Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16947 del 21/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16947 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

RICCIARDELLO Cono Salvatore, nato il 20/11/1954;

Avverso l’ordinanza n. 610/2016 della Corte di Appello di Messina in data 26/06/2017;

Visti gli atti e il ricorso;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Antonio Minchella;

lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Mariella De Masellis,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 21/02/2018

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 260/06/2017 la Corte di Appello di Messina dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Ricciardello Cono Salvatore avverso la sentenza
del Tribunale di Patti in data 04/09/2015. Rilevava la Corte di Appello che il giudizio
era stato instaurato in seguito ad opposizione a decreto penale di condanna e si era
svolto nella legittima assenza dell’imputato, per cui non era dovuta alcuna notifica
della decisione, anche perché essa era stata depositata entro il termine indicato dal
giudice e cioè il 20/10/2015; l’appello era stato invece depositato il 30/07/2016 ed

Avverso detta ordinanza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore avv.
Alvaro Riolo, deducendo, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen., inosservanza
di norme: tuttavia, dapprima sostiene che non vi era stata conoscenza del
procedimento e, poi, espressamente invitando a non considerare l’accennata
argomentazione (usando i termini: «a prescindere da quanto prospettato nel
superiore motivo»), concentra l’attenzione sul fatto che, non considerandosi la
dichiarata assenza dell’interessato, era errata la conclusione di un appello tardivo (in
quanto il termine per proporre impugnazione avrebbe dovuto conteggiarsi dalla
notificazione di cui all’art. 585, comma 2, lett. d), cod.proc.pen.).
Il P.G. (cogliendo quanto scritto in ricorso) chiede dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso stesso, concludendo sul tema del corretto computo del termine per
impugnare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non può essere accolto.
Prendendo atto di quanto esposto dal ricorrente medesimo in ordine alla doglianza
su cui concentra la sua attenzione, risulta che il ricorrente aveva ricevuto la notifica
del provvedimento introduttivo del giudizio. Di conseguenza, essendo egli assistito da
difensore di fiducia, il procedimento era stato definito in sua assenza; ed allora,
correttamente la Corte di Appello aveva rilevato che il giudice aveva indicato in giorni
novanta il termine per il deposito dei motivi e che detto termine era stato rispettato;
pertanto, il termine per proporre impugnazione era quello stabilito dell’art. 585,
comma 1, lett. c), cod.proc.pen., il quale cadeva, nella fattispecie, nel giorno di
domenica 17/01/2016, prorogato di diritto al 18/01/2016. Rispetto ad esso, l’appello
de quo (del 30/07/2016) era tardivo.
In effetti, le regole rilevanti ai fini dell’individuazione della data dalla quale
decorre il termine per proporre impugnazione sono dettate dagli artt. 585, comma 2
e 548, comma 2, cod.proc.pen. La prima disposizione prevede specificamente come
dies a quo per l’imputato ed il difensore, con riferimento alle sentenze dibattimentali,

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era perciò tardivo.

o il giorno della lettura del provvedimento, in caso di motivazione contestuale, o il
giorno stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza:
ma l’avviso di deposito è previsto unicamente nel caso in cui la sentenza non venga
depositata entro il termine indicato dal giudice.
Nella fattispecie, la sentenza era stata depositata entro il termine stabilito
(circostanza non contestata dal ricorrente) per cui il dies a quo era correttamente
individuato così come sopra riportato (Sez. 6, n. 3914/2016, Rv 265596).
Il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente

ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di Euro Duemila alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2018.
Il Consiglieri estensore
ntonio M chella

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Prima Sezione Penale
Depositata In Cancellgrip oggi

Il Presidente
(Francesco Silvio Maria Bonito)

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo

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