Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1686 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1686 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale della Repubblica presso
la corte d’appello di Bari;
avverso la sentenza emessa il 20 maggio 2011 dalla corte d’appello di Bari
nei confronti di Petroni Michele;
udita nella pubblica udienza dell’Il dicembre 2012 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
Svolgimento del processo
Con sentenza 22.6.2005 il giudice del tribunale di Bari dichiarò Petroni
Michele colpevole dei reati di cui: A) all’art. 171 ter, comma 1, lett. c), e comma 2, lett. a), della legge 22 aprile 1941, n. 633, per avere posto in commercio
numerosi supporti con opere audiovisive abusivamente duplicati; B) all’art. 648
cod. pen. (commessi in data prossima al 5 marzo 2004) e lo condannò alla pena
di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed E 1.600,00 di multa, oltre pene accessorie.
La corte d’appello di Bari, con la sentenza in epigrafe, dichiarò prescritto il
reato di cui al capo A) ed assolse l’imputato dal reato di cui al capo B) perché il
fatto non sussiste. Osservò la corte d’appello che la condotta di detenzione per
la vendita di supporti audiovisivi abusivamente duplicati punita dall’art. 171 ter
della legge 22 aprile 1941, n. 633, non concorre con il reato di ricettazione di
cui all’art. 648 cod. pen., perché tra le due norme sussiste un rapporto di continenza.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Bari
propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione della legge pe-

Data Udienza: 11/12/2012

nale. Osserva che nella specie si tratta di reato commesso successivamente
all’entrata in vigore del d. lgs. 68/2003, che ha abrogato l’art. 16 della 1.
248/2000, sicché l’acquisto di tali prodotti non integrava più l’illecito amministrativo, che, per il principio di specialità, prevaleva sull’art. 648 cod pen. che
punisce lo stesso fatto. Di conseguenza, era tornato ad essere ammissibile il
concorso fra le condotte di acquisto o di ricezione punite dall’art. 648 cod. pen.
e le successive condotte di immissione in commercio previste dall’art. 171 ter
della legge 22 aprile 1941, n. 633.
Motivi della decisione
Il ricorso del PG è fondato in quanto effettivamente la sentenza della corte
d’appello di Bari è affetta da erronea applicazione delle norme penali, chiaramente derivante da una parziale comprensione delle massime di questa Corte ivi
citate e dalla mancata considerazione della giurisprudenza successiva, a cominciare dalla decisione emessa dalle Sezioni Unite fin dal 2005.
Le massime citate dalla sentenza impugnata, invero, riguardano tutte condotte commesse nella vigenza del testo dell’art. 171 ter della legge 22 aprile
1941, n. 633, come modificato dall’art. 16 della legge n. 248 del 2000, il quale
appunto puniva la condotta di acquisto o noleggio di supporti audiovisivi abusivamente riprodotti con una sanzione amministrativa pecuniaria. Si riteneva
pertanto che tale condotta integrasse un semplice illecito amministrativo, e non
concorresse, quindi, con il reato di ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen., atteso che tra le due norme sussisteva un rapporto di continenza, in quanto nella
norma codicistica sono compresi tutti gli elementi costitutivi della norma introdotta dalla legge n. 633, come modificata, che descriveva, più specificamente,
condotte già comprese, sul piano astratto, nella prima, con la quale si poneva in
rapporto di specialità (cfr. Sez. Il. 8,2,2005, n. 9273, Ndaw, m. 230792; Sez. III,
23.9.2004, n. 42203, Gueye, m. 230172).
Questa regola quindi non è più valevole per le condotte — come quella oggetto del presente processo – poste in essere successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato l’art. 16 della legge n. 248 del
2000, sostituendolo con il nuovo testo dell’art. 174-ter legge n. 633 del 1941.
Per queste ultime condotte è invece configurabile il concorso tra il reato di ricettazione (art. 648 cod. pen.) e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti (art. 171-ter Legge 22 aprile 1941, n. 633), quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o
multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione, configurandosi l’illecito meramente amministrativo previsto dall’art. 174 ter legge n. 633 del 1941, soltanto quando, trattandosi di acquisto,
questo sia stato effettuato ad uso esclusivamente personale (Sez. Un.,
20.12.2005, n. 47164, Marino, m. 232302).
In altre parole, per pacifica giurisprudenza, dall’entrata in vigore del d.lgs.
9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato l’art. 16 della legge n. 248 del 2000, sostituendolo con il nuovo testo dell’art. 174-ter legge n. 633 del 1941, non ricorre
più alcun rapporto di continenza tra ricettazione ed illecito amministrativo, poiché quest’ultimo non comprende più anche l’acquisto per destinazione al commercio di supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non con-

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formi alle prescrizioni legali. Consegue che questo tipo di acquisto è tornato ad
avere la potenzialità di assumere rilevanza penale come delitto di ricettazione,
se presuppone la commissione di uno dei delitti previsti dagli artt. 171 ss. legge
22 aprile 1941, n. 633.
Appare opportuno ricordare che per la configurazione del reato di ricettazione occorre ovviamente che il soggetto che pone in commercio i supporti abusivamente duplicati li abbia acquistati da terzi e non abbia in qualche modo
concorso alla loro illecita riproduzione. E va anche precisato che, come ritenuto
plurime volte dalla più recente giurisprudenza, la prova di tale acquisto — da
fornirsi dall’accusa — non può più presumersi esclusivamente sulla base del fatto che si tratti di un numero non esiguo di supporti abusivi, dal momento che le
moderne tecnologie ed apparecchiature hanno reso economico ed alla portata di
tutti duplicare anche un numero rilevante di supporti. Una eventuale presunzione di acquisto che escluda il concorso nella abusiva duplicazione dovrà pertanto
basarsi sui concreti elementi che caratterizzano la fattispecie.
E’ opportuno anche ricordare che, per ipotizzarsi il reato di ricettazione,
occorre che le cose provengano effettivamente da un reato, ossia che vi sia la
prova che i supporti erano stati illecitamente duplicati, non essendo sufficiente
a tal fine la sola mancanza del contrassegno Siae, che di per sé, per i fatti accaduti prima del 2009, non costituiva nemmeno mero indizio di una illecita duplicazione (Sez. III, 4.11.2011, n. 2376 del 2012, Gadiaga, m. 252123; Sez. III,
22.10.2009, n. 44892, Sambee, m. 245273; Sez. III, 28.5.2008, n. 27109, Fall,
m. 240267; Sez. 7, 6.3.2008, n. 21579, Boujlaib, m. 239959). E difatti, «non integra il reato di ricettazione, per difetto del reato presupposto, la ricezione di
supporti audiovisivi privi di contrassegno Siae. (Fattispecie di condotta posta in
essere prima del 21 aprile 2009, data di entrata in vigore del d.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, che ha reso nuovamente opponibile ai privati l’obbligo di apposizione del contrassegno)» (Sez. III, 29.11.2011, n. 634 del 2012, Zitouni, m.
252129).
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente al reato di ricettazione di cui al capo B) con rinvio per nuovo esame ad altra sezione
della corte d’appello di Bari.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B), con
rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione,
dicembre 2012.

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