Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16875 del 29/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16875 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MAIO VINCENZO nato il 29/10/1944 a PALERMO
avverso l’ordinanza del 28/12/2017 del TRIB. LIBERTA di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;
sentite le conclusioni del PG ALFREDO POMPEO VIOLA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Data Udienza: 29/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Palermo, a seguito di
istanza nell’interesse dell’indagato Vincenzo DI MAIO avverso la
ordinanza cautelare emessa il 30.11.2017 dal GIP distrettuale con la
quale è stata applicata al predetto la misura della custodia in carcere, ha

MAIO gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di partecipazione con
ruolo apicale all’organizzazione mafiosa di Cosa Nostra avendo diretto il
mandamento di Resuttana ( capo a) e di concorso in tentata estorsione
pluriaggravata anche dall’art. 7 I.n. 203/91 e la misura applicata.
2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
difensore dell’indagato deducendo:
2.1. Violazione dell’art. 309 comma 9 cod. proc. pen. in quanto il
Tribunale ha motivato ex novo e con elementi diversi l’ordinanza
coercitiva.
2.2. Violazione dell’art. 292 n. 2 lett. b) e c) cod. proc. pen. e vizio
di mancanza della motivazione in ordine alla mancata dichiarazione di
nullità della ordinanza genetica.
2.3. Vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione
della memoria difensiva – che si allega al ricorso – depositata in sede di
riesame.
Osserva il ricorrente che risulta apodittica la risposta del Tribunale
in ordine al primo motivo dedotto in sede di riesame in ordine alla
mancanza di descrizione sommaria del fatto.
Inoltre, lo stesso Tribunale avalla l’incorporazione della richiesta del
P.M. nella ordinanza genetica, la quale lascia al lettore la interpretazione
e valutazione delle emergenze, invece funzionalmente attribuita ai
giudici, giustificando illegittimamente il disimpegno del GIP nella analisi
del contenuto delle intercettazioni ritenute indizianti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
2. Il Tribunale ha dato puntualmente conto delle deduzioni difensive
– specificamente riferite alla memoria depositata in udienza – in rito (v.
1

confermato la decisione con la quale sono stati riconosciuti in capo al DI

pg. 4 e ss. della ordinanza impugnata) dando ad esse del tutto corretta
risposta, rigettando – da un lato – la dedotta mancanza di “descrizione
sommaria del fatto, con la indicazione delle norme di legge che si
assumono violate” – v. punto 1) della memoria allegata – censurandone
la genericità e, comunque, l’infondatezza avendo il primo giudice dato
conto dei plurimi elementi emersi a carico del ricorrente, indicativi del
costante e permanente contributo offerto dal Di Maio per la realizzazione
dei comuni fini criminosi; dall’altro, considerando che, riportando il

emergenze acquisite delle quali, poi, lo stesso Giudice aveva effettuato
specifica puntuale valutazione, correttamente osservando che in tale
parte del provvedimento non era necessario riportare nuovamente il
contenuto di quanto prima esposto per incorporazione.
3. Invero, quanto a quest’ultimo aspetto, è stato già più volte
affermato che in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali,
la necessità di una ” autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e
dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all’art. 292, comma 1, lett.c),
cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di
esplicitare le valutazioni sottese all’adozione della misura, mentre invece
gli elementi fattuali possono essere trascritti così come indicati nella
richiesta del pubblico ministero e senza alcuna aggiunta, costituendo il
dato oggettivo posto alla base della richiesta (Sez. 6, Sentenza n. 46792
del 11/09/2017, Hasani, Rv. 271507).
4. Ancora – quanto alla terza deduzione contenuta nella memoria
difensiva relativa alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – il
motivo – quando non manifestamente infondato – è palesemente
generico rispetto alla gravità indiziaria fondata prima ancora che sulle
dette dichiarazioni – delle quali il Tribunale opera puntuale valutazione sul dato offerto dalle captazioni – queste ultime analiticamente valutate
ai fini indiziari.
5. Infine, risulta dato puntuale conto anche della quinta deduzione
difensiva esposta nella memoria – relativa alle esigenze cautelari – alla
quale, anche in questo caso il Tribunale risponde con puntuale e corretta
motivazione che il ricorrente non ha impugnato.
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro duemila in favore della cassa delle ammende.
7. Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1
ter disp. att. cod . proc. pen.
2

contenuto della richiesta del P.M., il Giudice aveva dato conto delle

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in
favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. peli..

Così deciso il 29.3.2018.

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