Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16849 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16849 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NAVARRA EMANUELE nato il 14/04/1949 ad AGRIGENTO
avverso la sentenza del 07/02/2017 della CORTE di APPELLO di PALERMO

udita, in pubblica udienza del 20/03/2018, la relazione svolta dal Consigliere ANDREA
TRONCI;
sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore PAOLO CANEVELLI, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore, avv. ENRICO QUATTROCCHI, del Foro di Agrigento, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Il difensore di fiducia di Emanuele NAVARRA ha proposto tempestivo

ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte
d’appello di Palermo, in parziale riforma di quella emessa dal g.i.p. del Tribunale
di Agrigento, ha ridotto ad anni uno e mesi sei di reclusione (con il beneficio
della sospensione condizionale, subordinato alla prestazione di lavoro di pubblica

Data Udienza: 20/03/2018

utilità per il periodo di anni uno) la pena a carico del prevenuto, così
confermandone la statuizione di colpevolezza per il reato di corruzione
continuata per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso, elevato a suo carico
per aver consegnato somme di denaro a Luigi ZICARI — quest’ultimo pubblico
ufficiale, in quanto “funzionario specialista in attività tecniche e di progettazione
dell’U.T.C. del comune di Agrigento”,

responsabile del

“Servizio III

limitatamente all’edilizia cimiteriale, alle D.I.A., ai procedimenti per opere interne
ex art. 9 L.R. 37/85 e alle tettoie ex art. 20 L.R. 4/03” –

quale corrispettivo

quali illegittimi.
2.

Unico è il motivo di doglianza, ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc.

pen., formalizzato dal difensore ricorrente, articolato tuttavia in due distinti
profili.
2.1

Il primo di essi contesta la ritenuta contrarietà ai doveri d’ufficio degli atti

oggetto di mercimonio, per essere stata accertata la conformità degli stessi “agli
strumenti urbanistici e quindi dovuti e pienamente legittimi”, senza peraltro, dal
punto di vista procedurale e con riferimento alla pratica per cambio di
destinazione, che il rilascio del provvedimento fosse condizionato al parere
obbligatorio, ancorché non vincolante, della Commissione Edilizia, poiché non più
esistente. Non senza aggiungere che “né esplicitamente, né implicitamente
l’imputato aveva inteso stabilire un rapporto corruttivo con il funzionario, che egli
conosceva fin da giovane ed aveva inteso unicamente accordargli l’aiuto
economico che gli era stato chiesto, dopo che gli atti amministrativi oggetto del
procedimento erano stati esitati e definiti, sapendolo gravemente infermo e
perciò in difficoltà per le costose cure di un male inguaribile”.
2.2 II secondo profilo interno al motivo dedotto investe la qualificazione
giuridica dei fatti: si assume in proposito che, avendo i giudici di merito, in
adesione alla prospettazione accusatoria, ritenuto esistente, all’interno
dell’Ufficio Tecnico Comunale di Agrigento, “un vero e proprio sistema in base al
quale i soggetti interessati alle pratiche edilizie venivano richiesti in un modo o in
un altro a corrispondere allo ZICARI piccole somme di denaro” e tanto “non
perché esitasse positivamente le pratiche di interesse ma per averne una
trattazione più interessata e veloce, che il funzionario esplicitamente ostentava
facendosene un merito” e richiedendo per siffatto “servizio” un pagamento dallo
stesso sintomaticamente definito come “tariffa”, giusta le risultanze delle
intercettazioni in atti, ciò avrebbe dovuto condurre correttamente ad inquadrare
la vicenda per cui è processo in seno al paradigma del delitto di concussione, con
conseguente riconoscimento al NAVARRA della veste di persona offesa.
2

dell’adozione, da parte del predetto funzionario, di atti amministrativi, alcuni dei

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, alla stregua delle

considerazioni che seguono.
2.

Si premette che, in conformità all’illustrato tenore dell’impugnazione in

esame, non vi è contestazione di sorta in ordine alla parte della sentenza della
Corte palermitana relativa alla ricostruzione dei fatti per cui è processo. Ne

> che il NAVARRA, imprenditore edile e dominus di fatto, ovvero comunque
coinvolto nelle attività della società “Abitare 2000 s.a.s. di NAVARRA
Filippo”, formalmente costituita dai figli e dalla moglie, all’epoca dei fatti
era interessato a due pratiche pendenti presso l’UT.C. di Agrigento,
entrambe a nome della menzionata società, l’una concernente il rilascio di
concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato ad uso
commerciale ed abitativo, da realizzarsi su terreni di proprietà della
società medesima e del suocero dell’odierno ricorrente, Giuseppe VULLO;
l’altra avente ad oggetto il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato
costruito in forza di pregressa concessione edilizia, risalente al
15.10.2003;
> che, nelle date del 28 agosto e del 22 novembre 2010, lo stesso
NAVARRA ebbe ad eseguire due versamenti di somme di denaro allo
ZICARI, caduti sotto la diretta percezione degli operanti, grazie ai servizi
di osservazione predisposti all’esito delle inequivoche emergenze delle
intercettazioni in atti. In particolare, il 28.08.2010, nel corso di un
incontro appositamente fissato allo scopo nella zona retrostante il Palazzo
dei Congressi di Villaggio Mosé – del che lo ZICARI aveva preavvertito la
moglie, avvisandola che si sarebbe dovuto vedere con il ricorrente e che
avrebbe da questi ricevuto delle utilità, da mettersi in relazione ai
riferimenti, compiuti nel corso del colloquio, al “progetto Abitare 2000” gli inquirenti poterono constatare che il NAVARRA “consegnava al
funzionario comunale una mazzetta di banconote prelevate dalla tasca dei
pantaloni”. Analogamente, riguardo all’incontro del successivo novembre,
nell’occasione svoltosi presso uno dei cantieri gestiti dal NAVARRA
– allorché erano in corso perquisizioni e sequestri da parte della p.g.
presso l’U.T.C., che lo ZICARI si premurò di rappresentare al NAVARRA
aver riguardato anche pratiche di sua pertinenza – fu distintamente
notata la consegna di un quid da parte del NAVARRA medesimo al
predetto p.u., per certo costituito da denaro sia per i quasi espliciti
3

consegue essere pacifico:

riferimenti risultanti dal colloquio che aveva preceduto l’incontro,
connotato dalla chiara sollecitazione proveniente dal funzionario nei
confronti del suo interlocutore (risultando peraltro non casuale che detto
incontro venisse fissato nelle vicinanze di una banca, essendosi stabilito
che l’odierno ricorrente sarebbe passato prima da un istituto di credito),
sia in ragione delle ammissioni provenienti dall’imputato;
> che gli episodi anzidetti s’inseriscono nell’ambito di un vero e proprio
sistema esistente all’interno dell’Ufficio Tecnico del comune di Agrigento,

dodici imputati – primi fra essi il più volte citato ZICARI ed il dirigente
dell’ufficio anzidetto, Sebastiano DI FRANCESCO – al di là della
intervenuta separazione della posizione del NAVARRA, per via dell’opzione
dallo stesso esercitata per la celebrazione del processo a suo carico nelle
forme del rito abbreviato.
3.

Manifestamente infondato e, insieme, generico è il primo profilo di censura.
Il giudice distrettuale, al pari di quello di primo grado, ha evidenziato, sul

piano della regolarità formale degli atti, la significativa violazione dell’iter
procedurale, connessa alla mancata acquisizione del parere obbligatorio da parte
della Commissione Edilizia, rispetto alla quale l’assunto difensivo della mancata
rinnovazione dell’organismo, al di là di considerazioni basate sulla prorogatio dei
componenti alla scadenza dell’incarico, risulta del tutto generico, oltre ad essere
stato, in modo altrettanto sintomatico, introdotto inopinatamente per la prima
volta nella presente sede di legittimità.
Non basta. Questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare che,

“In tema di corruzione, configura il reato di corruzione per un atto contrario ai
doveri d’ufficio – e non il più lieve reato di corruzione per l’esercizio della
funzione di cui all’art. 318 cod. pen. – lo stabile asservimento del pubblico
ufficiale ad interessi personali di terzi, che si traduca in atti, che, pur
formalmente legittimi, in quanto discrezionali e non rigorosamente
predeterminati nell’an, nel quando o nel quomodo, si conformino all’obiettivo di
realizzare l’interesse del privato nel contesto di una logica globalmente orientata
alla realizzazione di interessi diversi da quelli istituzionali” (così Sez. 6, sent. n.
3606 del 20.10.2016 – dep. 24.01.2017, Rv. 269347; conf. Sez. 6, sent. n.
46492 del 15.09.2017, Rv. 271383).
Ebbene, quanto precede si attaglia appieno al caso in esame, sol che si
consideri quanto già si è avuto modo di ricordare in ordine alla incontestata
esistenza di un vero e proprio sistema all’interno dell’U.T.C. di Agrigento,
funzionale – come leggesi nell’impugnata sentenza – al trattamento preferenziale
4

giusta il coinvolgimento nell’originariamente unitario procedimento di altri

a beneficio dei professionisti e degli imprenditori edili con i quali i due funzionari
comunali in precedenza citati “intrattenevano rapporti privilegiati connessi al
pagamento di somme illecite ed a cui procuravano l’ingiusto vantaggio
patrimoniale derivante dall’ottenimento del provvedimento amministrativo
favorevole”, così violando i principi di imparzialità e buon andamento della P.A.
Con la doverosa puntualizzazione, onde ancorare il rilievo di ordine generale alla
specificità del caso, che è stato lo stesso NAVARRA, pur negando l’esistenza di
un nesso diretto rispetto alle pratiche edilizie di personale interesse, ad

interessamento che lo ZICARI poneva in essere con riferimento alle istruttorie di
natura edilizia che riguardavano l’impresa del NAVARRA”: circostanza – quella
testé evidenziata, in conformità alla sottolineatura operatane dalla Corte
distrettuale – che vale al contempo a smentire l’assunto difensivo improntato
sulla natura di prestito delle somme corrisposte, finalizzate a consentire allo
ZICARI di far fronte alle ingenti spese richieste dalla non meglio precisata
patologia da cui era affetto, assunto ancora una volta indebitamente introdotto
nella presente sede, pur al di là dei notori limiti che, in presenza di una c.d.
“doppia conforme” – come nella fattispecie – tratteggiano il perimetro del vizio di
motivazione per travisamento della prova, peraltro neppure formalmente dedotto
dal ricorrente.
Il silenzio serbato dall’impugnazione proposta in ordine a tale ultimo punto
dà conto del rilievo di genericità in precedenza formulato.
4.

Del pari manifestamente infondato deve ritenersi il profilo di doglianza

attinente alla qualificazione giuridica dei fatti.
Il ricorso pone l’accento sulla già ricordata esistenza del sistema di
malaffare esistente nell’intero ufficio ove lo ZICARI prestava la sua attività. Tace
però su tutte le considerazioni che la Corte d’appello – lungi dall’aver trascurato
le allegazioni difensive – ha dedicato al punto, significando:
a)

l’assenza in atti, nei confronti del NAVARRA, di comportamenti riconducibili
allo ZICARI, “tali da evidenziare particolari pressioni, anche implicite,
accompagnate da prospettazioni di un possibile nocumento per il privato”,
come del resto comprovato dall’assenza di riferimenti in tal senso da parte
dello stesso NAVARRA, in sede d’interrogatorio di garanzia;

b)

la conseguente impossibilità di ravvisare nei fatti gli estremi propri del reato
previsto e punito dall’art. 317 cod. pen., il cui tratto peculiare e distintivo,
rispetto alla corruzione, risiede giusto nell’esistenza di uno stato di
soggezione del privato nei confronti della posizione di predominio
indebitamente esercitata dal p.u.;
s

A-S—

ammettere che i pagamenti compiuti erano funzionali “al compiacente

c) la funzionalità del più volte descritto sistema instaurato all’interno dell’U.T.C.
di Agrigento alla costruzione giuridica prospettata dall’accusa e
convergentemente abbracciata dai giudici di merito, giusta il reiterato
insegnamento della giurisprudenza di legittimità, a tal fine appositamente
riprodotto, secondo cui “…

non è ravvisabile l’ipotesi della concussione

cosiddetta ‘ambientale’ qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il
mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della ‘tangente’ sia
costante, atteso che in tale situazione viene a mancare completamente lo

approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch’egli protagonista
del sistema” (Sez. 6, sent. n. 16335 del 12.04.2011, Rv. 250045). Ciò cui si
correla l’ulteriore enunciazione, del pari espressamente richiamata, alla
stregua della quale “Non integra la fattispecie di concussione ex art. 317 cod.
pen. o di induzione ex art. 319 quater cod. pen. la condotta di semplice
richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale, in presenza di
situazioni di mera pressione ambientale, non accompagnata da atti di
costrizione o induzione”

(Sez. 6, sent. n. 11946 del 25.02.2013, Rv.

255323).
A fronte di siffatte corrette affermazioni in punto di diritto – che il ricorso
neppure prende in esame, sia pur solo per confutarle – del tutto privo di pregio è
il contrario assunto difensivo, che avrebbe avuto necessità di ben altri
presupposti fattuali onde essere fondatamente sostenuto.
5.

All’anticipata declaratoria seguono le statuizioni di legge previste dall’art.

616 cod. proc. pen., nella misura di giustizia di seguito indicata.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018
Il Cons

ere est.

stato di soggezione del privato, che tende ad assicurarsi vantaggi illeciti,

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