Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16929 del 14/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16929 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANZARO
nel procedimento a carico di:
CAPUTO AUDINO nato il 03/10/1967 a COSENZA

avverso l’ordinanza del 19/02/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO
sentita la relazione svolta dal Consigliere FILIPPO CASA;
lette/zgatite le conclusioni del PG

970.

Data Udienza: 14/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 19.2.2016 (e depositata il 16.1.2017), la Corte di Appello di
Catanzaro, giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di revoca del beneficio della sospensione
condizionale della pena, avanzata dal Procuratore Generale della Repubblica presso la medesima
Corte nei confronti di CAPUTO Audino ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1, cod. pen., in

dalla irrevocabilità della sentenza che aveva concesso l’originario beneficio (emessa dalla Corte
catanzarese in data 3.5.1999, irrevocabile il 22.10.1999), del reato di cui all’art. 416-bis cod.
pen..
A ragione della decisione, il giudice dell’esecuzione osservava che il CAPUTO, nei termini
prescritti, non aveva commesso alcun reato, in quanto quelli per i quali il predetto era stato, da
ultimo, condannato con la sentenza della stessa Corte di Appello di Catanzaro in data 3.6.2014,
irrevocabile il 3.7.2015, risultavano commessi, rispettivamente, in data 3.12.2009 il reato di
bancarotta fraudolenta, e nell’anno 2006 quello di associazione di stampo mafioso.
2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica
presso la Corte di Appello di Catanzaro, il quale, con unico motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen., denuncia violazione di legge con riguardo all’art. 168, comma 1, n. 1),
cod. pen..
Rileva il Procuratore ricorrente che la condanna addotta a motivo della revoca del beneficio
atteneva al delitto di partecipazione ad associazione per delinquere ex art. 416 c.p. (e non a
quello di associazione di stampo mafioso), commesso dal 2001 al 2006, come riportato nel capo
d’imputazione sub A) (testualmente: “attiva in Serra d’Aiello e Cosenza, Catanzaro, Crotone, dal
2001 ad oggi, fatto-reato accertato nel 2006 in Paola”); buona parte della condotta delittuosa de
qua risultava, dunque, commessa dal CAPUTO nei cinque anni decorrenti dalla irrevocabilità della
sentenza cui accedette la sospensione originaria (22.10.1999), sospensione che,
conseguentemente, doveva essere revocata.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso
per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza censurata, in sintonia con le ragioni spese dal
ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
2. Occorre premettere, con riguardo al reato associativo giudicato con la sentenza resa
dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 3.6.2014 (irrevocabile il 3.7.2015), valorizzato dal

considerazione dell’avvenuta commissione, da parte del condannato, nel termine di cinque anni

ricorrente in funzione giustificativa della revoca della sospensione della pena concessa nei termini
di cui in premessa, che la sua natura di reato permanente determina la rilevanza penale della
condotta posta in essere lungo l’intero periodo in cui si protrae, perché essa, fino a quando non
venga volontariamente interrotta o fatta cessare, determina una continuativa e perdurante
violazione della norma penale nella sua manifestazione tipica, e quindi realizza in ogni momento
gli elementi costitutivi del reato (Sez. 1, n. 3319 del 5/7/1994, Bontempo Scavo, Rv. 199274;

268274).
Nel reato permanente, invero, la condotta e l’evento si presentano come un complesso
unitario, sostenuto dalla volontà di protrarre nel tempo la violazione del comando giuridico,
diversamente dal reato continuato, costituito da una pluralità di episodi criminosi, che, pur
conservando ognuno la propria autonomia ed individualità, vengono formalmente unificati e
considerati come singolo reato ai fini della pena, in quanto determinati dal medesimo disegno
criminoso (Sez. 2, n. 647 del 3/10/1980, dep. 1981, Nardelli, Rv. 147476).
Siffatto reato ha, quindi, una struttura intrinsecamente unitaria, che non è possibile
scomporre in una pluralità di reati, essendo unico il bene leso nel corso dell’intera durata
dell’azione o dell’omissione, così da dover ritenere inoperante l’intervento di cause estintive del
reato (come l’amnistia) o della pena (come l’indulto), le quali operano solo se la permanenza è
cessata (Sez. 2, n. 9984 del 5/6/1981, Strizzi, Rv. 150862).
3. La descritta peculiare natura del reato permanente implica, ai fini della revoca di diritto
della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1), cod. pen., che,
nell’ambito del periodo quinquennale successivo alla sentenza cui accedette il beneficio, sia caduto
un qualsiasi frammento della condotta permanente, proprio perché, come detto, la legge
incrimina, con detta condotta, la continuativa violazione della norma penale con integrazione
perdurante degli elementi costitutivi del reato (vedi, da ultimo, Sez. 1, n. 22172 del 26/10/2016,
dep. 1’8/5/2017, Bruno, n.m.).
A ragione, pertanto, il Procuratore ricorrente ha chiesto la revoca della sospensione
condizionale della pena concessa al CAPUTO con sentenza passata in giudicato il 22.10.1999, in
quanto l’imputato, nell’arco del quinquennio successivo, ha commesso, a partire dal 2001, il reato
associativo (permanente) di cui all’art. 416 cod. pen..
Erroneamente, per contro, la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di revoca, dando
rilievo esclusivamente al termine finale di operatività del sodalizio, coincidente con l’anno 2006,
che oltrepassava la scadenza del quinquennio d’interesse (22.10.2004).
4. Per le esposte considerazioni la sentenza impugnata dev’essere annullata, con rinvio per
nuovo esame alla Corte di Appello di Catanzaro, che si conformerà ai criteri qui enunciati.

Sez. 2, n. 41727 del 4/7/2014, Arena, Rv. 261987; Sez. 1 n. 42384 del 28/5/2016, Leo, Rv.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2018

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