Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1691 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1691 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da CALATELLO FRANCESCO, nato il giorno 22
ottobre 1963 e dal Procuratore generale della Repubblica di Catania,
avverso la sentenza 23 marzo 2013, pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., dal
Tribunale di Catania.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Viste le richieste del

Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto

Procuratore Generale, Pietro Gaeta il quale ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato ed il rigetto, per infondatezza,
del ricorso proposto dal Procuratore Generale di Catania.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. All’imputato è stata applicata, su richiesta delle parti (per i reati di cui
agli artt. 73, commi 1 e 1 bis lett. a) d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 75 d.Lgs. 6

Data Udienza: 20/12/2013

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settembre 2011, n. 159), la pena di anni due di reclusione e €.3.000,00 di multa,
previo aumento per la continuazione e finale riduzione per il rito.
La sentenza è stata impugnata dalla difesa del condannato e dal Procuratore
generale presso la Corte di appello di Catania.
2. Il difensore del ricorrente propone un unico motivo attinente alla

prescindere dal giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, gli
elementi ex art. 133 c.p. imponevano una trattamento sanzionatorio ancorato ai
minimi edittali.
3. Si tratta, come rilevato dal Procuratore generale:
a) di un motivo di evidente assoluta genericità ed aspecificità, considerato
comunque che la gravata sentenza risulta ampiamente motivata sull’entità del
trattamento sanzionatorio, affrontato in relazione alla derubricazione del reato ai
sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990;
b) di una doglianza contro una sentenza, “patteggiata” ai sensi dell’art. 444
c.p.p., la quale può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo della
motivazione, soltanto se dal testo della sentenza stessa appaia evidente la
sussistenza di una delle condizioni di cui all’art. 129 c.p.p., non essendo le parti
(che hanno dato vita ad un negozio giuridico di natura processuale non più
modificabile unilateralmente e che hanno rinunciato alle proprie eccezioni e difese)
legittimate a rimettere in discussione, in sede di legittimità, fatti dati per
presupposti in contrasto con l’accordo raggiunto.
L’impugnazione dell’imputato va quindi dichiarata inammissibile.
4. Quanto all’impugnazione del Procuratore generale di Catania, ed in
adesione alla requisitoria scritta del Procuratore generale, va rilevato, quanto al
primo motivo (in cui si lamenta l’esclusione, nel calcolo della sanzione,
dell’aumento di pena in ragione della recidiva o, comunque, della mancata
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motivazione sul punto), che per costanlev la ‘sentenza di “patteggiamento” non
impone al giudice una specifica motivazione sull’esclusione dell’operatività della
recidiva e del conseguente aumento di pena, in quanto la ratifica dell’accordo
presuppone proprio che egli abbia effettuato il controllo sulla correttezza e

determinazione del trattamento sanzionatorio, sostenendo che, anche a

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congruità della pena definita dalle parti. (Sez. 6, n. 5027 del 02/02/2012 – dep.
09/02/2012, Pg in proc. Filippi, Rv. 251791).
La censura non supera quindi il vaglio dell’ammissibilità.
5. Per ciò che attiene alla seconda doglianza, secondo cui la pena applicata
sarebbe illegale, per avere il Giudice “operato l’aumento per continuazione

vede a quale titolo possa ritenersi l’operatività dell’art. 81 c.p.”, la stessa appare
do scarsa comprensione.
Risulta infatti che il Tribunale monocratico, assecondando la volontà
concorde delle parti sul punto, ha ritenuto il capo A) della contestazione ed il capo
B) avvinti dall’unicità del disegno criminoso e, dunque, suscettibili di essere
correttamente unificati dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p., secondo i
canoni ordinari; quindi, ha individuato l’ipotesi più grave, operando sulla relativa
pena base l’aumento ritenuto congruo per continuazione.
Anche per tale motivo di ricorso non consta quindi alcun vizio censurabile in
questa sede con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso del
Procuratore generale.
In conclusione entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili ed il Calatello
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.500 alla
Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il Calatello al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.500 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2013
Il consigliere estensore

nonostante di tale istituto non vi sia alcun cenno nel capo di imputazione né si

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