione in Italia della sede principale e consolidata
(anche se non esclusiva) dei propri interessi economici ed affettivi, distanza
temporale rispetto alla commissione del reato ed alla sentenza di condanna
estera, rilevando anche l’eventuale pagamento di oneri contributivi e fiscali (Sez.
6, sentt. 13517 dell’8-9.4.2010, 14710 del 9-16.4.2010, 10042 del 9-11.3.2010,
2950 del 19-22.1.2010, 2951 del 19-22.1.2010).
In definitiva , occorre una situazione fattuale caratterizzata da stabili riferimenti
familiari, abitativi e lavorativi che siano tra l’altro idonei anche a consentire
l’eventuale accesso ai benefici penitenziari (il che costituisce, sostanzialmente, la
principale finalità di una previsione normativa che si caratterizza per il privilegio
attribuito al favore per l’efficacia risocializzante dell’esecuzione di pena).
È poi onere del cittadino comunitario allegare specifici elementi fattuali indici
della sua effettiva residenza o stabile dimora, nel significato prima rilevato. Nei
casi in cui poi residuino dubbi in ordine alla situazione personale di residente , la
Corte d’appello ha la facoltà di richiedere alle parti interessate, o eventualmente
acquisire d’ufficio, produzioni documentali necessarie alla valutazione (Sez. 6,
sent. 28236 del 15 -20.7.2010).La valutazione relativa all’idoneità o meno degli
elementi fattuali acquisiti costituisce specifico apprezzamento di stretto merito,
che trova fisiologica sede innanzitutto davanti alla Corte d’appello, dotata tra
l’altro di ogni potere di integrazione probatoria, il cui esercizio si renda
eventualmente necessario. L’eccezionale competenza nel merito che la L. n. 69
del 2005 riconosce a questa Corte di legittimità (art. 22.1) attiene infatti
prevalentemente, se non in via esclusiva, alla possibilità di verificare pure gli
apprezzamenti di fatto operati dal giudice della consegna, non conferendo poteri

legalità della presenza in Italia sia una preliminare verifica – anche se

di tipo sostitutivo o integrativo, anche istruttorio (Sez. 6, sent. 41764 del 2930.10.2009; Sez. 6, sent. 13812 del 25-30.3.2009).

E nella specie , siffatto

approfondimento istruttorio risulta precluso dalla scelta del ricorrente di addurre
solo in sede di legittimità sia il tema di giudizio che gli elementi portanti sottesi
alla affermata natura effettiva della residenza dello stesso in Italia.
6. Tanto premesso in linea di principio f la documentazione prodotta non consente
di ritenere sussistente il presupposto del radicamento; piuttosto le emergenze

stabile a dispetto del dato formale recato dalla residenza allegata .
Al fine , giova segnalare come la residenza di madre e sorella del ricorrente in
Italia non solo costituisca dato in sé non necessariamente determinante al fine
probatorio perseguito dal ricorrente ma si riveli nel caso anche non confacente ,
una volta che non si precisi da quale momento siffatta stabile presenza è venuta
a consolidarsi. La presenza di un radicato legame affettivo e familiare con una
cittadina Italiana non può certamente desumersi , poi , dalla allegazione di una
dichiarazione sostitutiva in tal senso resa dalla asserita convivente del ricorrente
. Infine/ il contratto di comodato relativo all’ultima dimora in Italia del ricorrente ,
considerata la precarietà del titolo e la modestia temporale dello stesso , non
lascia propendere per l’attribuzione al dato di valenze logiche utili a sostenere
adeguatamente l’assunto difensivo del radicamento stabile.
Si aggiunga , a definitiva chiusura delle argomentazioni tese a contrastare
apertamente la fondatezza dell’assunto difensivo, che il reato sotteso al mandato
è stato compiuto , ovviamente in Polonia, in epoca successiva a quella di
affermato radicamento in Italia del ricorrente ; e che la difesa non ha neppure
addotto che tale condotta ebbe a verificarsi in occasione di una temporanea
collocazione del ricorrente nella patria di origine, a conferma , dunque , di una
presenza in Italia solo formalmente attestata dalla ftzzate residenza ma
tutt’altro che supportata da una radicale stabilizzazione nel nostro territorio.
Da qui la manifesta infondatezza del gravame cui fa seguito la declaratoria di
inammissibilità , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e di una somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende ,
determinata in via equitativa .
Manda alla cancelleria per le incombenze di cui all’alt 22 comma V legge 69/05.
PQM

istruttorie lasciano pensare una presenza del ricorrente in Italia tutt’altro che

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di una somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle
ammende .
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art 22 comma V legge 69/05.
Così deciso in Roma il 14 gennaio 2014
Il Pr sidente

Il Consigliere relatore

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