Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16864 del 07/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16864 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
VESCIO GAETANO MICHELE nato il 10/12/1959 a FEROLETO ANTICO
MARTELLOTTA ROBERTO nato il 05/05/1955 a ROMA
GASBARRA CLAUDIO nato il 26/03/1956 a ROMA

avverso l’ordinanza del 04/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere LAURA SCALIA;
Lette/sentite le conclusioni del PG PIETRO MOLINO efl.<_ Ildipzurn conclude per il rigetto dei ricorsi. ItkititEEdifeesime E' presente l'avvocato FERRAZZA CLAUDIO del foro di ROMA in difesa di GASBARRA CLAUDIO, che insiste per l'accoglimento del ricorso. E' presente l'avvocato BAGLIONI FABIO del foro di ROMA in difesa di VESCIO GAETANO MICHELE e MARTELLOTTA ROBERTO, che si riporta ai ricorsi. Data Udienza: 07/03/2018 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Roma con ordinanza del 4 dicembre 2017 ha confermato la misura degli arresti domiciliari applicata dal G.i.p. del Tribunale di Civitavecchia a Gasbarra Claudio, Vescio Gaetano Michele e Martellotta Roberto gravemente indiziati, nelle loro qualità di funzionari delle Dogane addetti alla verifica dei presupposti per il rimborso dell'Iva in favore di cittadini extracomunitari in uscita dal territorio nazionale ed alla correlata ai danni dello Stato e il solo Vescio anche di corruzione propria (artt. 110, 81, secondo comma, 479 cod. pen.; artt. 110, 81, secondo comma, 61 n. 2 cod. pen., 56, 640, secondo comma, n. 1 cod. pen.; 319 cod. pen.). Al Vescio è stato altresì contestato di aver ricevuto, da persona non compiutamente identificata, ed accettato la promessa della son - ma di 300/350 euro per apporre la falsa attestazione di sussistenza dei presupposti al godimento dell'indicato beneficio fiscale. Per tutti è stata positivamente scrutinata la sussistenza delle esigenze cautelari. 2. Ricorrono in cassazione per l'annullamento dell'indicata ordinanza i difensori di fiducia degli indagati. 3. Con unico articolato motivo i difensori di Gasbarra Claudio denunciano apparenza e carenza assoluta di motivazione in ordine alle esigenze cautelari quanto al pericolo di reiterazione, di inquinamento probatorio e di fuga ed al giudizio di proporzionalità ed adeguatezza della misura applicata (art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 274, lett. a), b) e c), 275 cod. proc. pen. ed all' art. 133 cod. pen.). 3.1. Sul pericolo di reiterazione. 3.1.1. Il Tribunale del riesame nello scrutinare l'estremo del pericolo di reiterazione avrebbe omesso di motivare, nonostante l'allegazione difensiva, sulle istruzioni operative del sistema `Otello 2.0', in uso dall'ottobre 2017 di verifica dei presupposti per ottenere il rimborso Iva che totalmente automatizzato avrebbe sottratto agli addetti ogni ordinario compito di controllo. L'ordinanza avrebbe solo in apparenza motivato sulla possibilità di reiterazione nonostante la destinazione del Gasbarra ad altro servizio a far data da un anno e la sua attuale sospensione in ragione del procedimento 2 apposizione del timbro Conalbi, dei reati di falso ideologico, di tentata truffa penale e non sarebbe stata indicata l'esistenza di un solo rapporto con i colleghi addetti al servizio 'Tax free' idoneo a sostenere il formulato giudizio di reiterazione del reato. Nella dedotta sottoposizione di tutti gli impiegati che avevano firmato le fatture sospette a procedimento penale, il ritenuto pericolo di reiterazione del reato avrebbe dovuto invero tradursi, si deduce ancora in ricorso, in una capacità di coinvolgimento da esercitarsi dal Gasbarra su personale fino ad allora non coinvolto. l'indagato e gli intestatari delle fatture falsamente autorizzate e, comunque, le prime non sarebbero state capaci di sostenere l'esistenza di rapporti tali da consentire al Gasbarra dei reati contestati, la reiterazione. 3.1.2. La motivazione resa sull'estremo del pericolo di fuga sarebbe stata manifestamente illogica per la condotta stima sull'esistenza di una organizzazione disponibile a mantenere all'estero l'indagato in ragione di un limitato numero di telefonate e di contatti che, pari a dieci ed intercorsi tra indagato ed otto cittadini stranieri residenti in Italia in un arco temporale di sei mesi di intercettazioni, non avrebbero integrato quel!' «elevatissimo numero», pure indicato nell'impugnata ordinanza. Apodittico sarebbe poi rimasto il giudizio di prevedibilità di una condanna superiore ai tre anni di reclusione e tanto in ragione del trattamento sanzionatorio riservato al coìndagato Vescio all'interno di un altro troncone processuale attivato per fatti identici e più numerosi tra i quali figurava anche una corruzione. 3.1.3. Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, non fatto valere dal P.m. a sostegno della richiesta misura, l'ordinanza genetica e quella del riesame non avrebbero contenuto il benché minimo e concreto riferimento alla posizione del Gasbarra, non spiegandosi in quale modo l'indagato potesse intervenire su di una prova cristallizzata in atti nella documentazione fornita dalla società intermediatrice 'Global Blue' all'autorità giudiziaria né potendosi estendere all'indagato quella parte della motivazione relativa alla condotta del Vescio, apprezzata come di ostacolo alla possibilità di riconoscere la persona del corruttore (capo h, della rubrica). 3.2. La motivazione sarebbe stata apparente in ordine alla corretta applicazione dell'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. là dove stabilisce la non applicabilità della misura degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con sentenza si possa concedere la sospensione condizionale della pena. 3 Nessuna delle conversazioni intercettate avrebbe visto impegnato Né avrebbe potuto valere sul punto l'indirizzo giurisprudenziale che consente l'integrazione della motivazione del giudice del riesame con quella del primo giudice poiché sul punto l'ordinanza genetica non si era soffermata e obliterando ogni riferimento all'art. 133 cod. pen. essa avrebbe argomentato sulle posizioni degli altri indagati. In ogni caso la difesa, inascoltata, aveva sollevato specifica eccezione sul punto. 4. I difensori di Vescio Michele e Martellotta Roberto ricorrono con 4.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 274, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione in punto di ritenute esigenze cautelari in relazione al pericolo di inquinamento delle prove. Il Tribunale nell'apprezzare l'indicato estremo non avrebbe tenuto conto, come dedotto dalla difesa, dell'impossibilità del Vescio di ostacolare le attività di indagine nell'intervenuto sequestro di tutte le fatture oggetto di richiesta di rimborso dell'Iva con identificazione dei beneficiari. Il riferimento contenuto nell'impugnata ordinanza alla circostanza che un gruppo delle fatture incriminate sarebbe stato validato da una impiegata ancora in servizio presso l'ufficio delle dogane di Fiumicino e che la intermediaria Global s.r.l. avrebbe continuato ad inviare agli investigatori ulteriori gruppi di fatture sospette, non sarebbe valso ad indicare in quale modo gli indagati avrebbero potuto ostacolare l'individuazione degli intestatari dei documenti fiscali. La necessità di identificare il corruttore di cui al capo h'; della contestazione provvisoria sarebbe stato argomento manifestamente illogico, risultando il primo già identificato, così come indicato nell'ordinanza del G.i.p., e ragioni di nullità avrebbero dovuto individuarsi nell'ordinanza impugnata per la mancata fissazione della data di scadenza delle indagini da compiersi. 4.2. Con il secondo motivo si deduce la nullità quanto al ritenuto pericolo di fuga, positivamente scrutinato nelle ordinanze del G.i.p. e del Tribunale del riesame in ragione di «solidi e ramificati contatti con l'estero», ritenuti per un elevatissimo numero di telefonate senza che di queste venisse neanche indicata l'identità, nella pure dedotta incompatibilità dei primi con la personalità degli indagati e le risultanze d'indagine. Il pericolo di fuga non sarebbe poi stato neppure ravvisato dal P.m. nella richiesta di misura e si era ignorato, dai giudici del riesame, che il presupposto, insieme a quello di inquinamento probatorio, era stato escluso nella diversa ordinanza con cui il 5 settembre 2016 il medesimo Tribunale, 4 separati atti con tre motivi di annullamento di identico contenuto. confrontandosi con una motivazione del G.i.p. identica, nel tenore, a quella impugnata, aveva sostituito al Vescio la custodia in carcere con la misura degli arresti domiciliari per fatti analoghi. Il Vescio aveva inoltre scontato un anno e sei mesi di custodia cautelare per fatti connessi, per i quali era stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione, circostanze, queste, che avrebbe dovuto essere valutate in sede di riesame al fine di ritenere l'attualità dei contatti con organizzazioni criminali. 4.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di Il Tribunale avrebbe devalutato l'intervenuto licenziamento del VESCi0 e, quanto al Martellotta, il trasferimento a diverso ufficio, ed avrebbe valorizzato per il primo la violazione, per una sola volta, delle prescrizioni impostegli durante la sottoposizione agli arresti domiciliari nel procedimento connesso, apprezzando poi per entrambi gli indagati come «pacificamente emersi» sostanziali rapporti nell'Amministrazione di riferimento senza specificarne la consistenza e senza debitamente valutare, per converso, che i primi non erano più in servizio presso il SOT Viaggiatori. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi proposti sono fondati e l'impugnata ordinanza va annullata con rinvio perché il Tribunale di Roma proceda a nuovo esame delle esigenze cautelari che sostengono la perdurante applicazione agli indagati, Gasbarra Claudio, Vescio Gaetano Michele, della misura degli arresti domiciliari. Sulle esigenze cautelari. 2. Quanto alla cautela probatoria, fermo il principio che non viola il principio della domanda cautelare il giudice della cautela che ritenga sussistente un periculum libertatis diverso o ulteriore rispetto a quello indicato dal P.m. richiedente (Sez. 3, n. 43731 del 08/09/2016, Borovikov, Rv. 267935; Sez. 3, n. 29966 del 01/04/2014, C., Rv. 260253; Sez. 1, n. 4033 del 14/10/1992, Tundo, Rv. 192485), tanto non escludendo però che il giudice cautelare sia onerato di un maggiore onere motivatorio là dove, nell'esercizio dei più ampi poteri di valutazione allo stesso attribuiti, egli si trovi ad applicare la misura su necessità cautelari diverse, si ha che. Il Tribunale è incorso nella violazione del principio per il quale in tema di misure cautelari personali, la concretezza ed attualità del pericolo di inquinamento probatorio di cui all'art. 274, lett. a), cod. proc. pen., come 5 motivazione in ordine al pericolo di reiterazione. modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, vuole che si faccia riferimento allo specifico contegno dell'indagato, rilevando a sostegno di un giudizio di prognosi fausta la condotta del primo che non abbia per un protratto arco temporale agito in pregiudizio dell'integrità e genuinità della prova (Sez. 2, n. 31340 del 16/05/2017, F., Rv. 270670). L'esigenza istruttoria specifica richiesta dalla cautela processuale di cui all'art. 274, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. deve essere tale da consentire una puntuale valutazione prognostica del mezzo di prova da necessaria indicazione del termine di durata della misura disposta con finalità probatoria. Ciò posto, anche se quest'ultimo estremo non risulta essere necessario ove la misura si fondi, come è nella specie, anche su altre esigenze di cautela (Sez. 6, n. 1094 del 18/12/2015, 2016, De Gaetano, Rv. 265892), è comunque ravvisabile l'interesse dei ricorrenti ad impugnare con la precisazione che nella rivalutazione dell'intero quadro cautelare il Tribunale potrà essere chiamato a dare conto dell'indicazione del termine al fine di restituire alla disposta misura la sua stretta finalità processua'e ove l'esigenza probatoria risultasse l'unica a sostenere la misura applicata, Più direttamente quanto alla posizione del Vescio. La motivazione offerta nell'impugnata ordinanza — in cui si segnala, quanto al Vescío da un canto, il contatto dell'indagato, durante gli arresti domiciliari, con un funzionario dell'Agenzia delle Dogane finalizzato ad ottenere un colloquio con Martellotta Roberto e dall'altra, l'inoltro da parte del soggetto intermediario, Global Blue Italia S.r.l., di ulteriori gruppi di fatture sospette, nella emersa sottoscrizione di tredici delle fatture contenenti false attestazioni da parte di una impiegata in servizio presso l'ufficio delle dogane di Fiumicino — non vale a coniugare le condotte dell'indagato con il quadro investigativo per la concreta ed attuale possibilità che il primo impedisca acquisizione o genuinità della prova, nella ponderata necessità ed idoneità della misura degli arresti domiciliari ad escluderne il pericolo. Resta poi vero che i giudici del riesame non hanno distinto tra le posizioni degli indagati, limitandosi a scrutinare, per gli indicati contenuti, la sola condotta del Vescio come pregiudizievole degli esiti delle indagini. In tal modo operando il Tribunale di Roma ha mancato di fare applicazione nei rapporti tra il Vescio e gli altri indagati, di cui non sono segnalate condotte predicative dell'esigenza cautelare, dell'ulteriore principio per il quale, nella definizione del pericolo di inquinamento probatorio 6 parte del giudice, per una evidenza che rinviene contenuto e limite nella possono rilevare anche le condotte di eventuali coindagati solo se esse siano volte ad inquinare il quadro probatorio nell'interesse comune dei coindagati, dovendo in tal caso, però, il giudice della cautela dare conto della connessione tra le diverse posizioni (Sez. 6, n. 41606 del 05/06/2013, Vivolo, Rv. 257598). 3. Quanto all'estremo del pericolo di fuga, resta in via preliminare fermo il principio che svincola il giudice della cautela dall'iniziativa del P.m. -non nell'aggravamento dell'onere motivatorio nel senso anzidetto. Nel resto. In materia di libertà personale, al fine di configurare l'attualità della esigenza cautelare in relazione al pericolo di fuga è necessario che l' apprezzamento ricomprenda tutti gli estremi utili risultanti dagli atti e cioè, tra l'altro, il comportamento processuale ed extraprocessuale, i precedenti penali, le modalità del fatto e l'entità della pena su cui apprezzare volontà e capacità dell'indagato di darsi alla fuga. Il Tribunale non attenendosi agli indicati principi non ha assolto all'onere di motivazione richiesto là dove nel provvedimento impugnato ha ritenuto sussistente l'esigenza cautelare del pericolo di fuga per avere "i ricorrenti maturato solidi e ramificati contatti con l'estero" adducendo con motivazione non puntuale a sostegno "l'elevatissimo numero di telefonate (anche ricevute)" a cui "potrebbero rivolgersi per sottrarsi anche alla pena suscettibile di applicazione ... e l'utilizzo di carte di credito". Per l'indicato passaggio resta non soddisfatta la necessaria correlazione tra modalità del fatto ed ulteriori elementi diretti a ricondurre l'estremo cautelare alla persona ed alla volontà degli indagati (Sez. 5, n. 5821 del 13/11/2017, dep. 2018, Pittia, Rv. 272107). In materia di esigenze cautelari, il requisito della attualità del pericolo di fuga di cui all'art. 274, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. (nel testo modificato dalla legge n. 47 del 2015) richiede infatti la formulazione di un giudizio prognostico in base al quale ritenere, senza il ricorso a fprmule astratte e non verificabili in concreto, che sia imminente la sottrazione dell'indagato al processo e, in caso di condanna, alla irrogazione della pena (Sez. 3, n. 18496 del 11/01/2017, F., Rv. 269630), dovendosi in tal senso valutare anche il decorso del tempo dalla conoscenza del procedimento a carico ed i comportamenti degli indagati nell'ante acta ivi compresi i periodi trascorsi in carcere in custodia cautelare per altro titolo, nell'altresì necessario puntuale riferimento alla pena irrogabile. 7 costituendo lo scrutinato profilo ragione della richiesta cautelare- pur 4. Venendo al requisito dell'attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione del reato, si ha che esso deve essere inteso come giudizio di prognosi di commissioni di delitti analoghi fondata su elementi concreti e non congetturali che siano rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n. 9894 del 16/02/2016, C., Rv. 266421). Nei reati contro la pubblica amministrazione o aggravati dall'essere pericolosità sociale dell'incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l'indagato abbia dismesso la carica o esaurito l'ufficio nell'esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata. Tuttavia la validità di tale principio deve essere rapportata al caso concreto, là dove il rischio di ulteriori condotte illecite del tipo di quella contestata deve essere reso probabile da una permanente posizione soggettiva dell'agente che gli consenta di continuare a mantenere, pur nell'ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso (arg. ex Sez. 6, n. 19052 del 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223). Il Tribunale di Roma quale giudice del riesame cautelare non ha fatto corretta applicazione degli indicati principi non valutando l'incidenza avuta sul rischio di reiterazione del reato dalle vicende del rapporto di lavoro in essere tra indagati ed amministrazione di appartenenza, in cui maturarono i fatti in contestazione. Valga in tal senso l'intervenuto trasferimento degli indagati Gasbarra e Martellotta presso altro ufficio e comunque la sospensione amministrativa dal primo subìta in esito all'odierno procedimento ed ancora l'intervenuto licenziamento del Vescio, nella non idoneità a sostenere l'espresso giudizio di permanenza dell'indicato pericolo, il riferimento, peraltro operato per i soli Vescio e Martellotta, ai sostanziali rapporti instaurati dagli indagati con l'amministrazione di appartenenza, suscettibili di prosecuzione nella ritenuta non influenza della «dismissione della carica formale» o del «mero allontanamento dall'Ufficio». Si tratta di un richiamo che, nella natura pubblica della struttura di riferimento (Agenzia delle dogane e dei monopoli), non soddisfa il riconoscimento di una perdurante posizione soggettiva in capo all'agente che consenta a questi, pur nella diversità di incarichi e funzioni, la 8 commessi ai danni della prima, il giudizio di prognosi sfavorevole sulla concretizzazione del rischio di reiterazione di condotte del medesimo rilievo ed offensività. Non evoca infatti il primo l'esistenza di una così pervasiva presenza degli indagati rispetto alla struttura pubblica da non essere il rischio di reiterazione in alcun modo arginato da ordini di servizio e finanche dall'intervenuto licenziamento, i cui effetti peraltro solo erroneamente vengono ricondotti nell'impugnata ordinanza al diverso fenomeno della «dismissione della carica formale», evocativo di una iniziativa unilaterale, dimissionario, per una chiara distinzione tra poteri formali e sostanziali di gestione destinati a sopravvivere a dispetto delle vicende dei primi, per una penetrazione dell'azione del pubblico funzionario erta a sistema. Né, ancora, la pure richiamata indole delinquenziale dei ricorrenti vale a diversamente definire rispetto a costoro il pericolo di reiterazione, dovendo il dato personologico coniugarsi con quello obiettivo e di contesto che possa dare impulso alla latente pericolosità dell'indagato favorendo la recidiva, evidenza quest'ultima destinata a misurarsi là dove sia contestato un reato ai danni della p.A. con una operatività ambientale 'dominante' dell'indagato, capace come tale di sciogliersi e prevalere su ogni allertato controllo e sui provvedimenti amministrativi di diversa assegnazione o di pieno cessazione del rapporto. Quanto alla posizione del Gasbarra, il Tribunale del riesame dovrà altresì farsi carico di motivare, ove intenda il pericolo di recidiva nor inciso dalle vicende di lavoro, sulla eventuale ricaduta che sull'indicato estremo abbia la diversa organizzazione del servizio, per il processo di automazione dedotto dalla difesa dell'indagato, strumento diretto a sottrarre all'operatività del singolo funzionario il processo in contestazione. 5. In via conclusiva i ricorsi sono fondati e si impone l'annullamento dell'impugnata ordinanza perché il Tribunale di Roma provveda a nuovo giudizio sulle esigenze cautelari attenendosi all'applicazione dei principi indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Roma. Così deciso il 07/03/2018 Il Consigliere estensore Il Presidente maturata in un contesto destinato comunque a risentire dell'influenza del

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