Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16894 del 14/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16894 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 14/02/2018

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI GIOVANNI GIOVANNI BATTISTA nato il 29/03/1949 a PALERMO

avverso la sentenza del 15/06/2016 del TRIBUNALE di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso per
Il P.G. chiede l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato per non
aver il ricorrente commesso il reato.

Udito il difensore
L’avvocato SORGI si riporta ai motivi del ricorso chiedendone l’accoglimento.

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Ritenuto in fatto

1.Con sentenza in data 15 giugno 2016 il Tribunale di Palermo condannava l’imputato
Giovanni Battista Di Giovanni alla pena di euro 500,00 di ammenda, in quanto ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 677 cod. pen., comma 3, contestatogli perché, nella
qualità di legale rappresentante della società “Costa degli Ulivi s.p.a.”, proprietaria
dell’immobile sito a Palermo in via Mariano Stabile n. 179, al piano 3, censito al foglio
mappale 123, particella 60, sub 16, come tale tenuto alla conservazione o alla vigilanza
dell’edificio, che minacciava rovina, ometteva di provvedere ai lavori necessari per rimuovere

acqua meteorica ed interessanti i soffitti dei locali interni dell’immobile citato, fatto accertato
in Palermo il 10 aprile 2014.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del difensore, il quale
ha dedotto:
a) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione a ragione dell’inconciliabilità delle
argomentazioni esposte in sentenza, che ha esposto le risultanze probatorie dalle quali era
emerso che i pregiudizi nell’immobile di ultimo piano di proprietà della società rappresentata
dal ricorrente erano stati causati da infiltrazioni di acque meteoriche provenienti dalla
copertura condominiale e che la proprietaria aveva avviato le procedure di ripristino
dell’immobile, coinvolgendo anche il condominio dello stabile che aveva deliberato
l’esecuzione di un intervento di impermeabilizzazione del lastrico solare con conferimento
dell’incarico ad un tecnico per gli adempimenti necessari. Pertanto, sulla scorta di tali
presupposti non avrebbe potuto addebitarsi al ricorrente la mancata esecuzione di interventi
in realtà spettanti al condominio ed al suo amministratore secondo i criteri dettati dall’art.
1135 cod. civ., comma 2, e che, per la loro urgenza, non avrebbero richiesto nemmeno la
preventiva deliberazione assembleare. In via contraddittoria il Tribunale è pervenuto
all’affermazione della responsabilità del ricorrente e ha richiamato una precedente decisione
di legittimità che non è pertinente, in quanto nel proprio caso l’assemblea aveva deliberato di
procedere ed aveva stanziato le somme necessarie, circostanze travisate dal giudice di
merito che ha ritenuto gravare sull’imputato in ogni caso l’obbligo di attivarsi per realizzare i
lavori di messa in sicurezza a fronte della constatata inerzia dell’amministratore, senza tener
conto del fatto che alle sedute successive al 2/12/2013 l’assemblea aveva approvato le
valutazioni del tecnico incaricato e dato precise istruzioni per il prosieguo degli interventi.
Pertanto, non soltanto i documenti richiamati non avvalorano l’assunto di un obbligo in capo
ai singoli condomini di provvedere in luogo dell’amministratore condominiale, ma l’eventuale
inefficienza di quest’ultimo non può costituire motivo di censura, obbligo non affermato
nemmeno dall’arresto giurisprudenziale richiamato in sentenza (Cass., sez 1, n. 21401 del
2009).
b) Inosservanza dell’art. 442 cod. proc. pen. e dell’art. 62 bis cod. pen. per l’omessa
applicazione della diminuente per il rito abbreviato e delle circostanze attenuanti generiche,
1

il pericolo, costituito da importanti e ripetuti distacchi di intonaco, dovuti ad infiltrazioni di

pur riconosciute in dispositivo, mentre la motivazione non esplicita i criteri di quantificazione
della pena, indicata soltanto nel risultato globale.

Considerato in diritto

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti in seguito specificati.
1. L’art. 677 cod. pen., comma 3, secondo costante lezione ermeneutica di questa
Corte di legittimità, disciplina una fattispecie di reato contravvenzionale, caratterizzata dal
requisito del concreto pericolo per l’incolumità delle persone, venutosi a creare per la

necessarie ad eliminare tale pericolo quando la rovina si è verificata (Cass., sez. 1, n. 7848
del 21/01/2015, Migali, rv. 262466; sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008, Corona ed altri, rv.
239127). Il reato è punito a titolo di colpa, sicchè, per integrare la condotta tipizzata, è
necessario che il proprietario o la persona obbligata in sua vece siano coscienti della
situazione pericolosa e che, per negligenza, imprudenza o imperizia, non abbiano eliminato la
situazione di pericolo per evitare la rovina, ovvero la situazione determinata dalla rovina
stessa.
1.1 Nel caso in esame, ferma restando la sicura ricorrenza dell’elemento oggettivo del
reato in contestazione in relazione ai danni agli intonaci delle pareti ed al crollo del soffitto
dell’unità immobiliare appartenente alla società amministrata dal Di Giovanni, fonte di
pericolo di pregiudizi alle persone che l’avevano occupata a titolo di locazione in forza del
contratto stipulato con la s.r.l. Nennes, l’imputato è stato ritenuto responsabile nella sua
qualità di amministratore unico della società proprietaria e per l’omessa adozione dei
necessari interventi cautelativi o di ripristino dell’immobile ammalorato.
Orbene, al fine di ricostruire anche il profilo soggettivo della condotta omissiva in capo
al ricorrente, il tribunale sulla scorta della documentazione versata agli atti ha riconosciuto,
sia che egli era stato informato dalla conduttrice delle prime manifestazioni delle infiltrazioni
di umidità provenienti dalla copertura dell’edificio, verificatesi nell’ottobre 2013, sia il
progressivo peggioramento della situazione manifestatosi nei mesi successivi sino al crollo
del soffitto nell’aprile 2014, che ne aveva determinato l’inagibilità. Ha quindi evidenziato
come il Di Giovanni non avesse adottato alcuna misura immediata per rimediare a tale stato
di cose, avendo preferito attendere le determinazioni dell’assemblea condominiale e
l’esecuzione dei lavori da parte dell’impresa da questa designata. In tale comportamento
attendista e dilatorio si è ravvisata la negligenza colpevole, sufficiente a configurare la
fattispecie illecita contestata, poiché l’imputato si era trovato nelle condizioni di dover
apprestare all’interno dell’immobile di proprietà della società dallo stesso amministrata
misure idonee a tutelare la sicurezza del luogo e dei suoi occupanti, ma aveva inteso non
procedere direttamente e con tempestività alla realizzazione dei lavori di ripristino.
Tale esposizione dell’accaduto emerge pacificamente anche dai documenti allegati al
ricorso e dall’esposto presentato dalla s.r.l. Nemes.
2

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possibile rovina di edifici o costruzioni, ovvero per la omessa realizzazione delle opere

1.2 Non giova dunque al ricorrente invocare la regolamentazione dell’assetto
proprietario sulle parti e sui servizi comuni, né l’obbligo dell’amministratore di effettuare in
via d’urgenza gli interventi necessari per salvaguardare tali beni a norma dell’art. 1135 cod.
civ., poiché egli, a prescindere dalla responsabilità di terzi e dalla possibilità di rivalersi nei
loro confronti delle spese sostenute per eliminare pregiudizi non imputabili al proprio
operato, avrebbe dovuto e potuto materialmente agire all’interno del proprio immobile, cosa
che non ha fatto per mesi sino al crollo del soffitto.
Nella situazione concreta verificatasi l’individuazione del soggetto obbligato alla messa
in sicurezza delle parti pericolanti e compromesse nella loro tenuta riflette la titolarità del

riferimento a quanto accaduto alla copertura dell’edificio condominiale, rientrante nel novero
delle parti e servizi in comunione indivisa tra i partecipanti al condominio, il dovere di
ripristino e di eliminazione dello stato di pericolo grava sulla collettività condominiale, non
altrettanto può dirsi per quanto verificatosi all’interno della singola unità inclusa nell’edificio,
rispetto alla quale deve rispondere, verso il conduttore o verso altri terzi, il proprietario
locatore qualora non intervenga ad eliminare lo stato di pericolo. L’art. 1576 cod. civ.
prescrive, infatti, che tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento della cosa locata
siano a carico del locatore e non già del conduttore, il quale ha soltanto l’onere, secondo
quanto dispone l’art. 1583 stesso codice, di non opporsi alla loro esecuzione (Cass. sez. 1, n.
41709 del 05/11/2002, Vommaro, rv. 222950).
La disciplina che regola i rapporti civilistici all’interno del condominio di edifici e le
relative responsabilità non avvalora la tesi difensiva. Se, ai sensi dell’art. 1130, comma 1 nn.
3 e 4 ed in assenza di contrarie disposizioni regolamentari, incombe sull’amministratore il
dovere di erogare le spese da destinare alle opere di manutenzione ordinaria ed alla
conservazione delle parti e dei servizi comuni dell’edificio, dovere che si estende anche al
potere di ordinare l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria che siano urgenti
secondo la previsione dell’art. 1135 cod. civ., comma 2, il singolo condomino non è esentato
da responsabilità per la sola presenza ed a ragione delle attribuzioni conferite per legge
all’amministratore, in quanto, quando questi sia impedito dall’intervenire per mancanza di
fondi o per altre cause non imputabili alla sua volontà, l’obbligo grava su ciascun
partecipante. Tale obbligo è, invece, esclusivo del condomino quando il pericolo interessi
soltanto la sua proprietà individuale o comunque si realizzi nel suo perimetro interno ed
imponga un’immediata rimozione delle conseguenze del deterioramento edilizio con
l’eliminazione di parti non strutturali o di rivestimento che minaccino distacco e precipitazione
al suolo, oppure con l’interdizione dell’utilizzo o dell’accesso all’immobile (sez. 1, n. 25221
del 17/02/2012, Troise e altro, rv. 253097; sez. 1, n. 21401 del 10/02/2009, Santarelli, rv.
243663) e ciò a prescindere dalla realizzazione dei lavori -più impegnativi, dispendiosi e
complessi sul piano esecutivo, burocratico e finanziario- necessari per rimuovere la causa del
pericolo o della rovina che se, come nel caso in esame, coinvolgano la ristrutturazione della

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diritto di proprietà sulle stesse e della relativa posizione di garanzia; pertanto, se in

copertura del fabbricato ed il rifacimento di sue parti strutturali, vanno approntati dalla
comunione condominiale.
2. E’, invece, fondato il secondo motivo di ricorso: la sentenza riporta soltanto la
determinazione della pena nella misura di 500,00 euro di ammenda, ma non specifica il
procedimento di calcolo seguito; non offre dunque alcun elemento per ritenere che il
Tribunale abbia operato la diminuzione della sanzione individuata per effetto del
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, di cui vi è menzione in dispositivo, e
soprattutto che abbia tenuto conto della riduzione di un terzo, prevista dall’art. 442 cod.
proc. pen. per la celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato.

Tribunale di Palermo che dovrà colmare le lacune riscontrate. Nel resto il ricorso va respinto.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia
per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Palermo in diversa composizione; rigetta nel
resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2018.

A ragione di tali carenze esplicative, la sentenza va parzialmente annullata con rinvio al

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