Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16855 del 06/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16855 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: AGLIASTRO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per il
riesame di Verona, nel procedimento a carico di
Bissoli Roberto, nato a Castelnuovo del Garda il 04/08/1947,
Parolini Giannatonio, nato a Verona il 30/10/1949,
Alfeo Maurizio, nato a Verona il 12/09/1958,

avverso l’ordinanza del 12/09/2017 del Tribunale di Verona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mirella Agliastro;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Simone Perelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito l’avvocato Giacomo Satta del foro di Roma, difensore di fiducia di Bissoli
Roberto, il quale chiede che il ricorso venga rigettato;
udito l’avvocato Claudio Avesani del foro di Verona, difensore di Parolini
Giannantonio, il quale chiede che il ricorso del P.M. venga dichiarato
inammissibile o rigettato.

Data Udienza: 06/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Verona, pronunciandosi sull’appello proposto dal Pubblico
Ministero avverso il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Verona in data 11/7/2017 che aveva rigettato, limitatamente al
capo b) dell’imputazione, la richiesta del Procuratore della Repubblica di

di proprietà di FRAER Leasing s.p.a., respingeva il gravame proposto.
Il Collegio veronese riteneva non integrato il fumus commissi delicti con
riferimento al reato di cui al capo b) dell’imputazione provvisoria a carico di
Bissoli Roberto, Alfeo Maurizio, Parolini Giannantonio, reato che il Pubblico
Ministero aveva individuato nella fattispecie di cui agli artt. 110, 323 comma 1 e
2 cod. pen.: ad essi la Pubblica Accusa addebitava di avere omesso, in concorso
tra di loro, i primi due rispettivamente legale rappresentante e direttore
generale della Serit s.r.I., il terzo amministratore di fatto della società
denominata “4963 s.r.l.”, di procedere con gara pubblica all’acquisto del terreno
per la realizzazione di un impianto di raccolta e stoccaggio di rifiuti solidi urbani,
con il contributo delle imprese collegate e della proprietaria dell’immobile già
destinato ad uso agricolo, Bazzoli Vittoria, nonchè di avere realizzato una serie di
operazioni giuridiche fittizie volte a dilatare il prezzo dell’immobile medesimo.
Il progetto prevedeva la delocalizzazione ed il potenziamento dell’impianto
produttivo dalla sede storica di Cavaion Veronese presso un nuovo costituendo
insediamento sito nel Comune di Rivoli, località Terramatta. Il terreno sul quale
doveva sorgere il nuovo impianto, in origine di proprietà della citata Bazzoli
Vittoria, era stato oggetto di interesse della società “4963 s.r.l.” amministrata
dal Parolini; questi, in data 23/12/2013 concludeva un contratto preliminare con
la proprietà per l’acquisto del terreno. In pari data, la società “4963 s.r.l.”
stipulava un analogo contratto preliminare per la vendita del terreno alla Serit
s.r.l. per la realizzazione dell’impianto; però il contratto veniva risolto perché non
era stata rilasciata l’autorizzazione del Comune. In data 14/4/2016 la società
“4963 s.r.l.” concludeva con Serit s.r.l. un altro preliminare sempre per la
vendita. Il 10/6/2016 si concludeva il contratto definitivo per l’importo di C
2.320.000, fra Bazzoli Vittoria e la società “4963 s.r.l.”; in pari data la società
“4963 s.r.l.” vendeva il terreno alla FRAER Leasing s.p.a. al prezzo di C
5.636.000 + IVA per complessivi C 6.875.920; ancora in pari data, la società
FRAER cedeva in regime di leasing il terreno alla Serit s.r.l. al prezzo
complessivo di C 9.500.000. Le successive operazioni commerciali con i relativi

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emissione di sequestro preventivo di un immobile sito in Agro di Rivoli Veronese

passaggi di proprietà hanno comportato un aumento esponenziale del prezzo di
vendita.
2. Dalla ricostruzione dei riportati fatti storici, il Pubblico Ministero aveva
tratto elementi per la imputazione provvisoria del reato di abuso di ufficio, di cui
al capo b), e pertanto, aveva chiesto il sequestro preventivo del terreno quale
oggetto strumentalmente connesso al delitto, ma sia il giudice per le indagini
preliminari sia il Tribunale in sede di appello, avevano respinto questa richiesta,
sottolineando la inapplicabilità delle norme sulle procedure ad evidenza pubblica,

confluite nel d.lgs. n. 50/2016).
L’imputazione di abuso d’ufficio in concorso, elevata nei confronti degli
indagati si incentra sul fatto che la società Serit s.r.l. avrebbe individuato una
controparte contrattuale nella società “4963 s.r.l.”, sia per l’acquisto e locazione
del terreno, sia per l’esecuzione dei lavori di realizzazione del nuovo impianto di
gestione dei rifiuti, senza dare corso alle procedure di evidenza pubblica.
Il Tribunale ritiene che la Serit s.r.l. non possa essere considerata un
organismo pubblico, al più “impresa a partecipazione pubblica” e che non si
possa fare conseguire alla

“pratica illegittima della proroga continua del

contratto” l’assunzione in capo a Serit s.r.l. della veste di soggetto monopolista
di fatto, ovvero organo pubblico secondo la normativa di rilevanza pubblica.
Sostiene che la violazione della normativa pubblicistica in materia di appalti e di
quella contrattuale da parte dell’Ente pubblico nel mantenere una relazione
contrattuale ormai scaduta, non può riverberarsi sulle forme di operatività nel
mercato del contraente privato e scelto ricorrendo ad una gara pubblica. Le
operazioni di acquisto del terreno destinato alla realizzazione dell’impianto
restano estranee all’ambito di applicazione della normativa sugli appalti pubblici
che riguarda l’acquisto di servizi, di forniture, lavori e opere.
Il Tribunale, a conclusione delle sue riflessioni, ha ritenuto di “assumere un
contegno cauto nella valutazione delle violazioni di legge integranti il delitto in
esame, quanto meno sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento psicologico
del reato”; ha rigettato l’appello del Pubblico Ministero, non sussistendo il fumus
commissi dell’ai del reato di abuso di ufficio aggravato, elevato nei confronti
degli imputati.

3. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Verona per
erronea applicazione della disciplina di cui al d.lgs. n. 163/2006, ora confluita nel
d.lgs. n. 50/2016. Deve riconoscersi “la configurabilità di Serit s.r.l. quale
organismo di diritto pubblico e nella specie, quale “società in house” per le
modalità di affidamento del servizio all’ATI SERIT AMIA che è formale e

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contenute nel codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006 oggi abrogato e

sostanziale e per l’individuazione dei soggetti che devono sottostare alla
disciplina degli appalti”.
Il Pubblico Ministero sostiene che, essendo Serit s.r.l. un’impresa privata
divenuta interamente partecipata da capitale pubblico, se ne deve affermare la
veste di organismo pubblico, poiché opera per conto del “Consorzio di Bacino
Verona 2 del Quadrilatero”,

in forza di un contratto di appalto che viene

prorogato da 14 anni, circostanza che le avrebbe attribuito un “regime di
monopolio di fatto”. Nel corso di questi anni, Serit ha ottenuto rinnovati

regime delle proroghe è affetto da nullità per contrasto con le norme regionali, le
quali prevedono la soppressione degli enti responsabili di bacino a far data dal
1/1/2013, l’attribuzione del servizio a Serit quantomeno dall’1/1/2013 integra
una concessione di fatto illegittima, ovvero Serit deve qualificarsi come società
“in house” del Consorzio, ed è tenuta al rispetto della disciplina degli appalti
pubblici. Questo affidamento è stato reso possibile solo se si qualifica Serit come
organismo di diritto pubblico, secondo la definizione del c.d. codice degli appalti,
anche perché esercita un’attività diretta al soddisfacimento di un interesse
generale. Infatti, secondo il d.lgs. 152/2006, in materia di tutela ambientale, la
gestione dei rifiuti “costituisce attività di pubblico interesse”. L’organismo che
svolge l’attività di gestione di rifiuti riceve il corrispettivo dal Comune, che a sua
volta impone la tassa ai cittadini e determina annualmente le tariffe e utilizza
denaro che proviene dal bilancio pubblico dei Comuni consorziati.
Conclude il Pubblico Ministero, affermando che una diversa configurazione
giuridica, come hanno fatto il giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale
dell’appello, si risolverebbe in una elusione della disciplina delle procedure ad
evidenza pubblica. Chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio al
Tribunale di Verona per un nuovo esame.
4. In data 30/1/2018 è pervenuta una memoria difensiva nell’interesse di
Parolini Giannantonio, con la quale si sostiene che le proroghe del contratto
senza ricorrere ad una nuova gara, ancorchè illegittima, non rendono Serit
organismo di diritto pubblico e non trasformano il rapporto in “affidamento in
house di fatto”, in difetto degli altri presupposti riguardanti la società Serit.
In data 31/1/2018 è pervenuta una articolata memoria difensiva
nell’interesse di Alfeo Maurizio. Si sostiene che Serit s.r.l. è classificabile come
società privata sia pure a totale partecipazione pubblica prevalentemente
indiretta, trattandosi di società con fini di lucro non istituita in vista di esigenze
di interesse generale, ma sorta come impresa privata e successivamente
divenuta interamente partecipata da capitale pubblico, con attività svolta in

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affidamenti del servizio, in assenza di procedure di evidenza pubblica. Siccome il

regime di concorrenza mediante acquisizione di appalti, di servizi pubblici
assegnati a seguito di regolari procedure ad evidenza pubblica.
Alla complessa operazione realizzata dalla Serit non si applica il codice dei
contratti pubblici per l’acquisto di beni immobili (art. 1 dlgs n. 50/16). In ogni
caso per statuto la Serit s.r.l. esercita attività commerciale e industriale nei
servizi di nettezza urbana, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti con fini di
lucro in regime di concorrenza mediante l’acquisizione di appalti, di servizi
pubblici assegnati a seguito di regolare procedura di evidenza pubblica e soltanto

In data 1/2/2018 è pervenuta una memoria difensiva nell’interesse di Bissoli
Roberto. Anche in questa memoria si rileva che “un bene immobile sottoposto a
compravendita non è ricompreso nelle ipotesi elencate dall’art. 1 del codice degli
disciplina dei contratti di appalto e

appalti”, il quale fa riferimento alla

concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi
ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori ed opere.

La norma non

contempla l’acquisto di immobili tra le ipotesi soggette a gara ad evidenza
pubblica per le ragioni che molteplici sono le caratteristiche che devono
rispondere a criteri di convenienza industriali logicisti e organizzativi.
La mancata inclusione nel codice degli appalti dell’acquisto di beni immobili,
ha indotto gli amministratori di Serit, in particolare il presidente del c.d.a., Bissoli
Roberto, a concludere la compravendita del terreno in forza di norme
privatistiche cosicchè non è possibile ritenere sussistente il dolo intenzionale
previsto dalla norma penale del reato di abuso in atti di ufficio sotto il profilo
della consapevolezza di agire violando una norma di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato e deve trovare accoglimento.
2. In primo luogo, non coglie nel segno l’affermazione del Tribunale di
Verona, secondo cui l’acquisto del terreno destinato alla realizzazione
dell’impianto sia estraneo all’ambito di applicazione della normativa sugli appalti
pubblici riguardante l’acquisizione di servizi, forniture, lavori ed opere, poichè
l’acquisto del terreno dalla proprietà Bozzoli Vittoria costituisce attività
prodromica e strumentale per l’insediamento, nello stesso sito, del nuovo
impianto produttivo ivi trasferito dalla precedente sede storica. Si rileva infatti
che il contratto di vendita definitivo veniva concluso il 10/6/2016 tra l’originario
proprietario e la società denominata “4963 s.r.l.” e lo stesso giorno il terreno
veniva venduto dalla società predetta alla FRAER leasing s.p.a. per un importo
quasi triplicato e sempre lo stesso giorno la società FRAER cedeva il terreno in

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marginalmente assegnataria di affidamenti in house.

regime di leasing alla Serit per un prezzo maggiorato di circa un terzo. Su tale
terreno acquistato da privato, ma locato alla Serit s.r.l. (di cui Bissoli Roberto e
Alfeo Maurizio erano rispettivamente legale rappresentante e direttore generale)
dovevano essere eseguiti lavori per la realizzazione dell’impianto di gestione dei
rifiuti, eludendo le procedure ad evidenza pubblica, con l’ulteriore aggravio
costituito dal prezzo dell’esecuzione dei lavori da parte dell’azienda del Parolini
Giannatonio che era l’amministratore di fatto della società sopra indicata,
denominata “4963 s.r.1”. Detta società non soltanto aveva concesso alla Serit in

impianto.
Agli indagati Bissoli, Alfeo e Parolini è stato, con addebito provvisorio,
attribuito il reato di cui agli artt. 323 comma 1 e 2 cod. pen. per avere proceduto
all’acquisto di un terreno su cui deve sorgere un impianto di stoccaggio e
trattamento dei rifiuti, nonché all’affidamento dei relativi lavori senza
l’esperimento di una gara pubblica che si sarebbe resa necessaria in virtù della
natura di organismo pubblico della società Serit s.r.l. operante in regime di
monopolio di fatto nel servizio di interesse pubblico di raccolta di rifiuti urbani.
Secondo il Pubblico Ministero ricorrente, tale condotta avrebbe comportato
per la Serit l’obbligo della controprestazione contrattuale di leasing oltre
all’ulteriore esborso derivante dall’effettiva realizzazione dell’impianto, con
l’ingiusto vantaggio patrimoniale in capo al titolare della società “4963 s.r.l.” del
prezzo dell’esecuzione dei lavori. Dal che la richiesta di sequestro preventivo sul
terreno oggetto delle eccentriche operazioni commerciali, di fatto condotte solo
con le società “4963 s.r.l.” e FRAER leasing s.p.a.
3. Il Tribunale ha sostenuto che la società Serit non soddisfa il requisito
legale della “costituzione per soddisfare specificamente esigenze di interesse
generale aventi carattere non industriale e commerciale”. La Serit s.r.l. opera
con fini di lucro nel settore dell’igiene ambientale; svolge la propria attività per
previsione statutaria in regime di concorrenza ovvero tramite l’acquisizione di
appalti e servizi pubblici. Si assume i rischi collegati alle perdite commerciali e gli
utili sono distribuiti tra i soci, opera secondo la regola delle società private che
perseguono fini di lucro, assumendo il rischio economico, con moduli privatistici,
all’interno di un mercato competitivo. Si deroga a tale regime solo se lo
svolgimento di servizio assunto avvenga

“in house”, di cui la società sia

aggiudicataria diretta da parte dei suoi soci, nel qual caso risulta tenuta
all’acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al d.lvo n. 163/2006.
Nel caso di specie, Serit è impresa privata divenuta interamente partecipata di
capitale pubblico, svolge in regime di concorrenza la propria attività mediante
l’acquisizione di appalti e servizi pubblici, non si trova in posizione dominante,

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leasing il terreno, ma avrebbe anche realizzato le opere relative al nuovo

non può influire sul prezzo del servizio approfittando dell’assenza di imprese
contraenti.
4. È esperienza della giurisdizione sovranazionale europea la configurazione
di un rapporto che connette il servizio pubblico al suo adempimento attraverso
un’attività conforme al diritto dell’Unione Europea, laddove l’ente pubblico decida
di non provvedere all’adempimento di compiti legalmente imposti, attraverso una
“gestione diretta” o “gestione in economia”, ma opti per l’esternalizzazione del
servizio ovvero decida di determinarsi secondo la logica dell’affidamento diretto.

privato, ovvero attraverso l’attribuzione del servizio a società miste, ovvero
attraverso l’affidamento diretto del servizio a “società in house providing”.
In questa cornice ricostruttiva, il Consiglio di Stato (Sezione 5 sentenza
22/1/2015 n. 257) ha affermato il principio della natura ordinaria
dell’affidamento eseguito con modalità diverse dalla gara pubblica, purchè nel
rispetto dei principi di legalità, trasparenza, legittimo affidamento e non
discriminazione. Il Consiglio di Stato ha tracciato i principi generali secondo cui
l’affidamento diretto di appalti e concessioni (senza gara e senza ricorso a
procedure di evidenza pubblica) è consentito tutte le volte in cui si possa
affermare che l’organismo affidatario, dotato di autonoma personalità giuridica,
presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un ufficio
interno dell’amministrazione affidante, poiché in questo caso, non vi sarebbe un
rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, sicchè non si tratterebbe di un
effettivo ricorso al mercato, bensì di una forma di autoproduzione o comunque di
erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell’Amministrazione
attraverso propri “in house providing”.
Detta equiparazione è possibile in presenza di due presupposti, identificati:
1) nel c.d. “controllo analogo” e cioè una situazione di fatto e di diritto nella
quale l’ente sia in grado di esercitare sulla società un controllo analogo a quello
che lo stesso ente esercita sui propri “servizi interni” e 2) nella necessità che la
società svolga la “parte più importante della propria attività” con
l’amministrazione affidante. Detti principi hanno ispirato la recente normativa
nazionale costituita dal d.lgs. n.175/16
partecipazione pubblica),

(Testo Unico in materia di società a

che, per quanto ispirata alla direttiva europea

24/2014/UE (non ancora recepita nell’ordinamento interno), non costituisce la
fedele replica della originaria figura di matrice giurisprudenziale.
La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d. “controllo
analogo” richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, senza
presenza di partecipazione pur minoritaria di soggetti privati al capitale di una
società alla quale partecipi l’Amministrazione aggiudicatrice. Quest’ultima deve

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Tale fenomeno può attuarsi attraverso il ricorso al c.d. partenariato pubblico-

essere in grado di esercitare un’influenza determinante sugli obiettivi e sulla
decisioni dell’entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo,
strutturale e funzionale.
5. Con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte, è costante
insegnamento (cfr. Sez. 6, n. 48036 del 14/11/2014, Rv. 261223) che i soggetti
inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni
possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio,
quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa

Corte ha già riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio
all’amministratore di una società per azioni, operante secondo le regole
privatistiche, ma partecipata da un consorzio di enti pubblici ed avente ad
oggetto la gestione di un servizio di pubblico interesse, quale la raccolta o lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv.
257384).
Come hanno chiarito le Sezioni Unite civili con sentenza del 25.11.2013 n.
26283, “pur trattandosi all’origine di una figura di stampo eminentemente
giurisprudenziale, la società in house non ha tardato ad acquisire cittadinanza
anche nella legislazione nazionale. Se ne trova menzione in molteplici sparse
disposizioni normative, talvolta con mero richiamo alle caratteristiche richieste
dalla citata giurisprudenza europea, altre volte con più specifica indicazione dei
requisiti occorrenti perché tale figura ricorra. Particolare risalto assume, in
questo contesto, il disposto dell’art. 113, comma 4, del testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti a locali (D.Lgs. n. 267 del 2000), come riformulato
dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 14, (convertito con modificazioni dalla
L. 24 novembre 2003, n. 326), che, in presenza di determinate condizioni,
consente espressamente l’affidamento di servizi pubblici, anziché ad imprese
terze da individuare mediante procedure di evidenza pubblica, a società di
capitali costituite per quello scopo e partecipate totalitariamente da soci pubblici,
purché esse realizzino la parte più importante della propria attività con l’ente o
con gli enti che le controllano e purché questi ultimi esercitino sulla società un
controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. È dunque possibile
considerare ormai ben delineati nell’ordinamento i connotati qualificanti della
società in house, costituita per finalità di gestione di pubblici servizi e definita da
tre requisiti: la natura esclusivamente pubblica dei soci, l’esercizio dell’attività in
prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo
corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici”.
Cosicché le società in house hanno della società solo la forma esteriore ma
costituiscono in realtà delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui

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pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici. La

promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi. Ne
consegue che gli organi di tali società, assoggettati a vincoli gerarchici facenti
capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a
differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società a
partecipazione pubblica, come investiti di un mero munus privato, inerente ad un
rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima società.
Gli organi delle società in house sono preposti ad una struttura
corrispondente ad un’articolazione interna alla stessa Pubblica Amministrazione,

proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti
preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico.
Questi principi hanno improntato costantemente pronunce successive di
questa Corte (Sez. 6, n. 28299 del 10/11/2015, Rv. 267045; Sez. 6, n. 1327 del
07/07/2015, Rv. 266265; Sez. 6, n. 39350 del 03/07/2017, Rv. 270943; Sez. 2,
n. 29480 del 13/06/2017, Rv. 267045) nelle quali si è riconosciuto che anche gli
enti a formale struttura privatistica, purchè rispondenti ai requisiti di
partecipazione esclusiva degli enti pubblici, di servizio in prevalenza a favore dei
soci, di sottoposizione a controllo degli stessi enti pubblici, assumono pregnante
connotazione pubblicistica, ed agli amministratori è stata riconosciuta la qualifica
di incaricati di pubblico servizio, se l’attività della società sia disciplinata da una
normativa pubblicistica che persegue finalità pubbliche, ancorchè con strumenti
privatistici.
6. Si rende allora necessario, alla luce dei principi delineati e sulla base
dell’orientamento prevalente espresso da questa Corte, qualificare in maniera più
puntuale, il vincolo, nato come contratto di appalto stipulato nel 2003, e
proseguito in regime di proroga pluriennale, instaurato tra la Serit s.r.I., società
di diritto privato, a totale partecipazione pubblica operante nel settore della
gestione dei rifiuti ed il Consorzio dei Comuni; qualificare la natura dell’attività
esercitata, ove diretta al soddisfacimento di un “interesse generale”, nonchè la
natura del “bisogno”, commerciale o industriale o meno. Da un lato, si deve
chiarire se l’attività di raccolta dei rifiuti sia attività di interesse generale – che
riguarda la generalità dei consociati residente nel territorio in cui opera la società
coinvolta – e pubblico – vale a dire, dichiarato quale interesse dell’autorità
pubblica (art. 177 d. Igs. 152/2006); dall’altro lato, si dovrà verificare se la
società Serit operi in condizioni di mercato “garantite”, per non dire
monopolistiche, sottratta a logiche di concorrenza.
Su tali questioni, il Tribunale non ha ritenuto di prendere posizione, per sua
espressa affermazione secondo cui “occorre assumere un contegno cauto nella

valutazione delle violazioni di legge integranti il delitto in esame, dovendosi

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sicché è da ritenere che essi siano personalmente a questa legati da un vero e

approfondire il profilo dell’elemento psicologico del reato e non sussistendo
comunque il fumus commissi delicti”.
7. Il mancato approfondimento e confronto del Tribunale di Verona con le
problematiche evidenziate, e con gli orientamenti giurisprudenziali sopra cennati,
impone l’annullamento del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti
al Tribunale di Verona per nuova deliberazione.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al
Tribunale di Verona.

Così deciso il 06/02/2018

Il Consigliere estensore
Mirella Agli sro

Il Presidente
Giaco

Padfoni

P.Q.M.

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