Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16910 del 21/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16910 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: RENOLDI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Pernicone Giuseppe, nato a Messina il 14/02/1981,
Pernicone Angelo, nato a Messina il 19/04/1955,

avverso l’ordinanza del Tribunale di Meina in data 26/05/2016;
visti gli atti, li provvedimento impugnato e il ricorso:
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 26/05/2016, il Tribunale di Messina aveva
rigettato, nei confronti di Giuseppe e Angelo Pernicone, la richiesta di riesame
avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso lo stesso
tribunale del 5/05/2016 con la quale era stata ad essi applicata la misura della
custodia cautelare in carcere e quella del sequestro preventivo delle imprese
Consorzio sociale siciliano e Cooperativa sociale Angel in relazione al delitto di
cui all’art. 416-bis cod. pen., sul presupposto che entrambe le società fossero
riferibili ad attività criminose di tipo mafioso e, comunque, fossero strumentali al
compimento dei reati fine provvisoriamente contestati (quali il delitto previsto
12-quinquies della legge n. 352 del 1992, aggravato dalla circostanza di
cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991).

Data Udienza: 21/12/2017

2. Avverso il predetto provvedimento, hanno proposto ricorso per cassazione
gli stessi Giuseppe e Angelo Pernìcone a mezzo del difensore fiduciario, avv.
Alessandro Bile’, deducendo una serie di motivi di impugnazione, di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.
att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo, la difesa di Angelo Pernicone deduce, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. B) e C), cod. proc. pen., inosservanza o erronea
applicazione della legge penale in relazione agli artt. 416-bis cod. pen., 238-bis e
273, commi 1 e 1-bis cod. proc. pen.. Secondo il ricorrente, il tribunale avrebbe

fondato il giudizio di gravità indiziaria sul materiale istruttorio, costituito
prevalentemente da intercettazioni di conversazioni, acquisito in altro
procedimento nell’ambito del quale Pernicone, imputato di estorsioni aggravate
dal metodo mafioso, sarebbe stato assolto, con ciò violando il citato art. 238-bis
cod. proc. pen.; tanto più che nel presente procedimento egli non sarebbe stato
chiamato in reità o correità dai vari collaboratori di giustizia che pure avrebbero
tratteggiato i legami tra gli esponenti del clan di Santa Lucia Sopra Contesse e i
soggetti indagati nel nuovo procedimento. E tuttavia, il tribunale avrebbe
utilizzato risalenti intercettazioni, asseritamente dimostrative di un rapporto tra
Pernicone con esponenti del clan, per inferire una indimostrata natura criminale
e di cointeressenza economica della relazione. Parimenti irrilevanti sarebbero,
poi, le s.i.t. relative all’imprenditore Nicola Giannetto, concernenti una vicenda
estorsiva, che sarebbero state utilizzate per fondare l’esistenza di una
partecipazione al reato associativo dell’indagato, benché in relazione a tale
vicenda estorsiva, contestata al capo 17) della rubrica, lo stesso giudice della
cautela avrebbe ritenuto insussistenti, a carico di Pernicone, i gravi indizi di
colpevolezza. Né sarebbe significativo il dato relativo all’affidamento della
gestione di servizi in occasione di eventi e spettacoli, posto che, da un lato, le
persone offese – Raffaele Manfredi e Pasquale Grasso – avrebbero escluso
qualunque pressione del sodalizio criminale; e che, dall’altro lato, Pernicone
opererebbe in quel settore da oltre 20 anni. Pertanto, l’unico elemento indiziario,
insufficiente a fondare l’ipotesi di accusa, sarebbe dato dalle captazioni audio e
video in data 23/08/2012, relative all’ospitalità offerta da Pernicone presso la
villetta di Tipoldo ad una serie di persone, tra le quali vi sarebbero alcuni
esponenti del menzionato clan mafioso.
2.1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 416-bis
cod. pen. contestato al capo 24) della rubrica, per avere l’ordinanza genetica
configurato un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e

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non il concorso nel reato di corruzione elettorale. La base plurisoggettiva e
l’organizzazione di mezzi cui farebbe riferimento il tribunale del riesame per

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fondare la astratta configurabilità del reato non terrebbero conto del fatto che la
fattispecie in esame deve avere una cornice temporale determinata tra la
presentazione della candidatura e lo svolgimento delle operazioni di voto. Per
tale motivo, non potrebbe ipotizzarsi l’esistenza di una struttura associativa
stabile, posto che prima della presentazione delle candidature le attività
preparatorie sarebbero lecite e che dopo le operazioni di voto esse
costituirebbero un post factum; fermo restando che anche lo scopo non potrebbe
configurarsi nella realizzazione di una serie indeterminata di corruzioni elettorali,

attraverso un numero determinato di atti corruttivi, corrispondenti al

quorum

necessario per la elezione; sicché in definitiva sarebbe configurabile, al più, un
concorso di persone nel reato continuato.
2.1.3. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. b) e c), cod. proc. pen., della inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen., 416-bis, comma 7 cod.
pen., 12-quinquies e 12-sexies del d.l. n. 306 del 1992. Il tribunale avrebbe
erroneamente fondato il sequestro preventivo del Consorzio sociale siciliano sulla
assunzione di Lorenzo Guarnera e Adelfio Perticarì, entrambi pregiudicati, i quali
sarebbero stati assunti in quanto soggetti disagiati ex lege n. 381 del 1991, ben
prima che Pernicone assumesse il ruolo dì presidente del consorzio, nella cui
struttura organizzativa, complessivamente estranea a logiche criminali,
l’indagato sarebbe entrato grazie alla Cooperativa

Angel,

il cui sequestro

preventivo avrebbe esaurito le esigenze di cautela.
2.2.1. Con il primo motivo, la difesa di Giuseppe Pernicone deduce, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. B) e C), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea
applicazione della legge penale in relazione agli artt. 416-bis cod. pen. (capo
12), 273, commi 1 e 1-bis cod. proc. pen.. L’ordinanza genetica e quella emessa
in sede di riesame avrebbero fondato il giudizio sui gravi indizi di colpevolezza,
concernenti l’avere coadiuvato Gaetano Nostro nella pianificazione ed attuazione
delle attività della consorteria, agevolando i rapporti con gli altri indagati e con le
persone offese nonché nel mettere a disposizioni dello stesso Nostro la propria
ditta per ingerirsi nell’attività edilizia, sulle captazionì ambientali presso la Villa di
Tipoldo e su tre conversazioni avvenute tra il 17/08/2012 e il 18/09/2012,
mentre gli ulteriori elementi citati sarebbero riferibili unicamente al padre
Angelo. Ora, quanto alla captazione del 23/08/2012, l’ordinanza non avrebbe
specificato la natura delle interlocuzioni tra il ricorrente, Nostro e il padre, Angelo
Pernicone, rispetto alle attività della cooperativa

Angel.

Inoltre, anche

assumendo che egli fosse mero prestanome, rispetto alla predetta cooperativa
sociale, degli stessi Nostro e Angelo Pernicone, tale circostanza sarebbe del tutto
inidonea, da sola considerata, ad integrare i gravi indizi di partecipazione al

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quanto quello di conseguire il risultato della elezione del candidato, da realizzare

sodalizio mafioso, in assenza del necessario

quid pluris richiesto perché il

semplice prestanome possa essere considerato come partecipante
all’associazione di tipo mafioso cui è attribuito l’effettivo esercizio dell’impresa.
2.2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606, comma 1,
lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della
legge penale e processuale nonché in vizio di motivazione in relazione agli artt.
12-quinquies della legge n. 352 del 1992, aggravato dalla circostanza di cui
all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 (capo 19), 157 cod. pen., 273, comma 2

motivazionale, atteso che l’affermazione secondo cui Giuseppe Pernicìone avesse
fornito un contributo stabile agli interessi anche economici del sodalizio al punto
di esserne considerato partecipe, sarebbe incompatibile, sul piano logico, con
l’attribuzione allo stesso indagato del ruolo di mero prestanome nella titolarità di
imprese In realtà gestite e riconducibili ad altri coindagati. Inoltre, dal momento
che il Tribunale avrebbe collocato la costituzione della

Cooperativa Angel nel

2006, trattandosi di un reato istantaneo esso sarebbe già prescritto e non si
giustificherebbe quindi l’emissione del titolo cautelare coercitivo anche per tale
delitto previsto dall’art.

12-quinquies d.l. n. 306 del 1992. In ogni caso non

sarebbe motivata la ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n.
152 del 1991 (oltre quella specifica di eludere le disposizioni di legge in materia
di misure di prevenzione patrimoniali) da riferire, atteso il carattere istantaneo
del reato suddetto, al tempo di costituzione della Cooperativa Angel, nel 2006,
mentre neppure sarebbe indicato dal Tribunale il tempo a partire dal quale
Giuseppe Perticone avrebbe fatto parte del sodalizio criminale.
2.2.3. Le deduzioni difensive svolte con il terzo e il quarto motivo di
doglianza sono sostanzialmente identiche a quelle articolate da Angelo Pernicone
con il suo secondo e terzo motivo di ricorso e ad esse, conseguentemente, si fa
rinvio.
3.

In data 20/01/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha

depositato in Cancelleria la propria requisitoria scritta, con la quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili, in parte in quanto manifestamente infondati,
in parte in quanto fondati su censure non consentite nel giudizio di legittimità.
2. Preliminarmente, osserva il Collegio che il presente procedimento, avente
ad oggetto il ricorso avverso l’applicazione del sequestro preventivo delle
imprese Consorzio sociale siciliano e Cooperativa sociale Angel, è stato iscritto in
esecuzione di quanto statuito dalla sentenza n. 40907/17, pronunciata in data
2/11/2016, con la quale ne è stato disposto lo stralcio dal procedimento
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cod. proc. pen.. Il Tribunale del riesame sarebbe incorso in un palese vizio

principale, contrassegnato con il n. 32042/16, onde consentirne la trattazione
secondo le cadenze procedimentali stabilite dall’art. 611 cod. proc. pen..
Peraltro, le questioni relative alla sussistenza, a carico degli indagati, dei
gravi indizi di colpevolezza in relazione ai capi 12 (relativo al delitto di
partecipazione ad associazione di tipo mafioso), 19 (concernente il reato di
concorso continuato in trasferimento fraudolento dì valori) e 24 (riguardante il
delitto di associazione per delinquere semplice, finalizzata alla corruzione),
ovviamente identiche a quelle qui prospettate, sono state già diffusamente

tale pronuncia deve farsi integrale rimando, con conseguente declaratoria di
inammissibilità dei primi due motivi del ricorso proposto da Angelo Pernicone e
dei primi tre motivi dell’impugnazione presentata da Giuseppe Pernicone.
3. Restano, dunque, da esaminare le censure mosse, rispettivamente, con il
terzo e il quarto motivo dell’impugnazione proposta da Angelo e Giuseppe
Pernicone, stavolta relative alla misura cautelare in atto.
4. In proposito, giova osservare che i ricorsi lamentano che il giudice della
cautela avrebbe erroneamente fondato il sequestro preventivo del
sociale siciliano

Consorzio

sulla assunzione di Lorenzo Guarnera e Adelfio Perticari,

entrambi pregiudicati, laddove questi ultimi sarebbero stati assunti ben prima
che Pernicone assumesse il ruolo di presidente del consorzio, nella cui struttura
organizzativa, complessivamente estranea a logiche criminali, l’indagato sarebbe
entrato grazie alla Cooperativa

Angel,

il cui sequestro preventivo avrebbe

esaurito le esigenze di cautela.
Giova, nondimeno, osservare che le censure sopra riportate attengono,
all’evidenza, a un profilo di merito, esaurendosi, in ogni caso, un ipotetico vizio
della motivazione, laddove, come noto, il ricorso per cassazione avverso il
provvedimento applicativo o, comunque, avverso l’ordinanza emessa in sede di
riesame in materia di misure cautelari reali può essere proposto, ai sensi dell’art.
325 cod. proc. pen., soltanto per violazione di legge e non anche per vizio di
motivazione, salvo il caso, pacificamente qui non ricorrente, in cui la motivazione
sia del tutto assente o meramente apparente, non presentando i requisiti per
rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del
provvedimento impugnato (cfr. Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, dep.
11/02/2013, Gabriele, Rv. 254893).
5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorsi devono essere,
pertanto, dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n.
186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
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esaminate con la sentenza sopra menzionata. Ne consegue che alle statuizioni di

l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 euro.
6. La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione
di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della
decisione in forma semplificata.

PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

(duemila) in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21/12/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 2000,00

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