Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16957 del 23/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16957 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROSTAMO MAURIZIO, n. il 01/02/1967;

avverso l’ordinanza n. 268/2017 della CORTE DI APPELLO di GENOVA del
25/07/2017;

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Simone Perelli,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 23/02/2018

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25/07/2017 la Corte di appello di Genova, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta proposta nell’interesse di Prostamo
Maurizio ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. di rideterminazione della pena di anni
quattro e mesi otto di reclusione ed euro ventiquattromila euro di multa inflitta con
sentenza della Corte di appello di Genova del 09/03/2011, irrevocabile il
26/09/2012, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, con

di lieve entità.
La Corte territoriale ha escluso la possibilità di rideterminare la pena in considerazione della modifica normativa dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, ostando all’applicazione della normativa più favorevole la pronuncia di sentenza irrevocabile di condanna, ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen..
La Corte di merito, poi, ha respinto anche la richiesta di rideterminazione della
pena in base alla sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, cod. pen., nella parte in
cui tale norma vietava il giudizio di prevalenza della circostanza attenuante di cui
all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla recidiva di cui all’art. 99,
comma quarto, cod. pen..
La Corte ha confermato il giudizio di equivalenza tra la recidiva e la predetta circostanza, alla luce dei numerosi e gravi precedenti penali del Prostamo per reati di
spaccio di stupefacenti, dell’inserimento nell’ambiente della droga, del precedente
penale per reati di ricettazione e falso e della progressione nell’attuazione delle
condotte illecite e della pluralità delle cessioni criminose in oggetto.

2. Il Prostamo, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione
avverso la suindicata ordinanza sulla base dei motivi di ricorso di seguito riportati.
2.1. Erronea applicazione dell’art. 2, comma quarto, cod. pen..
La difesa deduce che l’art. 1, comma 24-ter, lett. a), D.L. n. 36 del 20/03/2014,
convertito con modificazioni dalla L. n. 79 del 16/05/2014, ha totalmente innovato
la disciplina normativa, prevedendo una pena di molto inferiore agli attuali massimi
edittali.
La precedente disciplina era stata abrogata e la circostanza attenuante del fatto
di lieve entità era stata trasformata in reato autonomo. Per tale ragione la vicenda
non rientrava nell’ipotesi di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen..
2.2. Illogicità della motivazione in relazione al diniego di prevalenza della circostanza di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla contestata

giudizio di equivalenza tra la recidiva specifica e la circostanza attenuante del fatto

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recidiva, in quanto esso era fondato solo sul numero degli episodi di cessione emergenti dalla lettura delle sentenze e non sull’esame di verbali e prove.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In relazione al primo motivo di ricorso, va osservato che, secondo il costante

art. 73, comma quinto, del d.P.R. 309 del 1990, dal D.L. n. 146 del 2013, convertito nella legge 21 febbraio 2014, e dal D.L. n. 36 del 2014, convertito dalla legge 16
maggio 2014 n. 79, in quanto introduttive di un regime sanzionatorio più favorevole, integrano un fenomeno di successione nel tempo di leggi penali, sicchè, in ipotesi di sentenza di condanna irrevocabile pronunciata anteriormente all’entrata in vigore delle stesse, non può procedersi, ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen.,
alla rideterminazione della pena in sede esecutiva (Sez. 1, n. 40317 del
13/07/2015, Testagrossa, Rv. 265129; n. 50913 del 06/11/2014, Torcolacci, non
massi mata).
Come è noto, infatti, l’art 2, co. 1, lett. a), D.L. n. 146 dei 2013, è stato novellato il quinto comma dell’art. 73 T. U. in materia di stupefacenti.
La novella, in particolare, ha introdotto una nuova incriminazione ancorché tipizzata, in concreto, secondo i medesimi moduli della previgente, e sostituita, circostanza attenuante speciale del “fatto di lieve entità”. L’effetto giuridico immediato di
siffatta nuova modulazione normativa è che il quinto comma dell’art. 73 D.P.R. n.
309 del 1990, in quanto, appunto, ipotesi autonoma di reato, a differenza del precedente regime, sfugge al bilanciamento di circostanze di cui all’art. 69, comma
quarto, cod. pen.. Nei suoi caratteri costitutivi, peraltro, la nuova ipotesi delittuosa
replica quelli precedenti in ordine alla nozione di “fatto di lieve entità”.
In particolare alla richiesta di rideterminazione della pena formulata dal ricorrente va data risposta negativa per le ragioni logiche e giuridiche adeguatamente illustrate dal giudice territoriale.
Ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., nel contesto della successione nel
tempo di leggi penali, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reato,
salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Nel caso dedotto in giudizio la difesa ricorrente chiede l’applicazione di una normativa, che assume contenere disposizioni più favorevoli di quella precedentemente
in vigore, ma tale domanda non può trovare ingresso giacché la regola invocata cede a fronte della immutabilità del giudicato sul quale l’istante intende interagire.

orientamento di questa Corte, in tema di stupefacenti, le modifiche apportate alli

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Nello stesso senso, d’altronde, si sono espresse anche le Sezioni unite di questa
Corte (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260695).
Il primo motivo di ricorso, pertanto, è manifestamente infondato.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che il giudice dell’esecuzione, per effetto della sentenza della Corte
costituzionale n. 251 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.
69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui vietava di valutare prevalente la

309, sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., può affermare la prevalenza dell’attenuante anche compiendo attività di accertamento, sempre che tale
valutazione non sia stata esclusa dal giudice della cognizione in applicazione di
norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali (Sez. U, n. 42858 del
29/05/2014, Gatto, Rv. 260695).
Vanno altresì richiamati i principi espressi dalla giurisprudenza di questa S.C.
formulati in relazione al giudizio di bilanciamento tra circostanze effettuato in sede
di procedimento di cognizione, ma valevoli anche in relazione al caso in esame:
– – il giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti e aggravanti, ex art. 69
cod. pen., è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente
il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo;
– – il medesimo giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato già
quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale a lui demandato, scelga la
soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola
quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 7,
Ord. 11571 del 19/02/2016, N., Rv. 266148; Sez. 1, n. 758 del 28/10/1993, dep.
1994, Braccio, Rv. 196224);
– – in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di
motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella
norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti
o prevalenti su quelli di segno opposto (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, Manzari,
Rv. 260415);

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anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni di-

fensive dell’appellante – non è tenuto ad un’analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e di

iifiL valore decisivo, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in

circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.

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carenza di stretta confutazione (Sez. U, n. 3286 del 27/11/2008, dep. 2009, Chiodi, Rv. 241755, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 9398 del 04/09/1992, Lafleur,
Rv. 192244).
Ciò posto, nella fattispecie in esame, la Corte di appello ha ritenuto di confermare il giudizio di equivalenza tra la recidiva e la circostanza attenuante di cui all’art.
73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, alla luce dei numerosi e gravi precedenti penali del Prostamo per reati di spaccio di stupefacenti, dell’inserimento nell’ambiente
della droga, del precedente penale per reati di ricettazione e falso e della progres-

in oggetto.
Essa, pertanto, ha correttamente esercitato il potere discrezionale riconosciutole
in proposito dalla legge, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra affermati.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, congruamente determinabile
in euro duemila.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2018.

sione nell’attuazione delle condotte illecite e della pluralità delle cessioni criminose

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