Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16899 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16899 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FUSAR BASSINI CECILIO nato il 09/01/1950 a CAPERGNANICA

avverso la sentenza del 17/10/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARILIA DI
NARDO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso.

Udito il difensore

Data Udienza: 27/03/2018

Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di condanna alla pena di anni
due di reclusione, emessa dal Tribunale della stessa città nei confronti di Fusar Bassini Cecilio
per avere, in concorso con altri, tentato di favorire l’illegale permanenza nel territorio dello
Stato di più cittadini stranieri extracomunitari, adoperandosi per far ottenere il rilascio in loro
favore del permesso di soggiorno, oltre che per i correlati delitti di truffa e di contraffazione di
documenti.
La Corte di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha accertato la

come violazioni, in forma di tentativo, delle disposizioni del decreto legislativo n. 286 del 1998,
specificamente contenute nell’articolo 12, comma 5, che incrimina le condotte di
favoreggiamento della permanenza degli stranieri nello Stato, al fine di trarre un ingiusto
profitto dalla loro condizione di illegalità; e nell’articolo 5, comma

8-bis, che punisce la

contraffazione o l’alterazione, oppure l’utilizzazione una volta che siano contraffatti o alterati,
di un visto di ingresso o reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto o carta di
soggiorno. Il giudice di primo grado, infatti, aveva ritenuto di riqualificare sulla base delle
disposizioni contenute nell’articolo 1-ter, comma 15, prima e seconda parte, del decreto legge
n. 78 del 2009, convertito con la legge n. 102 del 2009, ritenuto il rapporto di specialità
rispetto a quelle utilizzate in contestazione, rilevando che oggetto del processo era l’attività
complessivamente svolta per far ottenere a cittadini extracomunitari il rilascio del permesso di
soggiorno in relazione alla legge n. 102 del 2009, relativa all’emersione del lavoro di colf e
badanti.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di Fusar Bassini Cecilio, che ha
articolato un unico motivo di ricorso, con il quale ha dedotto il vizio di violazione di legge. La
qualificazione giuridica dei fatti contestati è errata. Essi avrebbero dovuto essere qualificati ai
sensi degli articoli 12, comma 5, e 5, comma 8-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998,
dato che l’imputato aveva di mira una finalità di profitto. Nella vicenda in esame vi è stata una
pattuizione di un compenso di natura economica per l’inoltro delle pratiche di emersione. La
fattispecie di cui all’articolo 1-ter, comma 15, d. I. n. 78 del 2009 è a dolo generico, mentre
quella di cui all’articolo 12, comma 5, d. Igs. n. 286 del 1998 è a dolo specifico. Le particolari
modalità per favorire la permanenza illegale di stranieri, costituite dalla procedura di
emersione di cui al d.l. n. 78 del 2009 non conferisce alla fattispecie penale ivi previste natura
speciale rispetto a quella del d.lgs. n. 286 del 1998, che peraltro è punita molto più
severamente.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
Lo stesso ,ricorrente afferma che la richiesta riqualificazione comporterebbe
l’applicazione di norme incriminatrici con un trattamento punitivo più severo di quello previsto
dalle norme individuate dai giudici del merito. Non emerge allora quale possa essere
1

correttezza della qualificazione giuridica dei fatti in contestazione, originariamente valutati

l’interesse, concreto ed attuale, sotteso al ricorso, che è requisito di ammissibilità di ogni
impugnazione, e ciò anche tenendo conto del divieto – che opererebbe, nell’eventuale giudizio
di rinvio – di aggravamento della pena già irrogata.
Ancora, con i motivi di appello l’odierno ricorrente non ha chiesto la riqualificazione dei
fatti che, invece, forma oggetto del ricorso in esame. Al tema della qualificazione giuridica vi è
appena un cenno nelle argomentazioni dell’impugnazione di merito, ma del tutto estranea alle
richieste in quella sede formulate. Il tema dell’inosservanza della legge penale non è stato
dunque devoluto al giudice di appello e vale allora quanto statuito dall’articolo 606, comma 3,

di legge non dedotte con i motivi di appello.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e di una somma, che si reputa equa in euro duemila, in favore della
Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento nonché al pagamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così d ciso in Roma, 27 marzo 2018.
Il cohsliere stensore

Il presidente

Giusp

Angela Tardio

1\-•t9,

1-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale
DOpositata In Cancelleria oggi
Roma, n

11 6 APRI 2015

c.p.p., secondo cui il ricorso è inammissibile quando proposto per motivi concernenti violazioni

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