Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16917 del 10/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16917 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OMARINI LUCA LUIGI nato il 22/03/1972 a LUINO

avverso l’ordinanza del 22/03/2017 del GIP TRIBUNALE di MASSA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette/seorette le conclusioni del PG t

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Data Udienza: 10/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 22 marzo 2017, il Tribunale di
Massa, in funzione di giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza
proposta da Luca Luigi Omarini, ha dichiarato estinta la pena inflitta allo stesso
con sentenza emessa dal Tribunale di Genova il 14 maggio 2009, irrevocabile il 10
luglio 2009, nei limiti di anni uno, mesi tre, giorni diciotto di reclusione, ed ha
rigettato nella restante parte l’istanza dell’Omarini di applicazione della

sentenza emessa dal Tribunale di Massa il 16 aprile 2010, irrevocabile in data 13
settembre 2016. Indi, il giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta del
P.m., ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso
all’Omarini con la succitata sentenza del Tribunale di Massa del 16 aprile 2010.
Il giudice dell’esecuzione ha rilevato che:
– in relazione ad alcuni reati (quelli sub A, tranne che il tempo successivo al 2
maggio 2006, B, C, D, E) oggetto della sentenza di condanna del 14 maggio 2009
era intervenuto il provvedimento di generale clemenza di cui alla legge n. 241 del
2006, con conseguente concedibilità dell’indulto all’Omarini nei limiti della pena
indicata nel succitato dispositivo, mentre restava da espiare, all’esito della
suddetta estinzione parziale della pena, la residua entità di mesi quattro, giorni
dodici di reclusione;
– invece i presupposti per l’applicazione della chiesta continuazione ai reati
oggetto delle due sentenze non erano riscontrabili, essendo mancata la prova del
medesimo disegno criminoso a base delle violazioni oggetto delle due indicate
sentenze;

andava infine accolta la richiesta del P.m., in quanto il beneficio della

sospensione condizionale concessa con la sentenza del Tribunale di Massa del 16
aprile 2010 non avrebbe potuto essere accordato, giacché si trattava di seconda
condanna a pena sospesa che superava i limiti fissati dall’art. 163 cod. pen., senza
che l’accoglimento dell’istanza di indulto potesse influire su tale revoca dal
momento che la pena complessivamente irrogata all’Omarini, decurtata la pena
estinta superava comunque i limiti di cui alla suddetta norma.

2. Avverso l’ordinanza ricorre il difensore dell’Omarini chiedendone
l’annullamento e deducendo a sostegno dell’impugnazione due motivi.
2.1. Con il primo motivo viene lamentata erronea applicazione della legge
penale in tema di revoca della sospensione condizionale.
Il giudice dell’esecuzione aveva ritenuto erroneamente superati i limiti di cui
all’art. 163 cod. pen., in quanto, in forza dell’indulto, la pena residua da espiare

2

continuazione fra i reati oggetto della suindicata sentenza ed i reati oggetto della

oggetto della condanna emessa dal Tribunale di Genova il 14 maggio 2009 era
pari a mesi quattro, giorni dodici di reclusione, la quale, sommata alla pena
irrogata dal Tribunale di Massa del 16 aprile 2010, pari ad anni uno, mesi sei di
reclusione, ascendeva a pena detentiva non superiore a quella di anni due di
reclusione: il diverso computo sotteso alla conclusione raggiunta dal giudice
dell’esecuzione era evidentemente frutto di calcolo viziato da refuso.
2.2. Con il secondo motivo si prospetta motivazione illogica e contraddittoria
in relazione alla mancata applicazione della continuazione.

dell’assegno era da ritenersi frutto dello stesso disegno criminoso con cui erano
state concepite le falsificazioni oggetto della prima sentenza: le operazioni
avevano visto coinvolti gli stessi soggetti (l’assegno ricettato era stato dato in
pagamento ai gioiellieri per l’acquisto dell’orologio); il tempo era lo stesso della
commissione di alcuni degli altri reati.
L’argomento usato dal giudice dell’esecuzione, circa la carenza di prova
idonea a ritenere che l’Omarini si fosse già prefigurato le linee essenziali dei reati
che intendeva compiere quando aveva rigettato l’assegno, era frutto di illogica
motivazione, in quanto quel titolo era stato utilizzato dall’Omarini nell’ambito di
modalità standardizzate poste in essere da lui e dagli altri medesimi soggetti (i
Fiori) per far figurare l’acquisto come effettuato da soggetto extracomunitario:
questo era quello che importava, non rilevando il fatto che l’Omarini non avesse
pagato gli altri orologi sempre con assegni.

3. Il Procuratore generale ha prospettato il rigetto del ricorso in quanto: per
la revoca della seconda sospensione condizionale della pena appariva irrilevante la
concessione dell’indulto su parte della pena oggetto della prima sentenza di
condanna, posto che l’indulto estingueva la pena facendone cessare l’espiazione,
ma non aveva efficacia ablativa degli altri effetti penali; in ordine alla negata
continuazione, l’assenza di elementi concretamente dimostrativi dell’originaria ed
unitaria programmazione criminosa era stata rettamente ritenuta dal giudice
dell’esecuzione, dovendosi considerare meramente occasionale il pagamento con
l’assegno ricettato di un singolo orologio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’impugnazione si profila infondata e va, pertanto, rigettata.

2. In ordine alla revoca della sospensione condizionale della pena di anni uno,
mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa per il reato di ricettazione, irrogata

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Nell’istanza erano stati individuati gli elementi per i quali ricettazione

dalla sentenza emessa dal Tribunale di Massa il 16 aprile 2010, irrevocabile in
data 13 settembre 2016, tale revoca è stata disposta dal giudice dell’esecuzione,
ai sensi dell’art. 168, terzo comma, cod. pen., in relazione al disposto dell’art.
164, quarto comma, cod. pen., in quanto la pena oggetto della suddetta
condanna, sommata alla pena in relazione alla quale era stata inflitta la
precedente applicazione di pena concordata, emessa dal Tribunale di Genova il 14
maggio 2009, irrevocabile il 10 luglio 2009, pena di anni uno, mesi otto di
reclusione, già assistita dal beneficio della sospensione condizionale.

si giustificava la relativa revoca, anche se va specificato che il giudice
dell’esecuzione è parso cumulare, ai fini del computo, la sola parte di pena
oggetto della prima pronuncia per cui non ha nello stesso provvedimento
pronunciato l’indulto (capo dell’ordinanza – che non forma oggetto di
impugnazione rispetto a cui non è dato cogliere, allo stato degli atti, la ratio della
concessione dell’indulto, essendo, per quanto consta, ancora operante per la
relativa pena il beneficio della sospensione condizionale).
Posto ciò, va premesso che il ricorrente non ha dedotto con l’impugnazione
censura di sorta in merito al procedimento seguito ed agli accertamenti compiuti
dal giudice dell’esecuzione onde pervenire alla conclusione della suscettibilità di
revoca della seconda sospensione condizionale della pena; sicché il vaglio del
Collegio si deve limitare al devolutum.
In ordine alla questione dedotta, ossia l’avere compiuto il Tribunale un errore
di calcolo nel ritenere superiore al biennio la parte di pena non indultata oggetto
della prima pronuncia e la pena oggetto della seconda pronuncia, sicché, senza
cadere nel refuso compiuto, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto concludere
che la pena detentiva oggetto di sospensione condizionale non era superiore a
quella di anni due di reclusione, essa deve essere disattesa, operando, per quanto
di ragione, anche la rettifica della motivazione resa nel provvedimento impugnato.
Il punto che non va condiviso infatti inerisce all’assunto sotteso alla
doglianza: l’indulto avente ad oggetto la pena riportata con la prima condanna
non elide anche gli effetti penali della condanna stessa ai fini del limite stabilito
dall’art. 164 cod. pen. per la concessione della sospensione condizionale della
pena riportata con la successiva condanna.
Si è, in via speculare, chiarito che è legittima la revoca della sospensione
condizionale della pena per successiva condanna a pena interamente condonata
per intervenuta concessione dell’indulto, in quanto l’indulto – se estingue la pena
e ne fa cessare l’espiazione – non ha, tuttavia, efficacia ablativa ed eliminatoria
dal mondo giuridico degli altri effetti penali scaturenti ope legis dalla condanna
(Sez. 1, n. 5689 del 10/06/2014, dep. 2015, Mercurio, Rv. 262464, sulla scia, fra

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Siccome il cumulo delle due pene superava i limiti di cui all’art. 163 cod. pen.,

le altre, di Sez. U, n. 23 del 09/06/1995, Mirabile, Rv. 201548).
E, se tra gli effetti penali che residuano va annoverata anche l’idoneità della
pena stessa a fungere da causa risolutiva del beneficio della sospensione
condizionale concesso in relazione ad altra precedente condanna, in presenza degli
altri presupposti richiesti dalla legge come necessari, deve trarsene che questi
effetti penai afferiscono anche (per l’ipotesi in cui la prima condanna abbia ad
oggetto pena che venga indultata ed, in ipotesi, non sospesa condizionalmente)
alla computabilità della relativa pena ai fini dell’applicazione del limite fissato

1976).
Pertanto – essendo l’applicazione, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc.
pen., della pena di anni uno, mesi otto di reclusione di cui alla sentenza del
Tribunale di Genova il 14 maggio 2009, irrevocabile il 10 luglio 2009, ostativa alla
concessione della sospensione condizionale della pena di anni uno, mesi sei di
reclusione ed euro 600,00 di multa per il reato di ricettazione, irrogata dalla
sentenza emessa dal Tribunale di Massa il 16 aprile 2010 – la revoca di tale
sospensione disposta dal giudice dell’esecuzione non può essere censurata sotto il
profilo dedotto dal ricorrente.

3. Per quanto concerne il rigetto dell’istanza di applicazione della disciplina del
reato continuato, giova evidenziare che il giudice dell’esecuzione ha rilevato che,
con la prima sentenza, l’Omarini era stato condannato, unitamente a Massimiliano
e Giorgio Fiori, per avere falsificato atti pubblici di fede privilegiata apponendo una
falsa attestazione doganale di uscita su fatture relative ad orologi, che l’imputato
comprava dai Fiori, mentre con la seconda sentenza l’Omarini era stato
condannato per aver ricettato un assegno del quale conosceva la provenienza
delittuosa (siccome era stato smarrito da Roberta Demesko).
Posto tale sfondo, l’ordinanza impugnata ha considerato che il possibile
acquisto con tale assegno di uno degli orologi sopra indicati, ove pure fosse stato
confermato, non poteva in ogni caso costituire la prova del medesimo disegno
criminoso, tenuto conto che l’Omarini, fra il 2002 ed il 2006, aveva comprato ben
1.327 orologi dai Fiori: flusso di acquisti, oggettivamente imponente, con
riferimento al quale il pagamento di un unico orologio con assegno ricettato
doveva essere considerato ordinariamente occasionale, posto anche che fino al
2006 l’Omarini aveva assolto i suoi debiti con una certa regolarità.
Il ragionamento svolto dal giudice dell’esecuzione resiste alla censura
articolata dal ricorrente: a fronte degli acquisti di un numero complessivamente
pari a 1.327 orologi oggetto della prima delle due vicende processuali, il
pagamento, ove pure fosse stato dimostrato, di uno di quegli oggetti con l’assegno

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dall’art. 164, quarto comma, cod. pen. (come modificato da Corte cost. n. 95 del

contraffatto è stato reputato in modo congruo e logico essere il frutto di un fatto
occasionale; con l’effetto che, in carenza di adeguati elementi di riscontro (che
l’onerato avrebbe dovuto fornire), la valutazione di estemporaneità della condotta
di ricettazione rispetto all’originaria deliberazione criminosa relativa alle condotte
di falsificazione costituisce il frutto di una deduzione corretta, adeguatamente
fondata sui dati di fatto valutati e priva di crepe logiche. Essa è, quindi,
incensurabile il sede di legittimità.
La critica mossa sotto questo profilo all’ordinanza impugnata non tiene conto

composizione del consesso di legittimità, secondo cui il riconoscimento della
continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel
processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti
indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità
spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e
le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione
del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee
essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno
degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di
determinazione estemporanea. (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv.
270074). Questa linea interpretativa corrobora le conclusioni raggiunte dal giudice
dell’esecuzione, data l’oggettiva mancanza di indici rivelatori certi dell’unitarietà
del disegno criminoso alla base della ricettazione, da un lato, e delle falsificazioni,
dall’altro, adeguatamente evidenziata nel provvedimento impugnato.
Anche la seconda censura va dunque disattesa, essendo risultata – la
decisione nel senso della carente dimostrazione dell’unicità del disegno criminoso
alla base dei reati oggetto delle due indicate sentenze – l’esito di una congrua e
non irragionevole valutazione di merito.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

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