Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 169 del 19/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 169 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’ARDES PIETRO N. IL 09/05/1964
avverso l’ordinanza n. 7623/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 12/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 19/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Roma
rigettava il reclamo proposto da Pietro D’Ardes avverso quella del Magistrato di
Sorveglianza di diniego della liberazione anticipata speciale ai sensi del d.l. 146
del 2013, trattandosi di detenuto condannato per reati di cui all’art. 4 bis ord.
pen., nonché della liberazione anticipata ordinaria per il semestre 20/7/2013 20/1/2014 in conseguenza dell’ammonizione riportata per il possesso di un

Il Tribunale ribadiva che, a seguito della conversione in legge con
modificazioni, il decreto legge 146 del 2013 non poteva trovare applicazione per i
detenuti condannati per delitti di cui all’art. 4 bis cit.; valutava l’infrazione
disciplinare come di notevole gravità e significativa sotto il profilo della mancata
partecipazione all’opera di rieducazione, atteso che non poteva dirsi partecipativo
il comportamento con il quale era stato messo a repentaglio l’ordine del luogo di
detenzione (il coltello era stato usato da un compagno di cella per colpire un
altro detenuto).

2. Ricorre per cassazione D’Ardes Pietro, deducendo violazione di legge,
mancata assunzione di una prova decisiva e illogicità della motivazione.
Il ricorrente sottolinea di avere partecipato a tutte le attività organizzate
dall’Amministrazione penitenziaria e di avere tenuto un comportamento regolare,
tanto da avere beneficiato di 360 giorni di riduzione di pena. Il ricorrente
sostiene che l’ammonizione gli era stata inflitta per fatti a lui non imputabili.
Il ricorrente sottolinea, con riferimento al diniego della liberazione anticipata
speciale, che il d.l. 146 del 2013 doveva trovare applicazione secondo le regole
della successione delle leggi nel tempo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Il rigetto del reclamo avverso il diniego della liberazione anticipata ordinaria
è motivato sulla base della mancata partecipazione all’opera di rieducazione,
evinta dalla grave infrazione disciplinare: si tratta di motivazione logica e
coerente, avverso la quale il ricorrente si limita a negare ogni responsabilità ma, come è evidente, non è questa la sede per contestare l’ammonizione subita
– e a ricordare di avere già goduto del beneficio in precedenti occasioni:
circostanza da cui, ovviamente, non discende la prova che in quel semestre il

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coltello rudimentale nella cella.

detenuto aveva dato prova di avere partecipato all’opera rieducativa.

2. Questa Corte, inoltre, con numerose pronunce, ha affermato che la
disposizione di cui all’art. 4 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, non recepita dalla
legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 10, nella parte in cui prevede un
trattamento più favorevole per il condannato per uno dei delitti previsti dall’art.
4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in relazione ai comportamenti pregressi
alla sua pubblicazione, e consistente in una maggiore detrazione di pena ai fini

apparentemente vigente al tempo della domanda di concessione del beneficio,
sia perché alla materia in questione, in quanto estranea al diritto penale
sostanziale, non è applicabile il principio di irretroattività della legge più
sfavorevole, sia perché, in generale, le regole attinenti al fenomeno della
successione di leggi nel tempo non si attagliano alla vicenda relativa alla sorte
delle disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di
conversione. Inoltre, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale del comma quarto dell’art. 4 D.L. 23 dicembre 2013 n.
146, nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di
conversione (legge 21 febbraio 2014, n. 10) laddove prevede l’esclusione dei
condannati per i reati di cui all’art. 416 bis cod. pen., dalla disciplina di maggiore
favore in tema di entità della detrazione di pena per semestre ai fini della
liberazione anticipata stabilita, in generale, per gli altri condannati, in riferimento
agli artt. 3, 27 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 3 CEDU, in quanto la
disposizione censurata prefigura un regime speciale che, siccome amplia gli
effetti di favore conseguibili da tutti i soggetti in espiazione di pena, può essere
legittimamente sottoposto dal legislatore a limiti determinati da situazioni cui si
collega una connotazione di immanente e peculiare pericolosità, e, di per sé, non
è causa generatrice di trattamenti inumani o degradanti.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle

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della liberazione anticipata, non ha efficacia ultrattiva, neppure se

Ammende.

Così deciso il 19 novembre 2015

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