Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16897 del 24/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16897 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLARI GIORGIO LUIGI N. IL 13/02/1946
avverso la sentenza n. 7571/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 24/03/2016

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in data 24 febbraio 2014 dal Tribunale di Monza, appellata da CAVALLARI Giorgio Luigi, dichiarato responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commesso il 19
!dicembre 2003.
Propone ricorso per cassazione, integrato con memoria, l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto riproduttivo in linea di fatto degli argomenti sviluppati nell’impugnazione di merito ai quali la Corte territoriale ha dato risposte
complete ed adeguate in relazione ai principi affermati in materia dalla giurisprudenza in tema di
amministrazione di fatto di società e di pretesi vantaggi compensativi di operazione infragruppo,
con esclusione del ricorrere della bancarotta preferenziale.
Invero va ricordato che per consolidata giurisprudenza di questa Corte è inammissibile il ricorso
per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare
non specifici ma soltanto apparenti, in quanto inidonei ad assolvere la funzione tipica di critica
puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (tra le tante Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012,
Pierantoni; Sez. 6 n. 22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933
del 27 gennaio 2005, Giagnorio, rv. 231708). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di
una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi
sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), che impone la
esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta (Sez. 6 n. 20377 del 11
marzo 2009, Arnone, rv 243838).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,004.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 marzo 2016.

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