Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1693 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1693 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Tancona Alfio nato il giorno 30 aprile 1960,
avverso il decreto 6 giugno 2013 del Tribunale di Catania.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Pett\IE,a
Paolo wairzéroir che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO ‘1
1. Tancona Alfio è sottoposto alla misura della misura della custodia
cautelare in carcere in quanto indagato per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 DPR n.
309/90 (rispettivamente capi B) e BI) della rubrica), in forza dell’ordinanza emessa
dal GIP presso il Tribunale di Catania il 31-12-2012, confermata dal Tribunale in
sede di riesame.

Data Udienza: 20/12/2013

2. Il Pubblico Ministero ha proposto appello ex art. 310 cod. proc. pen.
avverso il decreto 6 giugno 2013 censurandolo, in relazione alle statuizioni di
mancato accoglimento delle richieste di sequestro.
3. Il Tribunale, con il provvedimento, qui impugnato dal Tancona, in
accoglimento del gravame della parte pubblica, ha disposto il sequestro

56/92 e 321, comma 2, cpp, dei beni riconducibili a Tancona Alfio (sia pure anche
attraverso la moglie -quanto ai beni rappresentati dalla King Head di Tancona
Venerando & C. snc, —*i-7— limitatamente alla quota, pari al 50%, intestata a Di
Stasio Immacolata, e dal motocicio Piaggio Beverly 125, targato CF08 101- e i
figli, in particolare Tancona Carmelo, classe 1988 -quanto all’appartamento e al
garage ubicati in Fiumefreddo,

all’impresa individuale esercente l’attività di

minimaket sita in Taormina, all’impresa individuale esercente l’attività di bar
gelateria e tavola calda, con annessa rivendita di generi di monopolio e gioco del
lotto, sita in Fiumefreddo, al furgone FIAT i IONC).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nella vicenda, il gravame del ricorrente, con un unico motivo di
impugnazione, prospetta violazione di legge e vizio di motivazione sulla assenza di
prova che i beni in oggetto siano riconducibili ad attività illecite, non potendosi
ritenere che il Tancona Salvatore viva abitualmente con i proventi dell’attività
delittuosa.
In tale prospettiva i difensori contestano, analizzando ogni singolo bene
sequestrato, che vi sia prova della sproporzione tra beni e disponibilità finanziarie,
trattandosi nella specie di “beni acquisiti nel corso degli anni, con piccoli risparmi. ‘
2. Le critiche/ per come formulate/ sono inammissibili involgendo profili che
comportano in questa sede “ri-valutazioni di merito” e critiche alla motivazione del
provvedimento, diverse ed estraneealla violazione di legge.
2. 1. Peraltro, prima di esaminare i termini dell’impugnazione è opportuno
rammentare che la presunzione di illegittima provenienza delle risorse patrimoniali,
accumulate da un soggetto condannato per determinati reati di cui all’art. 12
sexies legge 7 agosto 1992, n. 356 deve escludersi in presenza di fonti lecite e
proporzionate di produzione, sia che esse siano costituite dal reddito dichiarato ai

preventivo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 12-sexies della legge n. 3

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fini fiscali, sia che provengano dall’attività economica svolta, benché non
evidenziate, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei redditi (cass. pen. sez. 1,
6336/2013 Rv. 254532): pertanto, qualora l’imputato dimostri la lecita titolarità di
beni e di attività economiche non denunciati al fisco, il giudice è obbligato a
tenerne conto nel suo libero convincimento fornendo adeguata e puntuale

13425/2013 Rv. 255082).
2.2. Inoltre, la presunzione di illegittima acquisizione dei beni (suscettibili
di confisca) da parte dell’imputato deve essere circoscritta in un ambito di
ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano “ictu oculi”
estranei al reato, perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente
antecedente alla commissione di quest’ultimo (cass. pen. sez. 1, 2634/2013 Rv.
254250).
2.3. Da ultimo (cass. pen. sez. 6, 6589/2013 Rv. 254893) va ribadita
l’ammissibilità del ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, nel caso in cui la
motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente
apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la
vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento
impugnato.
3. Tanto premessof ritiene il Collegio che nessuna violazione di legge sia da
individuare nella decisione impugnata e che la giustificazione, proposta dal
Tribunale del riesame rispetti rigorosamente i parametri che nel nostro sistema
)
configurano la motivazione di ogni provvedimento giudiziario.
4. In proposito il decreto, con argomentazioni aderenti alle emergenze
processuali, ha precisato che i congiunti di Tancona Alfio non risultavano percettori
di redditi coerenti con il valore dei beni acquisiti nell’arco temporale in
considerazione, con derivata alta probabilità che siffatti acquisti siano opera
dell’odierno indagato.
4.1. I beni oggetto di sequestro sono stati tutti ritenuti nella disponibilità
diretta od indiretta dell’indagato Tancona Alfio, tramite la moglie, Di Stasio
Carmela, o il figlio, Tancona Carmelo classe 1988.

motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dall’interessato (cass. pen. sez. 1,

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4.2. Il Tribunale ha basato la sua decisione sugli accertamenti svolti in
ordine alle capacità economiche (reddituali e patrimoniali) di Tancona Alfio,
nell’arco temporale compreso tra il 1997 e il 2009, evidenziando che, dal prospetto
(pag. 59) della nota di Polizia giudiziaria, relativo ai redditi percepiti dal nucleo
familiare (composto da Tancona Alfio, dalla moglie, Di Stasio Immacolata, e dai

operati da Tancona Alfio e dagli altri componenti del detto nucleo familiare non
sono giustificati dalle capacità reddituali, dato emerge uno “sbilancio” di oltre
450.000 euro.
4.3. Ed invero, giusta la ricostruzione più che ragionevole effettuata nel
provvedimento impugnato :
a) Tancona Alfio consta avere percepito redditi soltanto per gli anni 20042007, in quanto dipendente della Italservice di Guglielmino Giuseppe e, da ultimo
della Geo Ambiente srl, mentre Di Stasio Immacolata risulta avere percepito redditi
irrisori tra il 1999 e il 2002, per quanto destinataria di importi “in entrata” pari a
euro 10.000 nel 2004 e a euro 3.000 nel 2007;
b) quanto ai figli, entrambi risultano non avere percepito redditi sino al
2009 e tuttavia Tancona Carmelo -coindagato nel procedimento che occupa e nei
cui confronti è applicata, in forza dell’ordinanza del GIP del 31-12-2012 la misura
cautelare della custodia in carcere unicamente in relazione al delitto di concorso
nella detenzione di arma da fuoco di cui al capo C4) della rubrica — risulta,
nell’anno 2007, avente causa nell’atto di compravendita immobiliare avente ad
oggetto un appartamento con garage in Fiumefreddo di Sicilia nel 2007, ai prezzo
di euro 60.000,00, pagato nel 2005, nonché avente causa in locazione non
finanziaria sempre nel 2007 in relazione ad immobile per un canone di €. 9.600
annui in Taormina ove ha sede l’impresa individuale avente ad oggetto la vendita
di alimentari.
4.5. Trattasi all’evidenza di una motivazione priva di errori di diritto ed
esente da invalidità in punto di giudizio di sperequazione, per ciascuno degli anni
nei quali risultano effettuati gli acquisti dei beni, oggetto della richiesta cautelare,
con specifico riferimento (anche) ai redditi dei componenti del nucleo familiare, cui
risultano formalmente intestati alcuni dei cespiti: realtà questa documentalmente

figli, Tancona Carmelo, classe 1988, e Tancona Gianluca), risulta che gli acquisti

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verificata ed idonea a fondare la «l’estrema probabilità» che i detti acquisti siano
stati realizzati esclusivamente dall’odierno ricorrente.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2013
I consigliere estensore

Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in €. 1000,00 (mille).

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