Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1696 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1696 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) FORMICOLA GIUSEPPE N. IL 02/03/1978
2) FORMICOLA ANTONIO N. IL 24/10/1954
avverso la sentenza n. 4786/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
21/09/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. t q., eto
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che ha concluso per je ctist4vt eivw.44A
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 12/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 21.9.2011, la Corte d’Appello dì Napoli – per quanto qui interessa – ha
ridotto la pena inflitta a Formicola Giuseppe e Formicola Antonio ad anni due e mesi quattro di
reclusione ed C. 6.000 di multa ciascuno. Ha altresì ridotto ad anni uno e mesi sei le pene
accessorie del divieto di espatrio e dei ritiro della patente di guida. Ha confermato nel resto la
sentenza impugnata con cui gli imputati erano stati ritenuti responsabili del reato di cui agli
artt. 110 cp e 73 DPR n. 309/1990.
La Corte di merito ha confermato il giudizio di responsabilità degli imputati

considerando la quantità di sostanza rinvenuta, le tracce trovate su un coltello, i rotoli di
cellophane e alluminio e l’occultamento sotto cesti di fiori all’interno di un esercizio
commerciale, modalità detentive ritenute incompatibili con un possibile uso personale, che
avrebbe indotto alla custodia in casa.
In ordine al trattamento sanzionatorio, ha ritenuto – per quanto interessa in questa sede che, essendo stata concessa dal giudice di primo grado l’attenuante di cui all’art. 73 quinto
comma DPR n. 309/1990, nonché le attenuanti generiche, appariva eccessiva la pena inflitta e
congrua quella di anni due, mesi quattro di reclusione ed C. 6.000 di multa, ottenuta partendo
da una pena base di anni quattro, mesi sei di reclusione e C. 12.000 di multa, ridotta, per le
attenuanti generiche ad anni tre, mesi sei di reclusione ed C. 9.000 di multa, diminuita ad anni
due, mesi quattro di reclusione ed C. 6.000 di multa ai sensi dell’art. 442 cpp.
3. Per rannuilamento della sentenza, gli imputati hanno proposto separati ricorsi per
Cassazione (identici nel contenuto) denunziando la violazione dell’art. 192 comma 3 cpp e
l’omessa motivazione sulle censure sollevate con l’appello e la violazione dell’art. 593 comma 3
cpp nonché l’omessa motivazione con riferimento alle modalità dl calcolo della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza perché non
indica, in palese violazione del principio di specificità di cui all’art. 581 lett. c) cpp, quali erano
le censure rivolte alla sentenza di primo grado e quali gli elementi indiziari che, ad avviso dei
ricorrenti, si rivelavano inconsistenti e fumosi e che invece avrebbero dovuto valutarsi con il
massimo rigore.
Comunque, la Corte di merito ha confermato li giudizio di responsabilità attraverso un
percorso immune da vizi logici considerando la quantità di sostanza rinvenuta, le tracce trovate
Su un Coltello, i rotoli di cellophane e alluminio e l’occultamento sotto cesti di fiori in un
esercizio commerciale, modalità detentive ritenute incompatibili con un possibile uso
personale, che avrebbe indotto alla custodia in casa.
2. E’ invece infondata l’altra censura che riguarda la violazione del principio della
reformatio in peius (art. 597 corna 3 cp).

I Formicola – che avevano appellato anche in ordine alle circostanze (cfr. sentenza
Impugnata) – rilevano che mentre il primo giudice aveva concesso la diminuzione per le
attenuanti generiche nella massima estensione, la Corte d’Appello ha operato invece una
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2.

riduzione meno estesa laddove, partendo da una pena base di anni quattro e mesi sei di
reclusione, l’ha diminuita per effetto delle predette attenuanti ad anni tre e mesi sei di
reclusione operando così un trattamento chiaramente peggiorativo, perché – secondo la loro
tesi difensiva – il divieto di reformatio in peius riguarda non soltanto il risultato finale, ma tutti
gli elementi di calcolo della pena.
Il motivo è infondato.
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La questione di diritto (peraltro non nuova) che ei ricorrentè por/ oggi alla Corte è se il

dal giudice oppure se debba intendersi esteso a tutti gli elementi che compongono il
meccanismo di calcolo, come ad esempio le diminuzioni di pena operate per effetto del
riconoscimento di attenuanti generiche.
Ebbene il Collegio, pur non ignorando l’esistenza di alcune pronunce contrarie, ritiene di
aderire a quell’orientamento, ormai seguito anche dalla più recente giurisprudenza, secondo
cui l’applicazione dl una riduzione delle attenuanti in misura Inferiore a quella riconosciuta dal
giudice di primo grado non costituisce violazione del divieto di reformatio in peius, purchè il
giudice di appello, sul gravame del solo imputato, applichi una pena complessiva meno grave
di quella precedentemente comminata (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 23606 del 24103/2010 Ud.
dep. 06/07/2010 Rv. 247739 proprio, con riferimento a fattispecie in materia di violazione
della legge sugli stupefacenti, cass. Sez. 6 n. 19132 del 26.3.2009 Ud. Dep. 7.5.2009 Rv
244184).
Ed invero, il fatto che il giudice nella sentenza impugnata, abbia determinato taluni
aumenti o diminuzioni in modo diverso e meno favorevole per l’Imputato, rispetto al calcoli
effettuati dal giudice di primo grado, non dà luogo ad alcuna violazione del principio di cui si
discute in quanto il detto divieto concerne la parte dispositiva della sentenza e non si estende
alla motivazione, nella cui formulazione il giudice non può subire condizionamenti (cfr.
sentenza 25606/2010 cit.; Sez. 5, 25.2.05, De Anis, Rv. 231695): ragionare diversamente,
dunque, ad avviso della Corte, significherebbe solo influire indebitamente sul potere
discrezionale del giudice di merito nella determinazione della pena entro i limiti di legge.
Del resto, l’avverbio “corrispondentemente” (adoperato dal legislatore al comma 4 dell’art.
597 cpp) non deve considerarsi come dimostrativo della esclusione della possibilità di graduare
in maniera diversa, rispetto al primo grado, il gioco delle aggravanti e delle attenuanti, ma va
riferito semplicemente alla necessità che la diminuzione della pena deve

essere in qualche

modo commisurata al nuovo quadro di responsabilità attribuibile all’imputato, a seguito della
riforma della sentenza di prime cure (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 15961 del 13/02/2004 Ud. dep.
05/04/2004 Rv. 227920; Sez. 1, Sentenza n. 8376 del 17/06/1997 Ud. dep. 24/09/1997 Rv.
208576).
Ora, poiché nei caso di specie l’originaria pena dì anni due e mesi otto di reclusione ed C.
14.000 di multa (inflitta agii imputati dal giudice di primo grado) è stata ridotta, come si è
detto a anni due e mesi quattro di reclusione e C. 6.000 di multa per ciascuno di essi e poiché

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divieto della reformatio In pelus debba intendersi con riferimento alla pena finale determinata

anche le pene accessorie hanno subito una sensibile diminuzione (rispetto agli originari tre
anni fissati dai primo giudice per il divieto di espatrio e il ritiro della patente di guida: cfr.
sentenza impugnata) non vi è stata nessuna riforma peggiorativa nel giudizio di appello che
giustifichi la doglianza dei ricorrenti.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 12.12.2012.

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