Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16881 del 24/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16881 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LI VOLSI SALVATORE N. IL 30/01/1972
avverso la sentenza n. 54/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 10/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE;

Data Udienza: 24/03/2016

RITENUTO IN FATTO

che con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Caltanissetta ha

confermato la sentenza di prime cure che aveva condannato Li Volsi Salvatore
per il reato di minacce aggravate;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

motivazione circa l’affermazione della penale responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto i motivi si
sostanziano in una contestazione circa la commissione dei fatti pur sulla
esistente motivazione dell’impugnata sentenza, che ha condotto all’affermazione
della rassicurante fondatezza dell’assunto accusatorio, basato sulle dichiarazioni
della parte offesa; ciò in quanto le doglianze si sostanziano in una indebita
rivisitazione delle risultanze probatorie sulla pretesa inaffidabilità delle
dichiarazioni della parte offesa, perchè non è possibile più svolgere tale attività
avanti questa Corte di legittimità; trattasi inoltre di doglianza che, per un verso,
passa del tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dalla
Corte territoriale e, per altro verso, non vale a scalfire la granitica giurisprudenza
di questa Corte in tema; il Giudicante ha correttamente applicato la costante
giurisprudenza di legittimità sul punto secondo la quale le regole, dettate
dall’articolo 192, comma terzo cod.proc.pen. non si applicano alle dichiarazioni
della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal
caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 luglio 2012
n. 41461)
– per quel che concerne, poi, il significato da attribuire alla locuzione di
“oltre ogni ragionevole dubbio”, già adoperata dalla giurisprudenza di questa
Corte Suprema (v. per tutte, Cass. Sez. Un. 10 luglio 2002 n. 30328) e
successivamente recepita nel testo novellato dell’articolo 533 cod.proc.pen.
quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di
responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell’icastica
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l’imputato, a mezzo del proprio difensore, denunciando una mancanza della

espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il
principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e la cultura della
prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale; si
è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione
meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il
“ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava pur sempre

si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova
rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito
il principio, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario,
secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza
processuale assoluta della responsabilità dell’imputato (v. da ultimo, Cass. Sez.
9 novembre 2012 n. 7035); certezza che i Giudici a quo hanno logicamente
espresso, sottraendo la loro motivazione, pertanto, al lamentato vizio di
legittimità;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;
P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 24 marzo 2016.

il proscioglimento a norma dell’articolo 530 cod.proc.pen., comma 2, sicché non

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