Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16887 del 21/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16887 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: SARACENO ROSA ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PILIEGO DAVIDE nato il 08/08/1992 a BRINDISI

avverso la sentenza del 29/09/2016 del GIP TRIBUNALE di BRINDISI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA ANNA SARACENO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA
che ha concluso per
Il PG conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore
Il difensore conclude riportandosi ai motivi di ricorso.

Data Udienza: 21/12/2017

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con il ministero del difensore l’imputato Davide Piliego propone ricorso
per cassazione avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Brindisi, con la quale, su sua richiesta concordata con il pubblico
ministero, gli è stata applicata ex art. 444 cod. proc. pen. la pena di anni uno
mesi quattro di reclusione ed euro 1.800 di multa per i reati di cui alla legge 2

aver illegalmente detenuto un’arma comune da sparo atta all’impiego, nella
specie “una pistola a tamburo modificata, ex arma giocattolo”.
1.1 Il ricorrente enuncia censure in ordine all’erronea qualificazione del fatto
in relazione alla contestata alterazione della pistola giocattolo; mancanza di
motivazione in punto di omessa verifica della eventuale sussistenza di cause di
non punibilità applicabili in favore dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
pen., erronea applicazione dell’art. 7 L. n. 895 del 1967, lamentando in
particolare: a) il difetto di qualsivoglia accertamento sulla natura di arma
comune e atta all’impiego della pistola caduta in sequestro; b) carenza di prova
circa la riferibilità all’imputato dell’arma in questione; c) erronea applicazione
della diminuente di cui all’art. 7 della legge citata, norma evocata in
contestazione solo ai fini dell’inquadramento del fatto-reato quale illecita
detenzione di arma comune da sparo.

3. Il ricorso è fondato nei limiti che si diranno.
3.1 Giova rammentare che, secondo consolidato indirizzo della
giurisprudenza di legittimità, nella dinamica dell’istituto processuale di cui all’art.
444 cod. proc. pen., il giudice di merito dopo aver accertato, nei limiti di sintesi
propri delle decisioni applicative di pena concordata, l’insussistenza “evidente” di
taluna delle cause di non punibilità elencate dall’art. 129 cod. proc. pen., ha il
potere-dovere di controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto
illecito contestato, il ricorrere di eventuali circostanze indicate dalle parti e la loro
comparazione nonché la congruità della concordata pena. Sicché, conseguita la
richiesta applicazione di una specifica pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,
l’imputato non può rimettere surrettiziamente in discussione profili fattuali della
fattispecie criminosa ascrittagli, perché gli stessi sono coperti o assorbiti
dall’intervenuto patteggiamento della pena.
E’ poi costante l’affermazione per cui, quando sia oggetto di contestazione la
qualificazione giuridica del fatto di reato, ossia l’operazione di individuazione ed
applicazione al cali concreto della norma incriminatrice operata con la sentenza
1

ottobre 1967, n. 865, artt. 2 e 7, e alla legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 3, per

di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione è limitata ai casi in
cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente
eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare
escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario
passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non
risultino con immediatezza dalla contestazione (tra le molte: Sez. 3, n. 34902
del 24/06/2015, Brughitta ed altro, Rv. 264153).
3.2 Rapportando tali principi al caso specifico devono ritenersi inammissibili

impingono nel merito della vicenda (la funzionalità dell’arma e la sua riferibilità
all’imputato) o che afferiscono alla determinazione della pena, poiché non si
indicano in nessun modo le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di
pena patteggiata proveniente dallo stesso imputato (che ne ha determinato la
misura in accordo con il pubblico ministero), tale da presupporre rinuncia
implicita ad ogni questione sulla colpevolezza, il giudice di merito avrebbe
dovuto disattendere tale richiesta e pervenire a una sentenza di proscioglimento
di cui difettano le condizioni, alla luce delle evenienze richiamate, prime tra tutte
le dichiarazioni confessorie dell’imputato.
3.3 Appare, viceversa, fondata la questione dell’erronea qualificazione della
condotta di modificazione dell’arma giocattolo ai sensi dell’art. 3 L. n. 110 del
1975, alla stregua del principio di diritto secondo cui “il reato di alterazione
dell’arma, previsto dall’art. 3 della legge n. 110 del 1975, è configurabile quando
la modificazione sia eseguita su uno strumento già qualificabile come “arma da
fuoco” e sia volta ad incrementarne l’offensività o ad agevolarne l’uso, il porto o
l’occultamento, ma non quando l’intervento venga compiuto su un oggetto la cui
destinazione naturale non sia lo sparo e l’offesa alla persona, e lo stesso, per
effetto delle modifiche, sia reso idoneo a tale fine (Sez. 1 n. 18137 del
07/03/2014, Centulani, Rv. 262268); e, in termini, “l’alterazione di una pistolagiocattolo non integra la fattispecie criminosa di alterazione di arma, perché non
si tratta di arma da sparo” (Sez. F, n. 31873 del 09/08/2011, Calabrò, Rv.
250896), mentre laddove l’alterazione consista nella trasformazione della pistola
giocattolo in arma da sparo si configura il reato di cui all’art. 23 L. n. 110 del
1975.
3.4 La sentenza, che ha recepito il patto contenente l’erronea qualificazione
del fatto come reato ex art. 3 L. n. 110/1975, deve pertanto essere annullata
senza rinvio limitatamente a tale contestazione con conseguente trasmissione
degli atti al giudice di merito per nuovo giudizio, in quanto detto vizio produce la
nullità irrimediabile del patto con conseguente necessità di riportare la situazione

2

per difetto di specificità e comunque per la loro indeducibilità le censure che

processuale alla fase precedente l’accordo delle parti (Sez. U, n. 22902 del
28/03/2001, Tiezzi, Rv. 218874).

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla contestazione
di cui all’art. 3 L. n. 110/1975 e, per il resto, con rinvio ad altra sezione del
Tribunale di Brindisi per l’ulteriore corso.

Il C nsigliere
Ro

tensore

Sara no

Il Presidente
Francesco Maria Silvio Bonito

COME SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, n 1 62018

Così deciso, in Roma il 21 dicembre 2017

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