Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16884 del 23/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16884 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HERRERA ALMANZAR CRISTIAN nato il 21/04/1995 a ROMA

avverso la sentenza del 01/02/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per

Il PG chiede l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore

Data Udienza: 23/11/2017

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza resa in data 23 aprile 2015 ha affermato la penale
responsabilità di Herrera Almanzar Cristian (detto mono) classe 1995, per il concorso nei
reati di associazione per delinquere semplice (cd. banda

Trinitario), duplice tentato

omicidio ed altro, commessi in Milano ed altri luoghi (capi n.1, 7, 8, 11, 12 e 13 della
contestazione) tra il 2012 e il 2014.
Riunite le violazioni dal vincolo della continuazione, esclusa l’aggravante di cui all’art. 112

complessivamente determinata in anni sette di reclusione.
2. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 1 febbraio 2016, confermava i
contenuti e le statuizioni della prima decisione.
2.1 Esaminando i profili di doglianza, la Corte di secondo grado ha affermato, in sintesi,
che :
a)

non vi è stata proposizione di alcuna impugnazione sul capo 1, relativo alla

partecipazione alla associazione per delinquere;
b) l’imputato ha sostanzialmente ammesso la partecipazione alla associazione ed ha
fornito elementi utili ad identificare gli altri sodali (condotta positivamente valutata al fine
di riconoscere le circostanze attenuanti generiche) ;
c) quanto al concorso nelle singole violazioni, vengono riepilogate le fonti di prova
(dichiarazioni rese dai soggetti aggrediti, immagini del circuito di videosorveglianza della
metropolitana, referti medici) e ricostruiti i singoli episodi delittuosi, in termini di
certezza della ravvisabilità del concorso criminoso dell’Herrera nell’ambito

delle azioni

collettive oggetto di imputazione.
In particolare, la Corte di secondo grado ritiene che in ogni singola azione delittuosa,
commessa in unione con più soggetti, sia identificabile il contributo concorsuale, anche se
nella sola fase della selezione degli obiettivi e del contributo psichico, reso visibile dalla
adesione al comune proposito e dalla presenza nel corso dell’azione.
Veniva, pertanto, confermata la qualificazione giuridica dei reati più gravi e la
quantificazione della pena.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore Herrera Almanzar Cristian. Il ricorso si articola in tre motivi.
2.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in
riferimento al tentato omicidio, come ritenuto, in danno di Betances Sanchez (capo 11
della contestazione).
Le lesioni effettivamente riportate dalla vittima sono modeste e di scarsa gravità
(prognosi di soli sette giorni per contusioni e ferita superficiale) il che depone per una
azione non finalizzata a determinare la morte della persona presa di mira. La vittima è
2

co.1 n.4 cod.pen. ed applicate le circostanze attenuanti generiche, la pena è stata

andata via autonomamente dal luogo del fatto ed ha addirittura preso il bus per recarsi in
ospedale.
2.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge. Si lamenta disparità di
trattamento, quanto alla determinazione del livello sanzionatorio, con i coimputati
giudicati in abbreviato. Costoro hanno ottenuto, peraltro, ulteriore riduzione di pena in
secondo grado. Si afferma che il ricorrente ha prestato accordo all’integrale utilizzo degli
atti di indagine, sicchè la diversita del rito prescelto (l’ordinario) era stata bilanciata dalla
condotta processuale.

contenuto dell’art. 27 Cost. in punto di finalismo rieducativo della pena.
Si rappresenta, in fatto, il particolare percorso di vita personale e familiare dell’imputato,
che ha influito sul suo ingresso – da minorenne – nel gruppo criminoso.
La sua esperienza negativa è stata profondamente influenzata da tali circostanze ma ha
lasciato spazio, nel corso del tempo ad un percorso di maturazione che lo ha portato a
distaccarsi dal contesto relazionale deviante, con recente esperienza di paternità. Si
tratta di aspetti che non sarebbero stati oggetto di adeguata considerazione nella
decisione impugnata, vista la complessiva entità della pena inflitta e la correlata
preclusione all’accessibilità immediata di misure alternative alla detenzione.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti,
tesi – in larga misura – ad investire la Corte di legittimità di aspetti in fatto, estranei al
perimetro dei motivi consentiti ai sensi dell’art. 606 cod.proc.pen. .
3.1 In particolare, quanto al primo motivo, la Corte di merito ha correttamente e
logicamente

apprezzato le concrete modalità del fatto (una aggressione portata

contestualmente da più persone, con utilizzo di strumenti di altissima capacità lesiva) con
valutazione ex ante ed in concreto, come è d’obbligo fare in caso di delitto tentato (tra le
molte, Sez. I n. 52043 del 10.6.2014, rv 261702). La capacità della vittima di sottrarsi,
anche mediante la fuga, a conseguenze più gravi non elide la portata indicativa di una
serie di condotte finalizzate – in via alternativa – a determinare gravi conseguenze lesive
o la morte del soggetto preso di mira. Del resto l’azione descritta al capo n.11 è stata
realizzata in un unico contesto con quella – dalle più gravi conseguenze – di cui al capo
n.12, e tale aspetto legittimamente è stato oggetto di ponderazione in sede di merito.
3.2 Quanto al secondo motivo, lo stesso è affetto da genericità, oltre che da erronea
impostazione in diritto. La scelta processuale, nell’attuale sistema codicistico, influisce
sull’entità della sanzione in ragione di precisa opzione legislativa, il che esclude – in
radice – che la ‘diseguaglianza numerica’

in punto di entità della pena possa essere

inquadrata in termini di disparità di trattamento. Peraltro la condotta di semplificazione

3

2.3 Al terzo motivo si deduce erronea applicazione di legge, intendendosi per tale il

del rito ordinario, posta in essere dal ricorrente, è stara positivamente apprezzata in sede
di merito.
3.3 Quanto ai contenuti del terzo motivo, la inammissibilità è correlata alle stesse ragioni
della critica. Il giudice di legittimità va investito di doglianze specifiche, relative alle
modalità di applicazione delle norme, e non può ricevere richieste di rielaborazione del
trattamento sanzionatorio se non in riferimento alla denunzia di violazione dei criteri cui è
legalmente informata tale attività (art. 132 e 133 cod.pen.). Nel caso in esame, per il
vero, il trattamento sanzionatorio è stato realizzato con utilizzo ampio e giustificato degli

generiche, aumenti per continuazione di modesta entità nonostante il numero e la gravità
dei fatti oggetto di giudizio, pena inflitta per il reato più grave prossima al minimo
edittale), proprio in ragione degli aspetti di ‘meritevolezza’ sulla personalità, emersi dopo
la commissione dei fatti. La riproposizione di tali argomenti non rappresenta, pertanto,
un valido motivo di ricorso – per assenza di adeguato confronto con i contenuti della
decisione impugnata -, nè appare possibile parametrare – in presenza di fatti di obiettiva
gravità, presidiati da consistenti limiti edittali di pena – la risposta sanzionatoria in chiave
diversa. L’accesso alle misure alternative è infatti improntato al principio di gradualità del
percorso trattamentale, il che comporta la necessità di raggiungere una ‘quota’ di
espiazione tale da consentire, se del caso, la sperimentazione esterna al carcere. Tale
aspetto riguarda, in tutta evidenza, la fase giurisdizionale del trattamento e non quella
della cognizione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. la
condanna al pagamento delle spese processuali e , in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna del
ricorrente al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende
che stimasi equo determinare in euro 2,000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 23 novembre 2017

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9339192.91212 Raffaello Magi

Depositata

Roma,

Il Presidente
Francesco Maria Silvio Bonito

in Cancelieria <9 li CA , r . ' ....4,t.;;,...0 . 4 strumenti di attenuazione da parte dei giudici del merito (circostanze attenuanti

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